Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
     
 

 

 

Mangiar castagne

Memore dei miei antenati che nell'Ottocento, in Lunigiana, producevano 60-100 tonnellate di castagne all'anno, trasformate direttamente in farina, ogni tanto verifico lo stato dell'arte!
Mangiamo le castagne da millenni, (Marziale lodava le lento castanae vapore tostae scrivendo: Se vorrai leccornie ti saranno dati grappoli di uva passa, le pere che chiamano di Siria e quelle castagne cotte a fuoco lento, creazione della dotta Napoli); ma in tempi moderni la faciloneria culturale di Internet ha portato ad una certa confusione di idee e di concetti ed alla approssimazione linguistica che porta una nota rivista di cucina a scrivere che le castagne sono o selvatiche o marroni!
Vediamo di stabilire una corretta nomenclatura secondo la lingua italiana.
Il castagno reca un frutto, costituto dal riccio, al cui interno si trovano uno o più semi e cioè le castagne che mangiamo. Esse hanno la buccia esterna coriacea e di colore marrone lucido la quale ha la superficie interna rivestita di peluria; questa buccia (talvolta detta guscio o scorza) è aderente alla mandorla del seme, ma se ne distacca facilmente usando un coltello. La mandorla è invece rivestita da una sottile camicia o sansa o pelle color nocciola, molto aderente, che a freddo può essere tolta solo mediante raschiatura. La base chiara di attaccatura al riccio viene detto occhio.
Le castagne si distinguono commercialmente in castagne e marroni. Scriveva nel 1561 il lucchese M. Giovanni Tatti nel suo libro Della Agricoltura: Sono le castagne frutto notissimo a tutta Italia e similmente gli arbori che la producono. Delle quali, come che appresso agli antichi ne fussero di diverse specie, e di diversi nomi, tratti a compiacenza per la più parte dei luoghi, donde di portavano, nondimeno in Toscana solo sono le domestiche e le salvatiche. Le domestiche facilmente si mondano e sono di queste in prezzo quella che si chiamano marroni, per essere molto più grosse e molto più belle delle altre. E dal 500 nulla è cambiato: vi sono i castagni selvatici, con castagne piccole e difficili da mangiare, ed i castagni domestici evolutisi in numerosi cultivar i cui pregi vengono tramandati mediante innesto; fra questi il cultivar (volgarmente varietà)migliore e più pregiato è quella dei marroni. Questi sono più grossi (uno solo può pesare quasi 30 g contro i 12 g di una castagna di altre varietà), la mandorla è sempre unica e non divisa in due da un setto di camicia, la superficie è poco increspata e la camicia non si insinua nelle pieghe e può essere tolta con facilità; sono ideali per la preparazione dei marron glacé. Ma non sono gli unici con queste qualità; in Italia vi sono molte altre "varietà" di castagne IPG ed una DOP che si prestano altrettanto bene per tale lavorazione. È errato affermare che il sapore dei marroni sia sempre migliore di quello delle castagne.
In molti testi si legge l'affermazione secondo cui la differenza fra castagne e marroni sarebbe stata fissata ufficialmente nel 1939. In realtà il D.M.10 luglio 1939 (G.U. 165/1939) si limita a stabilire norme tecniche per l'esportazione delle castagne e prende atto della distinzione commerciale italiana basata principalmente sull'aspetto e dimensione. La pezzatura, che avrebbe dovuto essere il criterio base, è insensata: si consentono fino a 95 castagne o marroni per chilo (10,5 g l'una!) e si fissa a 25 g peso massimo per le castagne ed a 17 quello per i marroni! Pare proprio che abbiano invertito i valori.
Ma non sono soli nello stabilire sciocchezze: la direttiva CE 113/ 2001, fatta per accogliere le richieste inglese (che erano nella CE con un solo piede), ha stabilito che marmellata può essere chiamata solo quella fatta con agrumi, salvo la marmellata di marroni fatta con ... la castenea sativa e quindi anche con non marroni!
Ciò che conta è la botanica ed in Italia esiste solo la specie Sativa con diverse varietà, una delle quali è detta Marroni. Ad es. per le mele vi sono le Renette, le Golden, le Gala, le Calville, ma a nessuno viene in mente di dire che le mele si distinguono in Renette e mele comuni. Anche il richiamo al Regio Decreto, scoperto da La Cucina Italia, lo può fare solo chi non si e preso la briga di leggerlo. Cosa non difficile perché le G.U. sono in rete! Si  veda
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/1939/07/17/165/sg/pdf.

Il primo modo di cottura delle castagne fresche è la cottura sul fuoco con cui ottengono le bruciate o caldarroste. Una vecchia padella sforacchiata appesa alla catena del focolare o su di un treppiede, e quando la buccia era annerita le castagne erano pronte. Unica precauzione quella di incidere la castagna per evitare che scoppiasse per effetto del vapore sviluppatosi. La buccia e la camicia ben bruciacchiate si staccavano facilmente.
Ora le fiamme in casa sono una rarità e ci si deve arrangiare con metodi alternativi; quello che dà i risultati più soddisfacenti è la cottura nel forno elettrico che crea un po' dell'antico profumo di bruciato. È però necessario procedere ad operazioni preliminari per ottenere una facile sbucciabilità. Si prendono quindi le castagne, meglio se non troppo grosse, e con la punta di un coltello si incide orizzontalmente tutta la parte curva senza penetrare troppo nella mandorla; nulla vieta di incidere anche la parte piatta e quindi di fare un taglio circolare. Si mettono le castagne così preparate in acqua fredda per almeno un'ora, si scolano, si mettono sulla piastra del forno in un solo strato e si fanno cuocere a 190° per circa mezz'ora, rimestandole ogni 10 minuti. Si inserisce il grill e si cuoce per altri 10 minuti fino a che la buccia inizia ad annerirsi. Si versano in un recipiente in cui è stata posta un po' di carta bagnata, si copre e si lasciano altri 10 minuti a far … la sauna.
Altro metodo tradizionale è quello della lessatura con la loro buccia esterna. Basta metterle in una pentola con acqua fredda e farle bollire per circa 40 minuti. La castagna non deve essere assolutamente incisa perché la buccia rilascia nell'acqua molto tannino dal sapore sgradevole che non deve arrivar alla parte edibile. Si ottengono così le ballotte che si possono poi mangiare calde tagliandole in due ed estraendone il contenuto con un cucchiaino; ma il modo più rustico e gustoso è di spaccarle a metà con i denti e di far uscire il contenuto schiacciandolo e succhiandolo (da ciò il nome dialettale di succiole). Cosa da esperti perché si corre il rischio di trovarsi in bocca una castagna tarlata o ammuffita; meglio tagliarle a metà e controllare che mandorla sia bella bianca. Non lasciarle a lungo nell'acqua di bollitura perché essa penetra lentamente dentro la castagna.
Infine le castagne possono essere mangiate od utilizzate per dolci, marmellate, marron glacé, lessandole dopo averle private della prima buccia.
Il problema è di togliere la camicia che si stacca bene solo a caldo e spesso con sbriciolamento della castagna. Il metodo più accreditato per semplificare le cose è di incidere la castagna come per le bruciate, di metterla per un'ora in acqua fredda e poi farla bollire per 5 minuti; si ferma la bollitura, si toglie la prima buccia molto ammorbidita e poi la camicia si toglie facilmente. È bene cuocerne un quantitativo limitato alla volta per poterle lavorare e caldo.
Si rimettono poi le castagne a bollire in acqua pulita e aromatizzata a piacere (alloro, finocchietto, ecc.), per un quarto d'ora e poi si utilizzano per le varie preparazioni.
In tutti i metodi di cottura i tempi variano a seconda di qualità, pezzatura, conservazione e quindi è bene alla fine assaggiarne una per prova.

Per chi fosse interessato alla coltivazione del castagno rinvio a questa mia raccolta di testi antichi.

 


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