Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Reati fiscali - Non ostano alla detenzione di armi (Consiglio di Stato)

Con la sentenza che riporto più sotto il Consiglio di Stato  ha affermato il principio che per vietare la detenzione di armi o rifiutare licenze di porto non è sufficiente, di per sé, che il richiedente sia stato condannato per dei reati fiscali i quali non sono idonei a dimostrare che un soggetto sia inaffidabile della detenzione e gestione di armi. E quindi ha invitato il prefetto a motivare meglio.
Si noti come per arrivare a questo risultato ci siano voluti ben nove anni; una volta si facevano le cambiali "a babbo morto" ora è la giustizia che fa le sentenze "a cittadino morto". E si noti come il CdS, furbo come un cervo (si veda il film Amici Miei), abbia furbescamente avvisato il cittadino di non fare scherzi, perché è vero che il prefetto ha sbagliato, ma è pur sempre in vigore il provvedimento del questore di ritiro della licenza di caccia in quanto l'interessato non lo ha impugnato ed è diventato definitivo. Solenne scemenza perché questi provvedimenti sono sempre "allo stato dei fatti"  e perciò, anche se non sono stati impugnati, si può sempre richiedere una nuova licenza facendo presente che la situazione è mutata.
Ciò premesso sono costretto mio malgrado ad ammettere che il prefetto e il Tar di Brescia avevano ragione e che a sbagliare grossolanamente è stato il Consiglio di Stato. Il principio generale astratto, è corretto, ma non quadra assolutamente con i fatti accertati.
Il soggetto in questione era stato condannato non solo per reati fiscali ma anche per associazione a delinquere finalizzata alla commissione degli stessi. La legge quando prevede una pena per una associazione a delinquere finalizzata lo fa solo per stabilire che il reato è più grave della semplice associazione a delinquere e per stabilire pene maggiorate. Perciò il soggetto, in buona sostanza, era stato condannato per associazione a delinquere aggravata.
Il reato di associazione a delinquere è di per sé più che sufficiente per dichiarare una persona inaffidabile; a maggior ragione se il reato è aggravato. Non ci vuole molto per capire che chi si associa con altri delinquenti per commettere reati, è pronto anche a commettere tutti i reati commessi, come quello di evasione fiscale, di riciclaggio di denaro, di esportazione di capitali, di ricettazione, di falso, eccetera. E perciò non si può certo escludere che una volta entrato in tal giro criminoso compia anche reati in materia di armi senza starci troppo a pensare.
Probabilmente i giudici del Consiglio di Stato hanno pensato che una associazione finalizzata ad evadere le tasse facendo carte false, fosse una associazione ben diversa dall'associazione per spacciare droga, che fosse uno di quei reati da colletti bianchi che è necessario commettere se si vogliono evadere le tasse e quindi, in sostanza, comprensibile in un paese dove non si fa altro!
Forse mi ripeto, ma ribadisco il mio pensiero: ma che giudici abbiamo in Italia?

Consiglio di Stato, sez. IlI, sentenza 19 marzo 2015, n. 3092
Con decreto in data 22 maggio 2007, n. 9117 D.D.A., il Prefetto di Brescia ha vietato all'appellante (già ricorrente) di detenere armi e munizioni, ai sensi dell'art. 39, TULPS con riferimento alla pendenza di un procedimento penale per reati finanziari ( emissione di fatture false per evasione tributi). A conclusione del giudizio, con rito abbreviato, con la sentenza 29 novembre 2007 n.1251 il GUP presso il Tribunale di Brescia ha condannato l'appellante alla pena di anni due e mesi nove di reclusione per il reato di frode fiscale continuata mediante emissione di fatture false, nonché associazione per delinquere finalizzata allo stesso reato.
Dopo la definizione dei processo penale, dapprima, il Questore di Brescia con decreto 14 marzo 2008 respingeva la nuova istanza di licenza di porto di armi ad uso caccia (presentata dall'interessato il 25 gennaio 2008) con riferimento al perdurante divieto prefettizio di detenzione di armi e munizioni e, di poi, lo stesso Prefetto respingeva la nuova istanza di licenza di detenzione di armi (presentata dall'interessato il 7 maggio 2008) con nota 19 maggio 2008, n.9117, DDA per mancanza del requisito di adeguata affidabilità nella detenzione delle armi senza abusarne.
Con ricorso al T.A.R. Lombardia, Sezione di Brescia (R.G. 799/2008), l’interessato ha impugnato il nuovo provvedimento prefettizio, chiedendone lo annullamento con tre motivi.
L’Amministrazione, costituitasi in quella sede, preliminarmente ha eccepito che il ricorso era inammissibile in quanto proposto contro un atto del Prefetto "meramente confermativo" del precedente diniego di cui al decreto prefettizio maggio 2007, che non era stato impugnato.
Il T.A.R. Brescia, con sentenza n. 1507/2009, respinta l’eccezione di inammissibilità, ha rigettato il ricorso nel merito, osservando che, stante la sentenza penale di condanna, il diniego di detenere armi non appariva manifestamente illogico o immotivato.
L'interessato ha proposto appello davanti a questo Consiglio, sostenendo - in sintesi - che la natura del reato addebitatogli (frode fiscale mediante la formazione di fatture per operazioni inesistenti) non giustificherebbe la presupposta minore affidabilità nella detenzione delle armi.
L'Amministrazione si e' costituita con un atto di mera forma.
Ciò premesso, nel merito si rileva che la motivazione dell’atto del 19 maggio 2008 appare estremamente laconica, in quanto si esaurisce nell’affermazione che "il signor A*** non offre sufficienti garanzie di affidabilità di non abusare delle armi detenute".
Si può ammettere, nondimeno, che l’atto in questione debba essere letto nel contesto della pregressa vicenda - alla quale del resto faceva espresso richiamo l'istanza di autorizzazione cui l'atto stesso veniva a dare risposta - e che quindi la motivazione sia in qualche modo integrata grazie a quell'implicito richiamo.
Tuttavia la motivazione appare, comunque, carente.
Ed, invero, si può dare per certo che nessun addebito specifico sia mai stato mosso al ricorrente - legittimo detentore di armi per decenni (dal 1967) per l'esercizio della caccia - riguardo alla correttezza ed avvedutezza nella custodia e nel maneggio delle armi medesime.
L'unico elemento a suo carico, alla data di adozione dell'atto impugnato, risultava essere la condanna "patteggiata" (emessa nei suoi confronti in qualità di rappresentante legale di una società) per frode fiscale (evasione di IVA) continuata mediante falso (emissione di fatture per operazioni inesistenti), nonché per associazione a delinquere finalizzata alla frode con l'applicazione della pena di anni due e mesi nove di reclusione, più le pene accessorie del caso.
Ai fini dell'applicazione dell'art. 39, T.U.L.P.S. si richiede il ragionevole sospetto (desunto anche da elementi indiziari, non necessariamente di rilevanza penale) che il soggetto non dia pieno affidamento di non abusare delle armi.
Non e', dunque, necessario che vi siano stati episodi di abuso effettivo delle armi ovvero di trascuratezza nella loro custodia, essendo sufficiente il mero rischio di tale abuso, mentre sono certamente rilevanti anche le manifestazioni di aggressività verso le persone, seppure senza l'impiego di armi; ovvero manifestazioni di scarso equilibrio, scarsa capacità di autocontrollo oppure la vicinanza ad ambienti della criminalità organizzata .
Peraltro, come espone l'appellante, non ricorrono neanche i presupposti per l'applicazione delle ipotesi ostative contemplate nell'art.11 e nell'art.43 TULPS, in quanto la condanna penale riportata non riguarda i reati indicati nelle citate disposizioni come fattispecie automaticamente ostative al rilascio del porto di armi.
Invece, poiché i reati addebitati all'attuale appellante non sembrano di per se stessi significativi del pericolo di abuso delle armi, l'impugnato diniego di rinnovo del permesso di detenere armi per uso caccia risulta carente di adeguata motivazione, ove si consideri che il Prefetto non ha illustrato il percorso logico-giuridico attraverso il quale il progetto illecito della frode fiscale mediante falso documentale viene assunta come un elemento indiziario della ridotta affidabilità in materia di detenzione di armi.
Per queste ragioni l'appello va accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, va annullato (per difetto di motivazione) il decreto prefettizio 19 maggio 2008, n.9117, DDA con il conseguente obbligo del Prefetto di Brescia di pronunciarsi nuovamente sulla relativa istanza dell'appellante alla luce delle argomentazioni sopra esposte, fatti salvi, comunque, gli effetti dell'originario divieto di porto di armi uso caccia disposto dal Questore di Brescia con decreto 14 maggio 2008, non impugnato.
Le caratteristiche in punto di fatto della vicenda giustificano la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie I 'appello in epigrafe e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il decreto dei Prefetto di Brescia 19 maggio 2008 n.9117 DDA ai fini del riesame alla luce di quanto in motivazione.
Spese di entrambi i gradi di giudizio compensate tra le parti.

 


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