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Giorni fa mi hanno chiesto perché non abbia mai scritto un libro  intitolato Stupidario dei Giudici,  così come è già stato fatto per medici, avvocati, insegnanti. Ho risposto che  questo libro esiste già, lo hanno fatto gli stessi giudici e si chiama Massimario della Cassazione!
  Ormai è comprovato da innumerevoli decisioni: vi sono troppi giudici  che vivono in un universo parallelo, fatto esclusivamente di carta che funziona  da filtro della realtà. Il giudice non valuta il mondo in cui opera come  farebbe ogni cittadino, scendendo per la strada, leggendo i giornali o  internet, ma si siede alla scrivania e guarda ciò altri giudici prima di lui  hanno scritto sul mondo. Se proprio deve avere un contatto con la realtà, si  informa da qualcuno che porta una divisa, poco importa se di ignoranza bufalina,  e gli crede ciecamente; del resto questi è il fornitore ufficiale della carta  imbrattata di cui il giudice si nutre; peccato che non abbia le nozioni  necessarie per distinguere la biada dallo strame. Eppure ci riesce ogni bestia,  ma, come diceva Orwell, le bestie sono tutte eguali, ma alcune sono più eguali  delle altre!
  A ben rifletterci è anche possibile che questi soggetti non vivano in  un universo parallelo come quelli ipotizzati nei romanzi di fantascienza, ma  solo in quei piccoli mondi estraniati, un tempo chiamati gabbie per i matti!
  Non si spiegano altrimenti tutti quei casi in cui i giudici (ed è  sempre una catena di giudici perché non si arriva in Cassazione se non vi sono  almeno due PM che insistono in ipotesi di accusa assurde) riescono a negare  l'evidenza con decisioni di questo genere:
  - Le mani sono strumenti di caccia proibiti e quindi non si può raccogliere  un animale ferito.
  - Il revolver mod. 89 è da guerra in considerazione della sua elevata  potenza (ma è arma antica!)
    - Un bossolo marchiato Nato rimane da guerra anche se schiacciato (l'esercito  vende questi bossoli sparati come ottone!)
    - I proiettili totalmente incamiciati sono tutti da guerra (ma chissà  perché sono in libera vendita a milioni a partire dall'inizio del 1900!)
    - La renna è un animale pericoloso che non può essere portato in Italia  (la renna è un animale domestico e non ha mai morsicato nessuno!)
    - Una livella laser da muratore non può essere commercializzata perché  di potenza superiore alla consentita (la legge pone il divieto solo per quegli  strumenti laser che non servono ad usi professionali!)
    - L'arma xxx è da guerra (ma la Cassazione non vede che è in libera vendita  ovunque ed è classificata come arma comune!)
    - Un temperino con il blocco di lama diventa un pugnale (ma sono in  libera vendita a milioni e sarebbe come dire che un agnellino diviene un toro  se ha le corna!)
    - ecc. ecc. per pagine.
È evidente il meccanismo perverso alla base di questo modi di  procedere. È il trionfo del cretino autoreferenziale. Vi è un cretino con una  divisa che ha nozioni sbagliate perché è ignorante e ha imparato la legge origliando  nel bar della caserma, o che vuol far vedere quanto è severo, o che vuol fare  statistica (un verbale per armi da guerra vale come cinque verbali per armi comuni  e un verbale per armi comuni vare come tre denunzie di ladri), o che si vuol  vendicare di un cittadino che ha osato porre in dubbio il suo sapere e potere o  che non ha saputo cogliere il messaggio subliminale trasmessogli quando l'uomo  in divisa gli detto "ma è vero che al suo paese fanno dei salami famosi?"  e lo denunzia per un reato inesistente. Spesso sono denunzie che imporrebbero  al PM di agire per calunnia perché il pensiero alla base di questi comportamenti  è il seguente: "questo qui mi sta antipatico e lo voglio fottere; so che è  innocente ma io lo denunzio e così lui deve spendere qualche migliaio di euro  in avvocato".
E sa che ciò avverrà al 99% visto il PM non agisce mai da filtro  perché gli uomini in divisa sono quelli che conoscono le norme che lui non ha mai  letto e non ha voglia di leggersi e perché sa che comunque non le capirebbe per  mancanza di conoscenza del mondo. E quindi affida la pratica al solito maresciallo  della polizia giudiziaria che ben difficilmente dà torto ad un'altra persona  con la divisa; il maresciallo non sta certo a leggersi le memorie dell'avvocato  (ha ragione! è compito del PM) e migliaia di poveretti si ritrovano a processo davanti  al giudice. Spesso il giudice capisce il problema e assolve, ma qui interviene  nuovamente il fenomeno del cretino autoreferenziale, in questo caso il PM, il  quale non può accettare che venga posto in dubbio il suo operato e quello degli  uomini in divisa che, essendo tutori della legge, devono per forza aver ragione!
Ed è con questo meccanismo perverso che tanti poveretti, i quali hanno  solo commesso l'errore di rispettare la legge, si ritrovano ad essere condannati  dalla Cassazione.
Queste considerazioni, già fatte tante volte in passato mi sono state  nuovamente sollecitate da una recentissima sentenza che qui riporto e commento.
Sentenza Cass. Sez. I nr.  54332/2018 (Ud. 28/9/2017)
      (omissis)
    2.1   La  censura è manifestamente infondata in diritto. 
    Costituisce  regola di interpretazione da tempo consolidata nella giurisprudenza di legittimità quella secondo cui costituisce parte di arma comune da sparo, la  cui 
    detenzione abusiva è dalla legge penale punita (artt. 2 e 7, primo comma, della 
    legge n. 895 del 1967), non solo ogni parte strettamente necessaria a rendere 
    l'arma stessa atta allo sparo, ma ogni altro componente - diverso dagli  accessori 
    di mera rifinitura od ornamento - che ne aumenta la pericolosità, conferendole 
    maggiore potenza, precisione di tiro e rapidità di esplosione, senza che, ai  fini 
    dell'esclusione della rilevanza penale della condotta, assuma alcun rilievo 
    l'eventuale difficoltà tecnica dell'assemblaggio dei pezzi (in questo senso,  cfr., fra 
    le molte: Cass. Sez. 1, n. 17105 del 22 settembre 1989, Piva, Rv. 182752; Cass. 
    Sez. 1, n. 25047 del 9 febbraio 2012, Pg, Rv. 253769; Cass. Sez. 1, n. Sez. 1, n. 
    38706 del5 marzo 2013, Bruno, Rv. 256880; Cass. Sez. 1, n.  31624 del 23 
    maggio 2014, Monaco, Rv. 261466). 
    Correttamente  pertanto la sentenza impugnata ha ritenuto parte di arma da 
    sparo il dispositivo per puntamenti rapidi red-point, recante  il marchio"Riflescope", abusivamente detenuto dal ricorrente, trattandosi di  uno strumento 
    che, montato su fucile o carabina, conferisce all'arma da sparo una maggiore 
    precisione di tiro. 
    E'  irrilevante poi che tale specifico accessorio non sia, in tesi, specificamente 
    destinato ad essere montato sulla carabina ovvero sul fucile del pari  illecitamente 
    detenuti dal ricorrente, sul semplice rilievo che la legge penale punisce la 
    detenzione non autorizzata di parte di arma (nel caso di specie, di arma comune 
    da sparo); indipendentemente alla sua adattabilità ad arma, lecitamente ovvero 
    illecitamente, del pari detenuta dalla medesima persona.
Ora, è cosa  nota che la Cassazione in passato aveva adottato una nozione estensiva di parte  d'arma che portava a considerare tale anche le parti un legno e persino la cinghia  di cuoio per portare il fucile a tracolla. Nozione stravagante che, solo per le  armi, portava a concludere che ogni accessorio applicato ad un'arma diventava  per ciò solo parte di arma! Era una conclusione pazzesca, non fondata su  nessuna norma di legge, era solo una secrezione mentale dei giudici che si  sostituivano al legislatore e che ignoravano la realtà universalmente accettata  al di fuori delle aule sorde e grige della giustizia:
    - che i  cannocchiali, per la stessa Cassazione, non erano parti d'arma;
    - che tutti  gli accessori venivano prodotti. Importati, venduti liberamente e senza la  necessità di alcuna licenza di PS.
    Valeva quindi  appieno il principio filosofico che una cazzata rimane una cazzata anche se ripetuta  per decenni. E comunque la Cassazione , quando decide un caso, non può  richiamarsi a decisioni precedenti se non controlla e motiva sul fatto che non sia cambiato  qualche cosa nella realtà.
    Dico subito,  per i meno esperti, che il mirino con punto rosso è solo un particolare tipo di  mirino con lenti che non ingrandiscono il bersaglio ma che, unitamente ad un sistema  elettronico che crea un punto rosso nell'oculare, consente di vedere che l'arma  è diretta contro il bersaglio, senza le imprecisioni che si hanno quando si  devono allineare due piccoli punti quali la tacca di mira e il mirino tradizionale.  È un oggetto molto semplice che si può comperare con poco più di venti euro.
    E in questo caso la realtà era cambiata perché la  legge 110/1975 ha stabilito che le norme di PS si applicano solo alle parti  essenziali e perché la direttiva europea recepita con il D.to L.vo 204/2010  aveva chiaramente stabilito che solo certe parti essenziali sono parti di arma  e che non sono mai tali gli accessori. Nozione questa ribadita ancora più  decisamente e chiaramente dalla Direttiva del 2017 recepita con il Decreto Leg.  10 agosto 2018 n. 104. Una parziale eccezione è fatta solo per il silenziatore,  riconosciuto come accessorio, ma assimilato alla parte nel regime giuridico. Ma  vi è di più: la legge 204/2010 ha stabilito che una parte essenziale è tale se  "finita", ciò inseribile e applicabile ad un'arma senza altre lavorazioni.  Perciò ogni accessorio che deve essere avvitato, saldato, limato, aggiustato,  resta al di fuori del regime giuridico previsto per le armi.
    Quindi le massime citate nella sentenza sono pura  carta straccia.
    I giudici dicono spesso ai condannati "dura lex, sed lex" (la legge sarà dura  ma va rispettata) e si dimenticano che la massima vale anche per loro. Essi sono  giudici che hanno il compito di garantire la corretta applicazione della legge;  se invece di controllare le norme di legge da applicare proprio le ignorano e  non si curano di conoscerle, che cavolo di controllo fanno? È deprimente scoprire  che spesso essi sanno solo copiare in modo acritico ciò che ha scritto un loro collega  in passato. Possibile che non si chiedano mai perché il nostro legislatore ha  stabilito che le decisioni della cassazione sono vincolanti solo nel caso  concreto, che non costituiscono mai una interpretazione vincolante e definitiva,  compito esclusivo del legislatore? 
    12-12-2018
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       - Edoardo Mori | 
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