Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Quale arma? La Cassazione travisa fatto e diritto

Cass. pen., sez. I, ud. 22 febbraio 2022 (dep. 9 giugno 2022), n. 22438

Ritenuto in fatto
1.  Con sentenza in data 18/3/2021, la Corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza del Tribunale di Pesaro in data 21/3/2019 con la quale R.L. era stato condannato alla pena di tre anni e quattro mesi di reclusione e di 2.300 euro di multa in quanto riconosciuto colpevole, con le attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva (di cui era stata, comunque, esclusa la natura infraquinquennale), dei reati, unificati dalla continuazione, previsti dal art. 81 c.p., comma 2, e dal L. n. 110 del 18 aprile 1975, art. 23, commi primo, secondo e terzo,, per avere fabbricato e, comunque, detenuto illegalmente, due armi comuni da fuoco, di fattura artigianale, con canna liscia e vivo di volata ricurvo, caricamento manuale a colpo singolo, calibro 12, classificabili come clandestine perché prive dei segni distintivi previsti dall'art. 11, L. n. 110 deM975
2.  Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso R. per mezzo dei difensori di fiducia, avv.ti (omissis) e (omissis), deducendo sei distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p.
2.1.  Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p., la inosservanza o erronea applicazione della L. n. 110 del 1975, artt. 2 e 23, nonché degli D.Lgs. n. 527 del 1992, artt. 1 e 1-bis, come modificato dal D.Lgs. n.204 del 26 ottobre 2010, per l'attuazione della Direttiva 2008/51/CEE nella parte in cui la Corte territoriali, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto che i reperti n. 000067832 e n. 000067833 fossero qualificabili come armi da fuoco ai sensi del D.Lgs. n. 527 del 1992, art. 1-bis, comuni (ex L. n. 110 del 1975, art. 2) e clandestine (ex art. 23, L. n. 110 del 1975), nonché la carenza e manifesta illogicità della motivazione sul punto oggetto di specifico e decisivo motivo di appello.
La sentenza di secondo grado non avrebbe risposto alla censura difensiva secondo cui lo strumento, non essendo portabile, non rientrava nella nozione di arma da fuoco dettata dalla richiamata direttiva; e in ogni caso sarebbe stata riconducibile alle "altre armi da fuoco", previste dalla categoria D della direttiva, cui non sarebbe applicabile il D.Lgs. n. 30 dicembre 1992, n. 527. Fermo restando che esso non sarebbe stato destinato all'offesa alla persona e avrebbe avuto la funzione di allarme, senza che tale assunto possa ritenersi smentito dagli incompleti accertamenti svolti dalla polizia scientifica, che avrebbero attestato soltanto la capacità dei meccanismi di produrre la detonazione dell'apparecchio di innesco della cartuccia.
(omessi i restanti motivi).
Considerato in diritto
1.  Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
2.  Muovendo dall'analisi del primo motivo di doglianza, va premesso che secondo la giurisprudenza di legittimità, per "arma da fuoco", ai sensi del D.Lgs. n.527 del 30 dicembre 1992, art. 1-6is, come modificato dal D.Lgs. n.204 del 26 ottobre 2010, si intende sia qualsiasi strumento portatile a canna che espella o è progettato per espellere un colpo, una pallottola o un proiettile mediante l'azione di un combustibile propellente, sia qualunque altro oggetto che può essere trasformato a tale fine, essendo necessario, in quest'ultimo caso, che lo stesso presenti l'aspetto di un'arma da fuoco e, in base alle caratteristiche di fabbricazione o del materiale utilizzato, dopo l'intervento di modificazione, possa essere idoneo all'azione di sparo di munizioni (cfr. Sez. 1, n. 18137 del 773/2014, Centulani, Rv. 262267-01).
Secondo la tesi sviluppata in ricorso, i manufatti in questione avrebbero necessitato, per il loro funzionamento, di un ancoraggio al suolo, tale da escludere il requisito della "portatilità" dello strumento.
Nondimeno, ritiene il Collegio che tale nozione debba essere delineata a partire dal suo significato tecnico- balistico, che distingue le armi da fuoco in portatili o da artiglieria. In questa prospettiva, sono da considerare portatili le armi di medio o piccolo calibro, inferiore a 20 mm, che vengono usate per brevi e medie distanze (è il caso delle pistole, degli M12, dei fucili, dei mortai leggeri, ecc.), per il cui trasporto e uso è sufficiente un solo operatore. Sono, invece, armi di artiglieria, quelle di grosso calibro, a partire dai 20 mm, per il cui trasporto e uso sono necessarie due o più persone e l'uso di automezzi.
Pertanto, ai fini della identificazione di un manufatto come arma da fuoco è sufficiente, per considerarlo come strumento portatile, che il suo trasporto possa essere effettuato da una persona sola. Su tali premesse, deve ritenersi che la sentenza impugnata abbia correttamente rappresentato la sussistenza, nella specie, dei requisiti previsti per la configurabilità dell'arma da fuoco, ricorrendone tutte le caratteristiche: dall'idoneità dello strumento a espellere proiettili atti a offendere alla portabilità, intesa come trasportabilità da parte di una sola persona di uno strumento avente un calibro non superiore ai 20 mm.
Ne consegue, conclusivamente, l'infondatezza del primo motivo di doglianza.
3.  Venendo, indi, al secondo motivo, con cui la difesa deduce il travisamento delle dichiarazioni dell'imputato, il quale non avrebbe confessato di avere "fabbricato" lo strumento, la questione posta perde gran parte della sua rilevanza alla luce della contestazione del fatto, ove si fa riferimento alla circostanza che R.L. avesse fabbricato e, comunque, detenesse le armi de quibus: circostanza, quest'ultima, pacificamente non revocabile in dubbio.
In ogni caso, come si rileverà con riferimento al terzo motivo di censura, la nozione di fabbricazione è idonea a compendiare le condotte di assemblaggio, le quali non paiono ragionevolmente revocabili in dubbio sulla scorta delle stesse dichiarazioni dell'imputato.
4.  Infondato è, ancora, il terzo motivo di ricorso.
Come anticipato, l'assemblaggio delle varie componenti di un'arma si configura come una forma di fabbricazione della stessa, in specie quando, come nel caso in esame, sia stato realizzato uno strumento offensivo del tutto nuovo, attraverso l'utilizzo di pezzi aventi, singolarmente considerati, una differente destinazione merceologica. Ne consegue che, anche sotto tale profilo, la fattispecie in contestazione risulta pienamente integrata.
(omissis)
8.  Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

NOTA:
Ottima sentenza per dimostrare di come i giudici riescano a disquisire su di un fatto di cui non hanno capito nulla, perché nulla avevano capito i verbalizzanti, nulla il PM, nulla i giudici di primo e secondo grado che li avevano preceduti. E di fronte ad un oggetto misterioso che sembrava poter sparare, ma di cui non si sapeva a cosa servisse, se fosse destinato ad offendere ad altri scopi,  se poteva sparare davvero, e se fosse idoneo ad offendere, nessuno di questi giudici ha pensato che forse era il caso di richiedere lumi ad un perito diverso dalla polizia scientifica, la cui relazione era o inadeguata, od oscura. No, come se tre anni di galera fossero noccioline, hanno deciso in base ad una precedente sentenza, ovviamente inapplicabile poiché non si era stabilito che il fatto in esame fosse analogo a quello già giudicato e perché, grazie a dio, nel nostro ordinamento non vige il principio che le sentenze della Cassazione contengono verità da osservare pedissequamente.
Ben poco si sa dell'oggetto misterioso trovato in casa dell'imputato. Dagli atti si legge solo che si trattava di due armi comuni da fuoco, di fattura artigianale, con canna liscia e vivo di volata ricurvo, caricamento manuale a colpo singolo, calibro 12. Pare che derivassero dall'assemblamento di parti destinate al altro uso lecito.
Con un po' di sforzo io, che sono esperto, riesco a immaginare che fossero due monconi di tubo a cui era stato applicato un meccanismo di percussione. Assolutamente incomprensibile che cosa voglia dire che il vivo di volata era ricurvo: la canna era curva per poter sparare dietro agli angoli, come un famoso moschetto tedesco! O era svasata come un trombone? O a martellate l'avevano resa ovale? Tutti se ne sono fregati bellamente (a Genova dicono belinamente).
Si legge che i difensori hanno sostenuto che la presunta arma non era portatile perché poteva essere usata ed fatta sparare solo ancorandola al suolo. È appena il caso di rilevare che il D. L.vo del 2010 ha parlato di armi portatili volendosi riferire alle sole  armi comuni da sparo e non a qualunque oggetto sparante. Un'arma che viene fissata stabilmente ad un supporto fisso, e che può essere usata solo in tal modo, non potrà mai essere considerata portatile perché durante il trasporto non può essere usata. Quindi il ragionamento dei giudici, basato sulle informazioni di Wikipedia, non è accettabile.
E qui a me, che sono un esperto, si accende una piccola luce e credo di poter ipotizzare che l'oggetto misterioso fosse una di quelle trappole che la legge sulla caccia, art. 21, chiama armi impostate, sia  con scatto provocato dalla preda (vale a dire armi usate come trappole che l’animale fa sparare al suo passaggi), sia con scatto manovrato manualmente dal cacciatore. Stando alla lettera della legge, il cacciatore potrebbe lecitamente sistemare un’arma sul percorso dell’animale e azionarla a distanza con un telecomando, visto che in tal caso non è l’animale a provocare lo sparo.
Ecco un modello commerciale a due canne (si veda https://www.earmi.it/armi/trappol2.htm )

arma impostata

Possono essere costruite in modo molto più rudimentale, talvolta anche solo da un tubo da idraulico chiuso da un lato con un manicotto ed un tappo forato entro cui far passare un chiodo quale percussore, da legare poi ad un ramo od un tronco; possono essere destinate anche a sparare solo a salve, ad es. per spaventare dei ladri.
Non pare che la polizia scientifica abbia spiegato ciò ai giudici: essa ha detto soltanto che negli oggetti sussiste la capacità dei meccanismi di produrre la detonazione dell'apparecchio di innesco della cartuccia.
Ma siamo pazzi? Si deve stabilire se un tubo è o meno parte di arma e non si fa neppure una prova di sparo? E se il tubo si frantumasse al primo colpo?  E se l'incurvatura della bocca servisse a consentire di sparare a salve, ma non proiettili? Vi era una adeguata camera di cartuccia idonea a camerare in modo preciso cartucce cal. 12 (la cosa più difficile da realizzare) ? Io non lo so, ma pare che molti giudici abbiano la sfera di cristallo, leggono frasi incomprensibili e "si illuminano d'immenso". A che pro perdere tempo a sentire un perito? L'appuntato Cacace e il giudice sono i periti peritorum, i superperiti!
Ma passiamo al diritto.
I giudici si sono sbagliati nel ricercare la norma da applicare, il che può essere classificato come colpa grave! Per fortuna il risultato non cambia!  I giudici hanno ignorato che la definizione di arma da fuoco è ora contenuta nel   Decreto Leg. 10 agosto 2018 n. 104 - G.U. 8 settembre 2018 n. 209, recante attuazione della direttiva (ue) 2017/853, del parlamento europeo e del consiglio, del 17 maggio 2017 il quale recita che è "arma da fuoco", qualsiasi arma portatile a canna che espelle, è progettata per espellere o può essere trasformata al fine di espellere un colpo a pallini [parola dimenticata dai traduttori!], una pallottola o un proiettile mediante l'azione di un propellente combustibile, ad eccezione degli oggetti di cui al punto III dell'allegato I della direttiva 91/477/CEE, e successive modificazioni. Si considera, altresì, “arma da fuoco" qualsiasi oggetto idoneo a essere trasformato al fine di espellere un colpo, una pallottola o un proiettile mediante l'azione di un propellente combustibile se:
   1 - ha l'aspetto di un'arma da fuoco e,
   2 - come risultato delle sue caratteristiche di fabbricazione o del materiale a tal fine utilizzato, può essere così trasformato;
Orbene, anche se è notorio che molti laureati hanno ormai difficoltà a comprendere testi scritti, si dovrebbe presumere che leggendo l'articolo sia chiaro per tutti che la norma si applica solo alle armi e non ad altri strumenti "da fuoco". Vi sono oggetti e strumenti   da usare nella vita quotidiana, non regolati dalla legge, e vi sono degli strumenti, per loro natura destinati ad offendere (ferire od uccidere essere umani), e ovviamente idonei ad offendere, che vengono definiti ARMI; fra questi alcuni sono armi bianche, altri sono armi a fuoco. Solo in via di eccezione la norma considera "arma da fuoco" un oggetto che ha l'aspetto di un'arma da fuoco, non è nata come arma, ma può essere trasformata in modo da sparare corpi solidi. E la direttiva europea ha per l'appunto voluto definire non gli strumenti da fuoco ma solo quelle armi speciali che sono da fuoco. I giudici hanno capito fischi per fiaschi e cioè che ogni cosa che lancia un corpo solido con un propellente è arma da fuoco!
I giudici, poveretti, non potevano sapere, se non studiando, che vi sono apparecchi sparachiodi, apparecchi lanciasagole, fucili da cementeria, strumenti da mattatoio, ecc., che funzionano con cartucce, ma non sono armi da fuoco in quanto non sono armi (cioè hanno uno scopo diverso dall'offesa e non hanno l'aspetto di armi da fuoco; se lo hanno, non sono trasformabili).
Questo punto era essenziale per capire il caso loro sottoposto, perché era essenziale capire se l'oggetto era o meno un'arma  (capace di offendere e destinata ad offendere) e se era assoggettabile alle norme sulla armi comuni da sparo. E forse avrebbero anche scoperto che l'art. 2 della legge 110/1975 non elenca fra le armi comuni, le armi corte (meno di 60 cm,) monocolpo e non elenca armi che non siano fucili, rivoltelle o pistole semiatomatiche! Si veda https://www.earmi.it/varie/fantasma.html
Vale a dire che si poteva scoprire che la normativa sulle armi da fuoco non si applicava al caso di specie; vi erano, semmai, solo contravvenzioni.
Se l'oggetto fosse stato un'arma comune da sparo, era necessario affrontare anche il problema se esso era un'arma funzionante oppure una parte di arma, poiché una parte di arma non finita non si considera ancora parte d'arma ai fini della legge penale.
Non sto a ripetere quanto avevo già scritto sui giudici esperti di sarchiaponi
https://www.earmi.it/varie/sarchiapone.htm, ma è impressionante in quanti casi i giudici, di fronte alla affermazione di un agente di pg o del pm, che un tizio detiene un sarchiapone,  rifilino anni di galera senza aver capioto né il fatto né il diritto. Ancora più preoccupante che i pm siano incontrollate madri di tutti i sarchiaponi!
Forse sarebbe bene scrivere nelle aule di giustizia la massima "I giudici non possono giudicare in base alle opinioni dell'appuntato Cacace! Chi sbaglia riceverà lo stesso stipendio dell'appuntato, perché tanto vale"

(12 giugno 2022)

 

 


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