Ministero  dell'Interno - Ufficio per gli Affari Polizia Amministrativa e Sociale  Protocollo : 557/PAS/U/015884/10100.A(1 Data: 19/11/2019 Classifica: 10100.A(1)
  
  1.   Premessa.
    Si fa seguito agli atti di indirizzo specificati, con i  quali sono state fomite indicazioni di dettaglio per l’applicazione e  l’interpretazione delle norme recate dal D. Lgs. 10 agosto 2018, n. 104, che ha  recepito la Direttiva (UE) 2017/853 in materia di controllo dell’acquisizione e  detenzione delie armi, nonché indicazioni circa le modalità di rilascio dei  certificati medici che devono essere presentali dai detentori di armi.
    2.  Certificati  medici che devono essere presentati dai detentori di armi.
    La circolare del 12 settembre 2018, al paragrafo 12, si  è soffermata, fra l’altro, sul monitoraggio che, attraverso la riscrittura  dell’art. 38, quarto comma, del T.U.L.P.S., è stato introdotto nei confronti di  coloro che detengono armi, i quali - salvo i casi di esclusione richiamati  nella circolare medesima - sono obbligati a presentare all’ufficio locale di  pubblica sicurezza o, in assenza, al locale Comando dell’Anna dei Carabinieri,  ogni cinque anni, un certificato medico attestante che il richiedente non è  affetto da malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente,  la capacità di intendere e di volere, rilasciato dal settore medico-legale  delle Aziende sanitarie locali o da un medico militare, della Polizia di Stato  o del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
    Nel medesimo paragrafo, la circolare ha fornito chiarimenti  in ordine al regime transitorio definito dal citato D. Lgs. n. 104/2018, che,  all’art. 14, comma 3, ha previsto che, nella fase di prima applicazione, i  detentori dovessero assolvere all’obbligo di presentazione del certificato  entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. medesimo, ovvero  entro lo scorso 14 settembre 2019 c che, alla scadenza del termine, i  competenti uffici di pubblica sicurezza dovessero provvedere a diffidare i  soggetti inadempienti a presentare il certificato entro 60 giorni dal  ricevimento della diffida stessa.
    Sulle modalità di comunicazione della diffida agli  interessati, si ricorda, come evidenziato con l’atto di indirizzo n.  557/PAS/U/006501/10900(27)9 del 29 aprile 2015, diramato in occasione del  controllo una tantum sul possesso dei  requisiti sanitari da parte dei detentori di armi, che secondo quanto previsto  dal D. Lgs. 29 settembre 2013, n. 121 - già richiamato nella circolare del 12  settembre 2018 cui si fa seguito - potrà farsi ricorso agli strumenti ritenuti  più opportuni anche tenuto conto del numero dei provvedimenti di diffida da  notificare.
    A tal proposito, ove l’ordinario strumento della  raccomandata postale sia ritenuto eccessivamente oneroso, l’Amministrazione  potrà, in alternativa, scegliere la più adeguata modalità di notifica della  diffida, prevedendo la collaborazione di tutte le Forze di polizia presenti  nell’ambito del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, che  potranno coadiuvare l’amministrazione procedente nello svolgimento di questa  attività.
    Cosicché diventa prioritario svolgere l’attività di  ricognizione - già richiesta con circolare 557/PAS/U/008835/10100.A(21) del 24  giugno 2019 - di tutte le denunce di detenzione armi presentate nel corso degli  anni e che hanno allo stato ancora validità, in quanto il soggetto non è  deceduto, non ha trasferito l’arma in altra Provincia o non ha a qualunque  titolo ceduto l’arma.
    Solo il corretto ed esaustivo svolgimento di questa  attività consentirà agli uffici di avere un quadro completo dei detentori di  armi - che dovrà essere periodicamente aggiornato - tenuto altresi conto che  l’obbligo di presentazione del certificato medico ex art. 38 T.U.L.P.S., come  modificato dal D.Lgs. n. 104/2018, è oggi cadenzato ogni cinque anni.
    L’importanza  di questa attività viene confermata dallo stesso legislatore che, secondo  quanto previsto al sesto comma dell’art. 38 T.U.L.P.S, ha stabilito che,  decorsi 60 giorni dalla diffida, in
    caso  di mancata presentazione del certificato medico da parte del privato, il  Prefetto può vietare la detenzione delle armi denunciate, ai sensi dell’art. 39  dello stesso T.U.L.P.S.
    In tali casi, pertanto, gli Uffici che abbiano  provveduto a diffidare i soggetti inadempienti, senza, tuttavia, riceverne  ancora riscontro, inoltreranno al Prefetto territorialmente competente la  richiesta di emanazione del provvedimento di divieto detenzione armi per le  conseguenti valutazioni.
  È noto, altresì, che, nell’arco dell’intera fase  procedurale richiamata, il soggetto inadempiente potrebbe cedere le armi  detenute a terzi (cessione volontaria) o versarle per la relativa rottamazione,  in quanto non più interessato a detenerle; così come la cessione potrebbe  conseguire al provvedimento ex art. 39 T.U.L.P.S., nel termine di 150 giorni assegnato  dal Prefetto (cessione obbligatoria).
    3.  Certificati medici per il porto d'armi di cui  al D.M Sanità 28 aprile 1998 con una validità temporale limitata.
    Un’ulteriore questione riguarda la validità temporale  dei certificati medici per il porto d’armi di cui al D.M. Sanità 28 aprile  1998.
  È emerso che, in diversi contesti territoriali, il  certificato medico verrebbe rilasciato con validità limitata ad un anno o per  un periodo non necessariamente coincidente con quello di durata dei titoli di  polizia di cui si discorre.
    La questione si pone, in particolar modo, per le  licenze di porto d’armi per uso venatorio o per il tiro al volo, di durata  quinquennale, rispetto alla durata annuale della licenza di porto d’armi per  difesa personale ex art. 42 T.U.L.P.S.
    Con riguardo a queste licenze, la prassi adottata da  alcuni medici che hanno rilasciato certificati con validità temporale inferiore  a quella del titolo richiesto ha dato adito a dubbi se sia possibile in tal  caso concedere o meno il titolo di polizia ovvero imporre, attraverso lo  strumento delle prescrizioni ex art. 9 T.U.L.P.S., l’obbligo in capo  all’interessato di presentare, in costanza di validità del titolo, un nuovo  certificato medico alla scadenza di quello già prodotto.
    Come noto, il quadro normativo di riferimento si  rinviene nell’art. 3, quarto comma, del D.M. Sanità 28 aprile 1998, che prevede  che gli accertamenti medici effettuati dal sanitario competente possano  concludersi con un giudizio di idoneità o di inidoneità, senza contemplare soluzioni  intermedie o comunque ad efficacia temporale ridotta. Tale conclusione pare  corroborata anche dal successivo art. 4 del decreto, il quale disciplina una  particolare procedura di riesame dell’accertamento espresso dal sanitario,  applicabile solo nell’ipotesi in cui esso abbia sancito l’inidoneità  psico-fìsica del soggetto.
    In altri termini, per il settore in argomento non  sarebbe previsto un sistema quale, ad esempio, quello contemplato dal Codice  della Strada per la patente di guida dei veicoli che ammette la possibilità per  l’Organo medico di ridurre la durata “ordinaria” del titolo in presenza di  particolari patologie, tipizzate dalla nonna (art. 119, comma 2-bis, C.d.S.).
    Una volta che sia stata accertata in sede di rilascio  la sussistenza dei requisiti richiesti, la possibilità che essi permangano per  la durata del titolo di polizia formerebbe oggetto di una presunzione iuris tantum operata direttamente dal  Legislatore.
    4.  Consiglio di Stato, Sentenza 4403/2019 del 26  giugno 2019 a. Certificazione medica con validità temporale limitata.
    Premesso quanto sopra, occorre dare conto ora del  recente pronunciamento del Consiglio di Stato sull’argomento.
    La vicenda muove dal ricorso presentato da un  cittadino, avverso il decreto del Questore di Udine con il quale veniva  respinta la richiesta di rinnovo del porto d'armi per uso venatorio.
    Il motivo del diniego si fondava sulla esibizione di un  certificato medico di idoneità per il rilascio/rinnovo della licenza di porto  di fucile dal quale si evinceva che l’interessato risultava in possesso dei  requisiti psico-fisici richiesti con l'annotazione: "rivedibile tra un  anno".
    L'Amministrazione, tenuto conto dell'idoneità  psico-fisica con limitazione temporale annuale, riteneva di non poter  rilasciare il titolo con validità inferiore ai cinque anni previsti dall'art.  22, comma 9, della L. 11 febbraio 1992, n. 157.
    11 richiedente, nel proporre ricorso al TAR Friuli  Venezia Giulia avverso il diniego evidenziava, fra gli altri, la violazione  dell’art. 9 T.U.L.P.S., rilevando che la Questura avrebbe potuto impone  particolari prescrizioni in ordine all'efficacia temporale della licenza.
    Il TAR del Friuli Venezia Giulia respingeva il  ricorso motivando nel senso che "...a fronte di un giudizio  medico che non consente di attestare la stabilità dei requisiti psicofisici  richiesti, il rigetto dell’istanza (di rilascio del porto d’armi) deve  considerarsi una misura proporzionale e non irragionevole; risulta prevalente  l’interesse pubblico a delimitare il possesso e l’uso delle armi a soggetti che  possano garantire condizioni di salute più che appropriate e nel contempo  durevoli, al fine di scongiurare il rischio di incidenti e abusi; il carattere  tipico della licenza non consente di modularne la durata; la possibilità di  apporre prescrizioni di cui all’art. 9 T.U.L.P.S., riguarda le condizioni di  svolgimento dell'attività ma non può riguardare il periodo di validità della  licenza, essendo stabilito dalla legge... “.
    Avverso la decisione del TAR l’interessato proponeva  appello al Consiglio di Stato, che a sua volta respingeva il ricorso  ritenendolo infondato, così motivando.
  "La giurisprudenza, riprendendo i principi  espressi dalla Corte Costituzionale, è consolidata nel ritenere che il porto  d'armi non costituisce oggetto di un diritto assoluto, rappresentando un  'eccezione al normale divieto, potendo essere riconosciuto soltanto a fronte  della perfetta e completa sicurezza circa il loro buon uso, in modo da  scongiurare dubbi o perplessità, sotto il profilo prognostico, per l’ordine  pubblico e per la tranquilla convivenza della collettività: il giudizio che  compie l'autorità di pubblica sicurezza è conseguentemente connotato da ampia  discrezionalità, sindacabile solo a fronte di vìzi che offeriscano  all'abnormità, alla palese contraddittorietà, all'irragioncvolezza, illogicità,  arbitrarietà, al travisamento dei fatti” (ex plurimis, Corte Cost. sentenza 16  dicembre 1993, n. 440, Corte Cosi 9 maggio 2019, n.109, Cons. Stato Sez. Ili,  25/03/2019, n. 1972; Cons. Stato Sez, III, 7/06/2018, n. 3435; id. 20/11/2018  n. 6558)”.
    Inoltre "il diniego è stato  adottato perché la Questura ha ritenuto, correttamente, di non poter rilasciare  la licenza per una durata inferiore a quella prevista dalla legge (art.22,  comma 9,
    L. n. 157 del 1992), ma corrispondente a quella di presumibile  permanenza di condizioni psicofisiche idonee
    Pertanto, “nello specifico caso di  specie,...  la misura assunta dal Questore non risulti affatto  sproporzionata, né irragionevole: il diniego del titolo può giustificarsi, infatti,  non nel solo caso di carenza assoluta dei requisiti, ma quando i requisiti  sussistano nel momento attuale, ma siano destinati a venire meno in un tempo  ragionevole e con significativi margini di probabilità”.
    Ed ancora, prosegue il Consiglio di Stato “in  base al principio di proporzionalità, gli atti amministrativi non debbono  andare oltre quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato  e, qualora si presenta una scelta tra più opzioni, la pubblica amministrazione  deve ricorrere a quella meno restrittiva, non potendosi imporre obblighi e  restrizioni alla libertà del cittadino in misura superiore a quella  strettamente necessaria a raggiungere gli scopi che l'amministrazione deve  realizzare, sicché la proporzionalità comporta un giudizio di adeguatezza del  mezzo adoperato rispetto all'obiettivo da perseguire e una valutazione della  portata restrittiva e della necessità delle misure che si possono prendere.  (Cons. Stato Sez. VI, 18/09/2018, n. 5454) ’’.
    In particolare “nel caso di specie,  tenuto conto della intrinseca pericolosità delle armi, e dell'esigenza di  tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, la scelta dell'Amministrazione  di negare il rilascio del titolo si appalesa del tutto proporzionale, oltre che  ragionevole, tenuto anche conto che la licenza è stata richiesta per  l'esercizio di un'attività ludica ",
    Conclude il Consiglio di Stato “La  tutela dell’interesse della parte privata non può assicurarsi, in mancanza di  apposita previsione, neppure mediante l’ipotizzato rilascio all’appellante  della licenza per la durata prevista dall’art. 22, comma, 9 cit., apponendovi  la prescrizione dell'obbligo di presentazione del certificato di idoneità  psico-fisica previsto dal D.M. 28/4/1998 prima della scadenza di quest’ultimo  (tenendo conto della previsione indicata dall’organo tecnico): tale soluzione,  essendo connotata da un elemento di grave incertezza non solo sugli esiti della  rinnovata valutazione sull’idoneità del richiedente, ma anche sulla correttezza  della valutazione prognostica, resa dalla Commissione medica, in ordine alla  persistenza della sua idoneità per un determinato tempo (che presenta anch'essa  margini di incertezza), non risulta conciliabile con le esigenze di tutela  della sicurezza e dell’ordine pubblico, che postulano l’affidabilità del  soggetto titolare della licenza alla stregua dei parametri previsti dalla  legge”
    Si unisce, pertanto, in linea di continuità con la  circolare n. 557/PAS/U/015223/1201(1) del 6.11.2019, il case log in Allegato A. [Si omette l'allegato che è solo una esposizione elementare della sentenza del CdS, ad uso dei laureati in legge della PS].
  b.  Certificazioni presentate da soggetti o strutture diverse da  quelle identificate dal D.M.
    Sanità 28 aprile 1998
    Nella stessa pronuncia il Consiglio di Stato conferma  l’impugnata sentenza del Tar Friuli Venezia Giulia anche nella parte in cui  decreta che il certificato medico di idoneità per il porto d’armi deve essere  rilasciato da una struttura sanitaria tra quelle indicate dal D.M. Sanità 28  aprile 1998, ribadendo la legittimità del rifiuto della Questura a ricevere il  certificato rilasciato da un organo diverso da quelli individuati.
    Si legge nella sentenza che "le  certificazioni presentate da soggetti o strutture diverse da quelle  identificate dal D.M. 28 aprile Ì998 non possono fondare il giudizio di  idoneità e che correttamente l'Amministrazione non ne ha tenuto conto
    Si ribadisce, quindi, che solo le strutture  espressamente indicate nel D.M. Sanità citato possono attestare l'idoneità  psicofisica del richiedente la licenza di porto d’armi.
    Peraltro, come già reso noto, l’art. 12, comma 3, del  decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 104 ha ampliato la platea dei sanitari  abilitati al rilascio del citato certificato, che oggi ricomprende - oltreché i  settori medico-legali delle ASL e le strutture sanitarie militari e della  Polizia di Stato - anche i singoli medici della Polizia di Stato, del Corpo  Nazionale dei Vigili del Fuoco, nonché i medici militari in servizio permanente  ed in attività di servizio.
  NOTA: Nulla di nuovo salvo la spropositata inportanza attribuite alla sentenza del Consiglio di Stato, a mio paere errata ed espressione della peggiore ottusità burocratica che fa esrcizi di cavillosità che nulla hanno a che vedere con la sicurezza pubblica, la buona amministrazione, la tutela del cittadino. La giustizia non si realizza prendendo a dogma teorie astratte del passato.