Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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IL CONSIGLIO DI STATO CI RIRIPENSA (Dr. Angelo Vicari)
La riabilitazione cancella le condanne ai fini di PS

Sono bastati solo sei mesi per far modificare al Consiglio di Stato l’orientamento “rigoristico” in merito ai ricorsi in materia di reati ostativi al rilascio delle licenze di porto di armi, privilegiando, nuovamente, quello “piu’ elastico”, con buona pace della iniziale esultanza del Ministero dell’Interno, vincitore di una battaglia, ma non della guerra.
Per una migliore comprensione della problematica e’ opportuno ricordare, sommariamente (per una più completa trattazione si rimanda all’articolo dello scrivente “Il Consiglio di Stato ci ripensa:orientamento rigoristico….”, in questo stesso sito), che il Ministero dell’Interno, preoccupato dell’orientamento “più elastico” della giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha accolto diversi ricorsi relativi al diniego di licenze di porto di armi in presenza di condanne per i reati di cui all’art. 43 del T.U.L.P.S., anche se “datati” e “riabilitati”, ha ritenuto necessario (anche se non obbligatorio!) richiedere un parere.
Il Consiglio di Stato, in data 16 luglio 2014, ha reso il proprio “parere” (n. 3257), condividendo la posizione del Ministero favorevole alla interpretazione “rigoristica” dell’art. 43, affermando che, in presenza di condanne per i reati elencati in quest’ultimo articolo, non è lasciata “alcuna alternativa al diniego o alla revoca della licenza di porto d’armi, né vi sono altre disposizioni, in particolare quelle sugli effetti della riabilitazione, che consentano deroghe”.
Il Ministero, confortato da tale parere, in data 28 novembre 2014, ha emanato una circolare con la quale ha disposto che debbono essere rifiutate o revocate le richieste di licenze di porto di armi in presenza di condanne per i reati di cui all’art. 43, anche se “riabilitati”.
Ma il Consiglio di Stato, con la recente sentenza del 29 gennaio 2015, n. 1072, dimentico di tale parere, ha cambiato orientamento, molto probabilmente resosi conto di aver subito, in precedenza, l’influenza negativa del Ministero. Infatti, ha accolto il ricorso di un cittadino, al quale è stata rifiutata la licenza di porto di fucile per uso di caccia, siccome condannato per reati ricompresi in quelli elencati nell’art. 43, sebbene “datati”, per i quali aveva ottenuto la “riabilitazione”.
Il Consiglio di Stato “ha più volte chiarito, in numerose decisioni, che l’effetto preclusivo, vincolante ed automatico, proprio delle condanni penali di cui all’art. 43, viene parzialmente meno una volta intervenuta la riabilitazione e più precisamente viene meno l’automatismo” del rifiuto o revoca delle licenze di porto.
Dunque, è di chiara evidenza che, in presenza di tali reati “riabilitati”, l’Autorità di P.S. non ha l’obbligo giuridico di emettere decreto di rifiuto o di revoca, ma, invece, questi ultimi provvedimenti devono trovare la loro motivazione anche in ulteriori elementi, come ad esempio, altre circostanze, che nel complesso, secondo una valutazione discrezionale, possano far rilevare l’intrinseca pericolosità del richiedente nell’affidamento delle armi.
Pertanto, è stato annullato il provvedimento di rifiuto del Questore perché illegittimo, siccome “si è limitato ad affermare che le condanne sarebbero ostative, senza compiere alcuna valutazione dei fatti oggetto delle condanne e quindi facendo sostanziale, immotivata ed erronea applicazione dell’automatismo preclusivo, senza dubbio escluso dalla intervenuta riabilitazione”. Invece, avrebbe dovutoverificare attentamente se fatti risalenti ad oltre trenta anni prima, per i quali è intervenuta riabilitazione, costituiscano ad oggi, per la loro gravità o per altre circostanze, elementi effettivamente ostativi al rilascio del titolo per difetto della buona condotta”.
Considerato, dunque, che il Consiglio di Stato è ritornato al suo orientamento “più elastico”, si spera che anche il Ministero ci “ripensi”, tenuto conto che la sentenza ha più valore vincolante del precedente parere, parere del tutto “facoltativo” e, quindi, assolutamente nonvincolante”.
Non possiamo chiudere questo commento senza evidenziare anche un’altra fondamentale sentenza del Consiglio di Stato (26 febbraio 2015, n. 964) sui “principi”  che la pubblica Amministrazione  deve osservare nell’esercizio della sua potestà discrezionale, ogniqualvolta venga emesso un provvedimento negativo nei confronti del cittadino:
principio di “proporzionalità” che “impone all’amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato”. Tale principio “è da riferire al senso di equità e di giustizia che deve sempre caratterizzare la soluzione del caso concreto”;
principio di “ragionevolezza”, per il quale “l’amministrazione, nell’esercizio del proprio potere, non può applicare meccanicamente le norme, ma deve necessariamente eseguirle in coerenza con i parametri della logicità, proporzionalità, adeguatezza”.
Sig. Capo della Polizia ci “ripensi”!... Si faccia preparare e portare alla firma una nuova circolare che rispetti non i “pareri”, ma le “sentenze” del Consiglio di Stato.
Quanto tempo e denaro risparmierebbero i cittadini e la stessa pubblica Amministrazione!....

3 ottobre 2015

Ecco il testodella sentenza

N. 01072/2015REG.PROV.COLL.
N. 00922/2009 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 922 del 2009, proposto da: 
Sauro Falcinelli, rappresentato e difeso dall’Avv. Mauro Cecchetti, con domicilio eletto presso lo stesso Avv. Mauro Cecchetti in Roma, Via Angelo Emo, n. 130; 
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, Questura della Provincia di Roma, in persona del Questore pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 07480/2008, resa tra le parti, concernente il diniego di rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia.
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e del Questore della Provincia di Roma;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2015 il Cons. Massimiliano Noccelli e uditi, per la parte appellante, l’Avv. Cecchetti e, per le Amministrazioni appellate, l’Avvocato dello Stato A. Soldani;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. All’odierno appellante, sig. Sauro Falcinelli, è stato notificato il 14.5.2008 il decreto del Questore della Provincia di Roma del 1.2.2008, Div. PAS Cat. 6^ F, con il quale è stata respinta l’istanza, da questo proposta, per ottenere il rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia.
2. Il provvedimento ha denegato il rilascio sul rilievo che questi era stato condannato con sentenza del 25.1.1983 dal Tribunale di Velletri per il reato di detenzione illegale di armi e munizioni nonché con sentenza del 13.3.1984 dal Tribunale di Roma per il reato di ricettazione e tentato furto e che tali condanne, pur essendo intervenuta riabilitazione, costituivano condizione ostativa al rilascio di autorizzazioni di polizia in materia di armi, ai sensi dell’art. 43 del T.U.L.P.S., non potendo, in tali circostanze, essere invocato da parte dell’istante l’effetto liberatorio previsto dall’art. 11 del T.U.L.P.S. stesso.
3. Avverso tale provvedimento l’interessato ha proposto ricorso al T.A.R. Lazio, chiedendone l’annullamento, anche con sentenza succintamente motivata, per travisamento ed erronea valutazione dei fatti in ordine al requisito della buona condotta.
4. Si è costituita in primo grado l’Amministrazione al fine di resistere al ricorso.
5. Il T.A.R. Lazio, con sentenza n. 7480 del 28.7.2008, ha respinto il ricorso.
6. Avverso tale sentenza ha proposto appello l’interessato, lamentandone l’erroneità, e ne ha chiesto, previa sospensione, la riforma, con conseguente annullamento del diniego impugnato in primo grado.
7. Si è costituito con mera memoria di stile il Ministero dell’Interno.
8. Con ordinanza n. 1088 del 27.2.2009 è stata respinta l’istanza cautelare di sospensione.
9. Infine nella pubblica udienza del 29.1.2015 il Collegio, uditi i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
10. L’appello è fondato e va accolto.
11. Il provvedimento di diniego, pure in presenza della intervenuta riabilitazione dell’odierno appellante, ha affermato che le due condanne da questo riportate, risalenti peraltro ad oltre trent’anni fa, costituirebbero circostanza ostativa al rilascio della licenza del porto di fucile per uso caccia, poiché per esse non potrebbe essere invocato l’effetto liberatorio scaturente dalla intervenuta riabilitazione.
11.1. Il T.A.R. ha ritenuto legittimo tale provvedimento sul rilievo che la condanna per porto abusivo di armi, al pari delle ulteriori condanne indicate alle lettere da a) a c) del T.U.L.P.S., preclude, senza che residui margine di discrezionalità della p.a., il rilascio di licenze in materia di armi, anche se tale condanna sia seguita da riabilitazione, essendo la disciplina in materia di armi più rigorosa di quella generale dettata dall’art. 11, che contempla la riabilitazione.
11.2. La motivazione del primo giudice è erronea, avendo essa fatto cattiva applicazione dell’art. 43 T.U.L.P.S., e merita riforma.
11.3. Questo Consiglio ha più volte chiarito, in numerose decisioni, che l’effetto preclusivo, vincolante ed automatico, proprio delle condanne penali di cui all’art. 43 T.U.L.P.S., viene parzialmente meno una volta intervenuta la riabilitazione e, più precisamente, viene meno l’automatismo.
11.4. La condanna, per quanto remota e superata dalla riabilitazione, non perde la sua rilevanza in senso assoluto, ma perde l’automatismo preclusivo e può semmai essere posta a base di una valutazione discrezionale, che terrà conto di ulteriori elementi, quali ad esempio altre circostanze (non necessariamente di carattere penale) ovvero la intrinseca gravità del reato, e simili (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 10.7.2013, n. 3719).
11.5. Ma il diniego questorile, nel caso di specie, si è limitato ad affermare che le condanne sarebbero sic et simpliciter ostative al rilascio della licenza, senza compiere alcuna valutazione dei fatti oggetto delle due condanne, risalenti a venticinque anni prima rispetto alla sua emissione, e quindi facendo sostanziale, immotivata ed erronea applicazione dell’automatismo preclusivo senza dubbio escluso dalla intervenuta riabilitazione.
11.6. Il provvedimento, dunque, è illegittimo e s’impone per conseguenza l’obbligo, in capo all’autorità amministrativa, di rivalutare l’istanza, verificando attentamente se fatti risalenti ad oltre venti – ormai, anzi, trenta – anni prima, per i quali è intervenuta riabilitazione, costituiscano ad oggi, per la loro gravità o per altre circostanze, elementi effettivamente ostativi al rilascio del titolo per difetto della buona condotta.
12. In conclusione l’appello va accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il provvedimento questorile è annullato, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa nei termini precisati.
13. Le spese del doppio grado di giudizio, attesa la necessità di un rinnovato esame dell’istanza e di una attenta ponderazione da parte dell’autorità, possono essere, per la peculiarità del caso, interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il diniego di rilascio di licenza di porto di fucile per uso caccia, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa.
Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore

Si veda per ulteriori considerazioni sul fatto che lo stesso principio dovrebbe valere per i casi di estinzione del reato la nota a questa sentenza del 2007

 

 

 

 

 


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