Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Ricette con la farina di castagne

La farina di castagne
La farina di castagne viene ottenuta mediante la macinazione delle castagne seccate. Il prodotto migliore, ben diverso per sapore e profumo da quello industriale, è ottenuto con il metodo tradizionale dell'essiccamento sul fuoco. Un locale (seccatoio, metato , casone, ecc.) è munito di un soffitto (graticcio) formato di listelli di legno, distanziati quel tanto da non lasciar passare una piccola castagna. Il locale può essere costruito appositamente nel bosco oppure un tempo era la stessa cucina del contadino. Le castagne raccolte vengono stese in uno strato di qualche decina di centimetri sul graticcio e sotto di esso, sul pavimento al centro del locale, viene mantenuto acceso il fuoco per oltre un mese, usando robusti pezzi di legno di castagno stagionato. Le castagne assumono quindi un vago sapore di affumicato.
La migliore farina è ottenuta macinando con macine a pietra le castagne, liberate dal loro involucro esterno e prive di ogni residuo di pellicina. La farina ottenuta sarà finissima e con leggero color avorio.
In commercio la farina si trova ora in pacchi da un chilo; un tempo essa veniva pressata fortemente entro una cassa di legno in modo da eliminare l'aria e impedire che venisse aggredita da insetti. Poi veniva staccata a pezzi con una specie di scalpello, sminuzzata e setacciata.
La farina di castagne è un ottimo alimento, ricco di carboidrati e sali minerali; non contenendo glutine è ottimo sostituto della farina di grano per chi soffre di celiachia.
La sua analisi chimica dimostra che è un alimento completo del tutto paragonabile alla farina di frumento o di mais (per 100 gr. di prodotto):

Acqua (gr)
11,4
Proteine (gr)
6,1
Lipidi (gr)
3,7
Gluicidi (gr)
76,2
Kcal. (mg)
343
Sodio (mg)
11
Potassio (mg)
847
Ferro (mg)
3,2
Calcio (mg)
50
Fosforo (mg)
164
Tiamina (mg)
0,23
Riboflavina (mg)
0,37
Niacina (mg)
1

Presento ora una raccolta di ricette tradizionali a base di farina di castagne. Invece di riportare le infinite varianti locali, ho preferito fare una sintesi di esse in modo da individuare la base comune su cui poi inserire le varianti.
Ricordo che i cibi che abbiamo assaporato nell'infanzia restano nella nostra memoria come prelibatezze inimitabili, anche se ad altri possono apparire ignobili, per cui è impossibile riproporre a ciascuno la ricetta del suo paese o, talvolta, della sua famiglia.
Ognuno, avendo lo schema base, dovrà cercare di riprodurla in base ai suoi ricordi o alle informazioni in suo possesso.
In ogni preparazione a base di farina di castagne occorre fare attenzione a che non si formino grumi nell'impasto e non sarebbe male setacciare la farina prima dell'uso. Se ci si accorge che sono rimasti nella pastella dei grumi, si può ricorrere per eliminarli ad una frusta elettrica ad immersione.

Il castagnaccio
Il castagnaccio, almeno nel linguaggio moderno, è una torta di farina di castagne, più o meno insaporita a seconda degli usi locali. Si può mangiare caldo o freddo, da solo oppure con ricotta o formaggi dolci.
Si noti che esso, nato per una cucina povera in tempi in cui pochi potevano contare le portate, non è un dolce, ma un piatto unico.
La ricetta base e più semplice ed antica per ottenere una teglia di castagnaccio di 30x30 cm (36 cm di diametro per una teglia tonda) è la seguente: prendere 1 kg di farina e aggiungere a poco a poco acqua (circa un litro e mezzo) fino ad ottenere una pastella non troppo densa che ancora riesca a colare e ad autolivellarsi. Aggiungere un mezzo cucchiaino di sale, mescolare bene e versare nella teglia preventivamente unta con un po' d'olio e rivestita di pangrattato. Ai nostri tempi si può usare una teglia antiaderente o una teglia rivestita di carta da forno. Lo spessore della pastella non dovrà superare i 2 cm. Spargere sulla pastella circa due etti di noci a pezzetti e di pignoli (che in gran parte affonderanno), una cucchiaiata di aghi di rosmarino, un filo di olio e poi mettere al forno a circa 200 gradi per 30-60 minuti; il tempo di cottura varia con la densità della pastella e con il suo spessore.
Sarà pronto quando avrà assunto un bel colore marron scuro e l'impasto, provato con uno stuzzicadenti, risulterà asciutto. La superficie sarà tutta screpolata.
Nel Casentino viene usata la stessa ricetta, ma con uno spessore non superiore al messo centimetro. Viene chiamato baldino.
Questa ricetta base è andata col tempo arricchendosi (e alterandosi) con le seguenti aggiunte:
- due cucchiai di olio di oliva nella pastella
- 200 grammi di uva passa ammollata in acqua tiepida o nel Vin Santo o nel moscato;
- metà delle noci e dei pignoli tritati grossolanamente e mescolati alla pastella;
- solo pinoli e niente noci;
- scorza di mezzo arancio o di mezzo limone grattugiata;
- un cucchiaio di semi di finocchio al posto del rosmarino;
- strutto invece di olio;
- 200 grammi di zucchero e latte invece di acqua, se si vuol avere un dolce vero e proprio.
Come si vede vi è ampio spazio per sperimentare e per trovare ciò che più si confà al proprio gusto, ma il buongustaio farà bene ad attenersi alla ricetta tradizionale.

La pattona ( localmente anche patona )
È il termine usato in Lunigiana per indicare il castagnaccio di sola farina di castagne, senza alcuna aggiunta, salvo poco sale (in altre zone il termine indica la polenta di farina di castagne). In alcune zone della Toscana era anticamente chiamato castagnaccio e non vi è dubbio che esso fosse il piatto base della alimentazione in tempi più antichi. Differisce dal castagnaccio, a causa del sistema di cottura, perché è molto più sottile (al massimo un centimetro) e non presenta alcuna screpolatura.
La pattona viene cotta direttamente nella base del forno a campana (il "testo") e la difficoltà principale sta nell'infilarcela!
Dopo aver fatta la solita pastella, già vista per il castagnaccio, si stendono su di un tagliere rotondo, del diametro del testo, delle foglie di castagno fresche oppure, in inverno, foglie essiccate e fatte rinvenire in acqua. Le foglie vanno disposte in modo acconcio, in moda da ricoprire tutto il tagliere, senza fessure e in modo da facilitare lo scivolamento verso il testo. Fatto ciò si versa la pastella sulle foglie, senza superare lo spessore di un centimetro al centro, si prende il testo arroventato nel fuoco e vi si fa scivolare dentro il tutto; se si sbaglia ci si ritrova con un bell'impasto di foglie e farina di castagne! Si compre il testo con la campana di ghisa pure arroventata e si lascia cuocere. Alla fine la pattona avrà un bel colore marron uniforme, senza screpolature, con consistenza elastica. Le foglie bruciate e rimaste ancora attaccate ad essa, si grattano via.
I contadini un tempo la mangiavano calda o fredda, senza companatico. Ora è considerata una prelibatezza accompagnata da fette di coppa o di formaggio fresco, o pecorino, o gorgonzola, che si pongono sopra la pattona bollente in modo che si fondano.
Se si rinunzia alla deliziosa fragranza impartita dalle foglie bruciate, si riesce a fare una pattona decente anche nel forno di casa. Rivestire il fondo della piastra del forno di carta da forno e versare su di essa la pastella. Cuocere poi a 200 gradi per 20-30 minuti.
Vi era un altro sistema di cottura che dava lo stesso risultato e che veniva fatto con appositi "testiccioli" di terra cotta porosa, grandi come un piatto e con un orlo di circa 2 cm, tutti eguali in modo da poter essere impilati l'uno sull'altro. Anch'essi vengono arroventati nel fuoco e poi si fa scivolare in ognuno di essi una piccola pattona con le sue foglie sotto; via via che una pattona è fatta scivolare dentro, si pone un nuovo testicciolo sopra fino a farne una pila di cinque o sei; l'ultimo viene lasciato ovviamente vuoto. Quando la pila è tiepida, la pattona è cotta!
Questa piccola pattona viene chiamata caccin nella zona di Sestri Levante.
Analoghi alla pattona sono i necci della Garfagnana (dove la farina viene chiamata"farina di necci") che differiscono solo per lo strumento di cottura: si usano due attrezzi (detti anch'essi "testi" o "cotte" a chiara derivazione dalla pattona ) di ferro rotondi con un lungo manico che si riscaldano sulla fiamma viva e si ungono con cotenna di maiale; poi si mette su uno di essi la pastella, si copre con l'altro e si ripongono nel fuoco, girandoli a metà cottura, finché il neccio è cotto. Chiaro che l'uso del grasso di maiale (non usato in passato e non usato là dove si impiegano ancora i testi di terracotta) introduce un sapore che allontana di molto i necci dalla pattona.
Nulla vieta di inserire anche una foglia di castagno che dia profumo.
Nel modenese lo stesso prodotto viene chiamato " ciaccio " e i ferri di cottura son chiamati "cottole".

La polenta
Far bollire due litri di acqua con qualche cucchiaio di olio e poco sale; versare 600 grammi di farina setacciata a pioggia e rimescolare bene per far sciogliere i grumi; eventualmente usare una frusta elettrica. Far bollire a fuoco moderato e facendo attenzione che non attacchi, per circa 40 minuti; è quasi indispensabile usare un paiolo di rame. Togliere l'acqua che affiora e tenerla da parte. Togliere il paiolo dal fuoco e rimescolare la polenta raggiungendovi la sua acqua per ottenere la giusta consistenza, paragonabile a quella di una polenta di farina di mais fine, un po' "lenta". Rimetterla sul fuoco per un minuto o due fino a che incomincia di nuovo a scoppiettare e poi servirla.
Si può condire con olio e formaggio fondente oppure usarla come contorno per salumi o formaggi.
Anticamente veniva mangiata (senza condimenti) con latte caldo o ricotta o con alimenti saporiti come cipolle, pesci in aceto, salsicce in umido.
Devo confessare che in casa mia l'hanno sempre fatta come la normale polenta di mais, senza particolari operazioni … e a me piaceva!

Le Frittelle
Preparare la solita pastella, ma un po' più fluida. In una padella portare a temperatura di frittura abbondante strutto (quando il cucchiaio di legno immersovi dentro sfrigola, il grasso è pronto) e poi con un mestolino versarvi la pastella in modo da ottenere delle frittelle di circa 7-8 cm di diametro. Cuocerle bene fino a che assumono un bel colore marron; qualche macchietta di bolla bruciaticcia non guasta.
Scolarle e servirle ben calde in modo da poterne usare due per fare una specie di sandwich imbottito di coppa, speck o formaggio a piacere che fonderanno per il calore.
Chi ha ingiustificate avversioni per lo strutto può usare anche olio, ma il sapore antico va perduto.
Varianti moderne poco comprensibili pretendono di trasformare queste frittelle in dolcetti e usano un po' di latte la posto dell'acqua, uva passa e, alla fine le spolverizzano di zucchero.
Da respingere l'uso dell'olio extravergine di oliva, che aggiunge un sapore non pertinente, o l'aggiunta di bicarbonato, privo di senso chimico.
Ricordo che nella Lunigiana e Valditaro vengono chiamate "padeletti", che è nome generico per ogni tipo di frittella e non per le sole frittelle di farina di castagno, come detto in alcun ricettari.

Le Tagliatelle e le Lasagne
Le tagliatelle vengono sempre preparate mescolando assieme farina di castagne e farina di frumento tipo 0; a seconda della zona variano un po' le proporzioni, ma si può assumere che non si vada molto lontano dal giusto usando il rapporto di 6 etti di farina di castagne e 4 etti di farina di frumento. Anche il numero di uova da aggiungere all'impasto varia da 0 ad 8 a seconda dell'estro del cuoco. Tre o quattro uova per ogni chilo di farine pare essere una dose ragionevole!
Nelle antiche ricette della Lunigiana ( armellette, che sono propriamente delle lasagne alquanto spesse ) o della Val di Vara ( taiette ) non si usavano uova. Così pure i gnocchetti liguri ( trofie ). Un uovo si mette nei corzetti liguri che sono lasagne tonde su cui è stato impresso un disegno mediante un timbro tondo di legno, robustamente pressato su ognuna di esse, cosi da facilitare poi l'aderenza del pesto.
La preparazione è semplice poiché è sufficiente impastare le due farine mescolate fra di loro con acqua tiepida salata e le eventuali uova. Si lascia riposare per una mezzora e poi si tira la pasta non troppo sottile con il matterello e si taglia nella forma di tagliatella o lasagna.
Si cuoce poi piuttosto al dente in acqua salala (da 5 a 15 minuti a seconda della ricetta usata).
Si prestano ottimamente ad essere condite con il pesto (è offensivo per il pesto aggiungere la parola genovese!) oppure con olio d'oliva e parmigiano oppure pecorino, meglio se sottilmente affettati. Qualcuno usa una crema di ricotta e acqua, ma trovo che non dà un sufficiente apporto di sapore. Si può anche provare un buon sugo ai funghi.
Qualcuno propone l'uso della panna, ma solo perché … hanno abolito le pene corporali per i cuochi indegni.

Pressatelle o Ditalini
Non è una vera e propria ricetta, ma un uso della farina di castagno per tenere occupati i bambini alla sera attorno al fuoco. Si prendevano alcuni ditali da cucito, all'epoca di ottone, e vi si pressava dentro della farina di castagne; si ponevano poi sulla stufa o nella cenere calda in modo che la farina cuocesse in una specie di solido cilindretto dolce. In tempi in cui le nonne usavano ancora lo scaldino, si usava porre il ditale entro di esso.
In alcune zone si usavano anche piccolo stampi appositi di rame o altro materiale.

Pane di San Martino
È una ricetta tradizionale del giorno di San Martino che si ritrova dall'Emilia fino al Salento.
Prendere mezzo mestolo di farina di castagne e mezzo mestolo di farina di frumento e impastarlo molto bene con 40 gr. di lievito di birra sciolto in un bicchiere di acqua tiepida. Lasciar lievitare per almeno un'ora. Impastare il lievito così ottenuto con 350 grammi di farina di frumento e 250 grammi di farina di castagne con tre bicchieri circa di acqua aggiungendo due cucchiai di olio e un po' di sale. Lavorare e bene e poi lasciar lievitare per due ore, coperto con un panno e in luogo tiepido. Riprendere la pasta e incorporarvi 250 grammi di noci. Formare delle pagnotte o un panettone ovale e cuocere nel forno a 180 gradi per circa 40 minuti (controllare la cottura con uno stuzzicadenti).
Si otterrà una specie di panettone color cioccolata.
Si può fare allo stesso modo un normale pane di farina di castagne mescolando le farine nelle proporzioni di 3 parti di castagne ed una parte di frumento.
Un pane analogo è la mesciùa ligure che si ottiene impastando a lungo 400 gr. di farina di frumento tipo 0 con 600 gr di farina di castagne con del lievito per pane (quello ottenuto facendo fermentare un po' dell'impasto precedente). Si forma poi una sola pagnotta, la si sistema su foglie di castagno come la pattona e si fa scivolare dentro al forno al campana ove si cuoce per un'ora.
Si può ovviamente cuocere anche al forno.

Tortelli di castagne
È una ricetta che unisce un ripieno di castagne alla sfoglia di farina di castagne.
Per la sfoglia prendere 150 gr di farina di castagne e 50 gr di farina bianca, tre uova e sale. Preparare la pasta e lasciarla riposare per mezz'ora.
Per il ripieno far bollire in acqua salata e una foglia di alloro 4 etti di castagne con la buccia; togliere poi sia la buccia che la pellicina interna e passare le castagne al passaverdura. Mescolarlo con 150 gr. di ricotta, formaggio grana e pecorino (circa 6 cucchiai), sale, pepe, erbette.
Preparare poi dei tortelli e condire con burro fuso insaporito con erbette (timo, maggiorana, salva) e con parmigiano.

Crêpes
Preparare delle crêpes con una pastella molto fluida con farina di castagne, un cucchiaio d'olio per ogni etto di farina e acqua.
Stendere sulle crêpes marmellate di frutti di bosco, arrotolare e servire spolverate di zucchero al velo.

Gnocchi
Si possono fare gnocchi con sola farina di castagne. Riporto una ricetta di Zeri (cazzotti ) in cui si fa una pastella di farina e acqua che poi si butta a cucchiaiate nell'acqua bollente e salata ove si lascia cuocere per 10-15 minuti. Si condiscono poi come la polenta. Ma è cibo un po' da Bertoldo.
Di egual pesantezza sono gli gnocchi della Valchiavenna (una variante dei più noti pizzoccheri di farina di grano saraceno) in cui si impastano 300 gr di farina di castagne con 150 gr di farina bianca, acqua, un uovo, un bicchierino di grappa. Si formano e cuociono gli gnocchi nel modo usuale e poi si condiscono come i pizzoccheri con burro fuso e rosolato con aglio e salvia e pezzetti di formaggio fresco di alpeggio ( magnocca ).
Si possono fare poi dei gnocchi di farina di castagne, farina bianca e patate nel seguente modo.
Far bollire 7 etti di patate con la buccia, sbucciarle e passarle al passaverdura. Aggiungere 100 grammi di farina di castagne e 100 di farina bianca, un uovo, sale.
Impastare e lavorare come normali gnocchi di patate. Servire con pesto.

Ed infine alcune idee di cuochi moderni

Crema pasticcera alla farina di castagne
Prendere 8 cucchiai di farina di castagne, 4 cucchiai di zucchero, 4 tuorli d'uovo, 4 bicchieri di latte intero. A piacimento zucchero vanigliato o buccia di limone.
Montare bene i tuorli e lo zucchero e poi aggiungere poco alla volta la farina usando un setaccino e eliminando ogni grumo. Aggiungere il latte freddo, vaniglia e limone e mettere sul fuoco molto basso; girare con un cucchiaio di legno fino a che la crema monta e si rassoda.
Versare in coppette e servire freddo oppure usare la crema per riempire bigné.

Mousse di farina di castagne
Prendere un litro di latte profumato con vaniglia e scaldarlo. Nel frattempo sbattere 4 rossi d'uovo con 150 gr di zucchero; diluirlo con il latte tiepido e metterlo sul fuoco molto basso. Aggiungere con un setaccino della farina di castagne fino a che la crema si addensa, sempre continuando a rimestare sul fuoco. La crema non deve mai bollire.
Lasciar raffreddare e incorporare due bianchi d'uovo montati a neve. Mettere in frigo per almeno 5 ore.

Torta di farina di castagne con il cioccolato
Si impastano a freddo 500 g di farina di castagne, 150 g di cioccolato, 50 g di farina di grano, 10 g di bicarbonato di sodio con 500 g di latte. Si lavora bene in modo da avere una pappa omogenea, si mette in teglia imburrata ed infarinata e s'inforna.

Filetto di vitello in salsa di castagne
Cuocere dei filetti di vitello con olio e burro e finire con una spruzzata di brandy.
Prendere 100 gr di farina di castagne, scioglierla con un bicchiere di latte e uno di acqua e aggiungere sale, pepe, olio. Mettere sul fuoco molto basso fino a che si forma una crema morbida. Guarnire i filetti con questa crema.


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