Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Così funziona una Questura

Non è molto che un cittadino si presenta ad una Questura italiana, direi la più importante, per una pratica in materia di armi.
Subito una sorpresa: l’ufficio è aperto, sia per le armi che per altre pratiche amministrative, solo tre giorni alla settimana, dalle 9 alle 12. Dal che si capisce che là si ritiene di non essere uffici pubblici come gli altri; a pagar le tasse si può andare ogni giorno, ma per esercitare i propri diritti in Questura ci si va quando fa comodo a loro e si deve far una bella coda. Mi si dirà: ma hanno troppo lavoro. Sarà, ma chi lo crea questo lavoro? Il cittadino o il funzionario che per rilasciare licenze che potrebbero essere rilasciate a vista, non si prende mai meno di tre o quattro mesi di tempo e ne riempie gli armadi? Il cittadino o coloro che pensano di salvare l’Italia contando le cartucce o armi bianche o armi liberalizzate? O chi pensa che il suo dovere sia di dire sempre no a tutto?
Il cittadino comunque riesce a parlare con un funzionario (sia chiaro, questi può essere incolpevole perché esecutore di ordini oppure non preparato) e gli pone la sua domanda: vorrei importare dalla Spagna una carabina ad aria compressa non liberalizzata, che devo fare? La risposta è che deve chiedere l’accordo preventivo. Il cittadino sa che l’accordo preventivo è richiesto dalla Direttiva europea solo per le armi da fuoco e che a lui basta una licenza di importazione, ma visto che è tutta zuppa e pan bagnato, conferma che  vuole riempire il modulo per l’accordo preventivo.  
A questo punto le esilaranti richieste della Questura: il modulo deve essere firmato dal cedente, che deve essere un armiere e che non può essere una società. Ora sia chiaro, come è sempre stato:
- che dall’estero uno può importare armi già di sua proprietà, armi di privati, armi acquistate da chi le vende. E' lo Stato di provenienza dell'arma, che se lo ritiene fa dei controlli e richiede licenze; mica sarà compito della PS!
- che quando si chiede di importare un’arma, bisogna indicare il tipo e modello; dopo che si è ottenuta l’autorizzazione, si va a cercare il venditore e si ordina l’arma; oppure alla PS pensano che uno possa acquistare un’arma, pagarla, lasciarla  in deposito all’estero e rischiare che  la licenza, dopo 90 giorni di attesa, gli venga rifiutata? Se uno vuole partecipare ad un’asta, come a sapere a sapere qual è la matricola dell’arma?
- che all’Italia e alal legge non interessa assolutamente chi spedisce l’arma; in Spagna le armi ad aria compressa non sono vendute solo dagli armieri e vengono vendute da siti Internet. Che scemata è il richiedere la prova che in cittadino ha acquistato l’arma da un armiere e, si badi bene, non da una società? O forse la PS vuol controllare anche i paesi esteri?
Il cittadino viene poi informato che l’arma dovrà andare a sue spese a Brescia per la prova CIP (cioè la prova forzata). Ma è possibile che alla PS non sappiano che la prova forzata si fa solo per le armi da fuoco, anche perché non vi è certo il pericolo che la canna di una carabina ad aria compressa scoppi? Messo di fronte a questo dubbio, il funzionario ha farfugliato le solite frasi fatte di chi non vuole semplicemente ammettere di non sapere, e quindi non è stato in grado di informare il cittadino che se l’arma non era catalogata, essa doveva passare al Banco, ma solo per la classificazione e che perciò egli doveva far pervenire al Banco una domanda con le informazioni tecniche per stabilire se era comune o sportiva.
Alla fine il cittadino ha rinunziato all’autorizzazione e se ne è andato, convinto di aver capito perché le due kazake siano state espulse!

(20-7-2013)

 


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