Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
   
 

La Giustizia regala i soldi dello Stato

    Nel giugno 2007 a Palagonia, provincia di Catania, Saverio Nolfo uccideva sulla pubblica via, e usando un coltello da tasca, la moglie da cui era separato. A lui erano stati affidati i tre figli, dal che può dedursi supporsi che la moglie aveva avuto problemi di comportamento.
    Risultava che nei dodici mesi precedenti la moglie aveva presentato dodici denunzie o querele contro il marito e che una volta (forse la più recente, ma non si capisce) l'uomo le si era mostrato intento a pulirsi le unghie della mano con un coltello. Non risulta se ciò sia avvenuto in luogo pubblico.
     Quindi la situazione, allo stato, era la seguente:
- la moglie risultava quella più attiva nelle azioni contro il marito;
- negli atti non esistevano chiare prove di comportamenti anomali da parte del marito;
- che la pulizia delle unghie con un coltello da tasca fosse una minaccia era una pura supposizione della donna.
- non vi era reato di porto di coltello, se il fatto era avvenuto al chiuso, e comunque non vi era prova che il porto fosse avvenuto senza giustificato motivo;
- nel 2007 non vi era ancora la legge sullo stalking.
    Di conseguenza, sul piano giuridico, vi era solo la raffica di denunzie da parte della moglie, che ben potevano essere attribuite ad un tentativo di forzare la mano nell'affidamento dei figli, e la pulizia delle unghie, vista come minacciosa dalla moglie, ma non sufficiente davvero per una imputazione per minaccia.
    La mia cultura sull'uso del coltello in Sicilia si limita alla Cavalleria Rusticana, ambientato a Vizzini e non posso escludere che il pulirsi le unghie con il coltello (che io faccio per pura igiene) a Vizzini e Palagonia contenga nascosti messaggi mafiosi; è possibile che l'uso di un liccasapuni indichi l'appartenenza ad una famiglia palermitana e l'uso di una lapparedda collegamenti con Caltagirone; ma il fatto è che la moglie non ha descritto il marito come un duellabondo Alfio ed è stata la sua mente a lavorarci sopra. Ma se il marito avesse avuto in mano una forchetta, avrebbe forse pensato che minacciava di mangiarsela?
    Quindi il PM si è trovato in mano un pacco di denunzie da cui l'unico dato emergente era la probabilità che ad esagerare fosse proprio la donna.
 Siccome la denunzia di un privato, non supportata da prove (io non lo so, ma dalla sentenza non emerge che ve ne fossero), è solo una vaga notizia di reato, essa non era sufficiente a sostenere alcun provvedimento giudiziario; il pubblico ministero avrebbe potuto archiviare il tutto oppure mandare gli atti alla polizia giudiziaria per vedere, con calma, se si trovano delle prove.
     A me personalmente, in epoca anteriore, era capitato il caso di uno psicopatico che faceva stalking contro una giovane donna (all'epoca configurabile solo come molestia); io e il PM avevamo concluso che vi era il pericolo elevato che la uccidesse, ma non avevamo alcuno strumento per evitarlo. Un provvedimento di polizia per allontanare dalla provincia il soggetto, non impedì l'omicidio.

    Quindi non era possibile ipotizzare alcuna colpa a carico del PM, neppure lieve; ma la legge 117/1988 richiede la colpa grave o l'inescusabile diligenza; sul punto la sentenza ha sorvolato. Certo che se si ragiona guardando a come si comportavano le procure siciliane, intente a fare lotta politica, che rinviarono a giudizio per 19 volte Gerardo Mannino, altrettante volte assolto, può essere normale credere che il PM aveva il dovere di aprire urgentemente 12 processi solo perché lo chiedeva la moglie. Proprio in uno dei processi contro Mannino era stato scritto dal procuratore generale presso la Cassazione: Nella sentenza di condanna di Mannino non c'è nulla. La sentenza torna ossessivamente sugli stessi concetti, ma non c'è nulla che si lasci apprezzare in termini rigorosi e tecnici, nulla che possa valere a sostanziare l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Questa sentenza costituisce un esempio negativo da mostrare agli uditori giudiziari,   di come una sentenza non dovrebbe essere mai scritta. Parole che ben si attagliano anche alla sentenza in esame.
    Che poi dei giudici si siano affannati a far credere che secondo le regole dell'arte il PM avrebbe dovuto procedere a sequestri e confische contro l'uomo, come contro una sede di talebani, è cosa tragicomica, espressione di malafede o di ignoranza totale. Accade purtroppo che i giudici civilisti si rinchiudano nel loro guscio al di fuori della realtà; dice un saggio che lo specialista è uno studioso che sa tutto in un ambito molto ristretto; più l'ambito è ristretto, più lo specialista deve essere specializzato; quindi il massimo specialista è quello che sa tutto in un ambito nullo. Nulla di strano che un giudice civilista non sappia che un PM che si vede davanti dodici denunzie sporte dalla stessa persona e senza prova di elementi di fatto allarmanti, le prime cose che pensa sono "ecco il solito querulomane" oppure "guarda quel farabutto di avvocato quante denunzie scrive per mangiar soldi al cliente o per creare false apparenze da usare in causa". E un simile giudice non può certamente capire che il fatto di pulirsi le unghie con un coltello non è necessariamente allarmante.
    Per inciso rilevo che nella sentenza si parla del coltello usato per l'omicidio di "lungo 9,5 cm" e si dà per certo che fosse quello pulisci-unghie. Sicuramente hanno sbagliato e quella era la lunghezza della sola lama, ma se davvero fosse stato lungo complessivamente 9,5 cm non si capisce come è riuscito ad uccidere la vittima e si sarebbe trattato di un temperino di libero porto a norma del Regolamento di PS (poi la Cassazione ha cambiato il regolamento di testa sua ma … sorvoliamo perché ha fatto di peggio!). Sunt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt disse Virgilio.

    Dopo il fatto i parenti dei figli iniziarono una causa per risarcimento danni basata sulla legge per la responsabilità civile dei magistrati.
    Il Tribunale concedeva il risarcimento. La sentenza civile è provvisoriamente esecutiva dopo il primo grado (regola assurda introdotta nel 1990, ma che è piaciuta alla Corte costituzionale, anche se viola il principio di difesa e favorisce l'attore rispetto al convenuto). Quindi i beni dell'omicida passarono subito ai figli minori.
    La Corte di Appello di Messina riformava la sentenza negando che vi fossero le basi per affermare una responsabilità del PM e dello Stato.
    La Corte di Cassazione ha invece riconosciuto un risarcimento tale per cui lo Stato dovrà pagare almeno 300.000 euro.
    La motivazione sarebbe sconvolgente se rispecchiasse davvero le capacità dei giudici che hanno deciso. È noto che chi si dedica solo al diritto civile tende a perdere il contatto con la realtà e a credere che il sommo della giustizia sia il cavillare all'infinito sulle norme del codice civile per trarne fuori conclusioni che il legislatore non si era ma sognato! Legislazioni più civili (romana, anglosassone), hanno ben presto individuato il problema, stabilendo che la soluzione astratta di un problema giuridico deve portare ad un risultato equo; interpretazione corretta non è quella che esce da acrobazie linguistiche, ma quella che soddisfa la coscienza dei giudici e del popolo, quella che uscirebbe dal vecchio saggio della tribù o dal buon padre di famiglia. Il fenomeno del cavillare sul nulla è tanto noto che il primo libro di barzellette della storia, il Philogelos, del 250 d.Ch., è basato su storielle del tipo "barzellette dei carabinieri", di cui sono protagonisti gli scolastici, gli intellettuali, coloro che si sono formati esclusivamente sui libri e sono degli stupidi presuntuosi.
    Io ritengo piuttosto che ci si trovi di fronte ad una logorroica esposizione di argomenti assurdi, solo perché la giustizia aveva deciso che si doveva accontentare l'opinione pubblica, far vedere che il femminicidio giustifica ogni strappo al diritto e alla logica, far vedere che anche i giudici hanno un'anima; tutte cose che con la giustizia non c'entrano nulla. Più normale che si butti un collega in pasto ai lupi con noncuranza; è del tutto normale che di fronte ad accuse rivolte ad un collega, il collega PM si scateni con comportamenti da Torquemada, tanto per far vedere la sua inflessibilità (ma spesso non potrebbe proprio scagliare la prima pietra) in inchieste che troppo spesso si sciolgono come la neve al sole.
    E vien da chiedersi se la Cassazione abbia mai visto il decreto del 22 novembre 2019 dei ministeri dell'Interno e della Giustizia, in collaborazione con il ministero dell'Economia e delle Finanze (G.U. n.18 del 23 gennaio 2020) in cui l'indennizzo per i figli (pare anche se più di uno) delle vittime di omicidio commesso dal coniuge è fissato in un massimo di 60.000 euro complessivi. Come avranno fatto ad arrivare a 300.000 euro? Direi che il ragionamento sia stato molto semplice: che ce ne frega, intanto paga l'assicurazione! Normale applicazione dell'antico proverbio secondo cui è facile fare il gay con il sedere degli altri! L'Italia, con questa antica saggezza, è riuscita a spendere 2500 miliardi di euro dei cittadini!

    Ma torniamo alla sentenza: questa, dopo aver fatto il gioco delle tre carte sulla colpa, ha dovuto affrontare il problema se una diversa condotta del PM avrebbe evitato l'omicidio. Non ci crederete, ma per i giudici italiani, se non ci fossero i coltelli da tasca, ci sarebbero più unghie sporche, ma zero omicidi! Questa conclusione l'anno poi incartata in una marea di parole sulla nozione del nesso di causalità, una delle nozioni più controverse in diritto penale, su cui è stato detto tutto e il contrario di tutto: si può anche sostenere che è causa dell'omicidio il fatto che il reo sia uscito di casa; se fosse rimasto a letto non lo avrebbe commesso! Ma, dicono, quello sul coltello è un ragionamento controfattuale cioè, secondo le enciclopedie "nella logica e in filosofia del linguaggio, dicesi di un enunciato ipotetico la cui protasi presuppone, sebbene non asserisca, la falsità del suo contenuto, in quanto contrario alla realtà dei fatti; da un punto di vista logico, la verità dell'intero enunciato è indipendente dalla verità delle singole proposizioni che lo compongono." Loro sapranno senz'altro che cosa vuol dire!È una parola che ha riesumato la Cassazione in materia di responsabilità medica per addossare ai medici responsabilità e risarcimenti che non hanno riscontro nel resto del mondo né riscontro nei criteri per la responsabilità dei giudici.
    Se si dimenticano queste indecenti motivazioni surrettizie (anch'io conosco parole che altri non conoscono!) che si leggono nella sentenza e si ragiona con il buon senso, si può affermare che su cinquanta milioni di italiani, solo uno su mille (i giudici) non sa o non capisce o non vuol capire che:
- Per uccidere non occorre un'arma o uno strumento; bastano mani o piedi o una cordicella;
- I coltelli non sono armi, ma strumenti atti ad offendere;
- Questi strumenti sono di libera vendita e detenzione e si trovano al mercato e al supermercato;
- Ogni casa è piena di questi oggetti (posate, coltelli da cucina, forbici, rasoi, arnesi da lavoro), indispensabili per la vita quotidiana;
- Che la legge consente di ritirare ad un soggetto pericoloso le armi, ma non gli strumenti perché il detentore non potrebbe più neppure mangiare e lavorare.
- Che se anche il PM avesse sequestrato il coltello, comunque non identificabile, l'uomo avrebbe comunque senz'altro trovato per la casa arnesi ancor più efficaci; e se non li trovava in casa, bastava che entrasse nel primo supermercato sotto casa.
- Che è pretestuoso scrivere che l'omicida aveva programmato il delitto perché aveva preso con sé il coltello che il PM doveva togliergli; per i giudici il coltello pare essere divenuto un oggetto simbolico, un simbolo fallico: doveva necessariamente essere lo stesso esibito per pulirsi le unghie! Ma dove è la prova che fosse lo stesso? Dagli atti emerge solo che l'omicida portava un coltello già nei giorni precedenti e non risulta che non avesse un giustificato motivo per portarlo. Ergo, nessuna prova utile per dimostrare la programmazione del delitto. Ed infatti i giudici non hanno osato parlare di premeditazione ma si sono inventata la nozione, estranea al codice penale, di delitto programmato … che il PM aveva il dovere di prevedere e impedire!

    Ora avrete capito perché vi sono tanti errori giudiziari. Quando i giudici ritengono, e possono farlo, che i processi si risolvano con le chiacchiere e che, con un po' di belle frasi, si possa sostenere che Cristo è morto di freddo, la giustizia è morta anch'essa.

8 giugno 2020

 


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