Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Buone regole in materia di custodia (Sostituto proc. della Repubblica dr. Biagio Mazzeo)

PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI GENOVA
RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE

Al Giudice per le indagini preliminari

S E D E

Il pubblico ministero presso il Tribunale di Genova, Dr. Biagio Mazzeo; letti gli atti del procedimento a carico di ***; OSSERVA:
I carabinieri della Stazione di Genova Molassana intervenivano presso l'abitazione del prevenuto a seguito del suo allontanamento dall'abitazione e di un possibile tentativo di suicidio. A seguito di tale evento, i carabinieri ritenevano necessario accertare se l'indagato fosse in possesso di armi, apprendendo nella circostanza che effettivamente vi era un fucile regolarmente denunciato all'interno della cantina dell'abitazione. Secondo i verbalizzanti, nel caso di specie si configurerebbe l'ipotesi di omessa custodia di armi ai sensi articolo 20 bis della legge numero 110/1975, in quanto l'arma era tenuta all'interno di un armadio con le ante aperte e privo di serratura ed inoltre le chiavi della cantina erano a disposizione del tutto il nucleo familiare coabitante. Segnalavano inoltre che il commissariato San Fruttuoso, a tergo della denuncia presentata a suo tempo, aveva inserito la prescrizione di custodire l'arma all'interno idonea cassaforte dotata di combinazione. A parere del sottoscritto non sussiste l'ipotesi di omessa custodia di armi né in relazione all'articolo 20 bis né in relazione all'articolo 20 della citata legge. Si osserva in proposito che più volte la Corte di cassazione ha avuto modo di pronunciarsi in merito alla custodia delle armi ed ha precisato che solo le persone titolari di licenze di fabbricazione o di raccolta di armi sono tenute a dotarsi di particolari dispositivi antifurto, che devono essere oggetto di specifica prescrizione da parte dell'autorità, mentre in tutti gli altri casi la legge prescrive esclusivamente una custodia diligente, secondo un criterio di comune prudenza (ex pluribus Sez. 1, Sentenza n. 47299 del 29/11/2011, Imputato: Gennari). Per quanto riguarda la prescrizione apposta sul retro della denuncia, che potrebbe astrattamente integrare la violazione dell'articolo 9 tulps, sanzionato dall'articolo 17 del medesimo testo unico, si osserva che i poteri attribuiti all'autorità di pubblica sicurezza dal citato articolo 9 hanno efficacia integrativa della legge ma non possono andare in contrasto con la legge medesima. Ora, il principio acquisito che la dotazione di sistemi antifurto sia riservata esclusivamente a una specifica categoria di detentori, per l'appunto quelli che sono titolari di una licenza di fabbricazione oppure di una licenza di raccolta o di collezione di armi non pare possa essere derogato con un semplice atto amministrativo; pertanto, l'estensione a tutti i detentori di armi, senza alcuna specifica motivazione (quale potrebbe essere quella legata al notevole numero delle armi detenute o alle particolari condizioni ambientali in cui le stesse devono essere custodite), a parere del sottoscritto, si configura come una prescrizione del tutto illegittima, non vincolante per l'autorità giudiziaria nella sua valutazione della rilevanza penale del fatto. Per quanto riguarda il rischio, segnalato dai verbalizzanti, che l'arma fosse accessibile a tutti i componenti del nucleo familiare, stante la disponibilità delle chiavi, tale elemento non costituisce ragione per sostenere che il prevenuto abbia violato l'articolo 20 bis della legge numero 110/1975. Infatti, tale disposizione fa divieto di consegnare o di rendere agevole l'impossessamento di armi rispetto a persone di minore età, incapaci o imperite. Nel caso di specie, non risulta affatto che i componenti del nucleo familiare dell'indagato fossero di minore età o incapaci, per vizio di mente o per altra causa, e neppure, per la verità, che gli stessi fossero "imperiti". Per quanto riguarda il concetto di persona "imperita", lo stesso va rapportato alle specifiche circostanze del fatto; si deve ritenere, infatti, integrato il reato di cui all'articolo 20 bis nel caso in cui un'arma carica venga lasciata incustodita e in condizioni tali che una persona, anche se non minore di età o incapace, per la sua scarsa conoscenza dell'uso delle armi potrebbe causare o procurarsi lesioni. Nel caso in esame, invece, l'arma era custodita all'interno della cantina, chiusa a chiave, non risulta che l'arma fosse carica e comunque l'accesso all'arma da parte dei familiari, maggiorenni e capaci, avrebbe richiesto una determinazione volontaria da parte degli stessi. Si vuole sottolineare, a tale proposito, che non è assolutamente pensabile che il detentore di un'arma debba nasconderla ai propri familiari, capaci e maggiorenni, solo perché questi non abbiano una particolare perizia nell'uso delle armi; quello che si richiede rispetto a tali soggetti è soltanto di non creare situazioni di pericolo, ad esempio lasciando un'arma carica e pronta all'uso sul tavolo della cucina. Si vuole ulteriormente sottolineare come l'autorità di pubblica sicurezza non abbia alcuna necessità di ricorrere a strumenti processualpenalistici per garantire la sicurezza delle persone, nel caso in cui per particolari comportamenti, come quello di un tentato suicidio, si abbia motivo di temere che un individuo non risponda più ai requisiti psicofisici per la detenzione o il porto delle armi. In tal caso infatti è possibile richiedere la revoca della licenza di porto d'armi e, per quanto riguarda la detenzione, vi è l'espressa previsione dell'articolo 39 tulps, che attribuisce al prefetto la facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni materie esplodenti denunciate alle persone ritenute capaci di abusarne; tale potere può e deve essere esercitato sulla base della segnalazione di qualsiasi autorità di polizia.

P. Q. M.
IL PUBBLICO MINISTERO,

visti gli artt. 408 c.p.p. e l'art. 125 delle norme di attuazione al codice,

C H I E D E

che il G.I.P. voglia disporre l'archiviazione del procedimento; manda alla Segreteria per quanto di competenza.
Genova, 20 marzo 2013.
IL SOSTITUTO PROCURATORE DELLA REPUBBLICA - Dr. Biagio Mazzeo -

Nota: Saggia richiesta, accolta dal GIP e formulata dal Dr. Biagio Mazzeo, noto cultore del diritto del armi. La questione giuridica è ovvia oper gli esperti, ma purtroppo bande di ufficiali di PG insistono a formulare accuse strampalate solo per gonfiarele loro statistiche, in ciò spinti dai loro stessi superiori gerarchici! E i giudici stanno a guardare e nessuno sente il dovere di chiamare questi imbecilli e dir loro di darsi una calmata, perché provocano danni alla pubblica amministrazione ed ai cittadini. Forse perché non sono da meno: ricordo un caso personale in cui avevo raccomandato alla polizia giudiziaria di non far denunzie avventate e un procuratore capo, ammalato di protagonismo, si era lamentato perché, a suo dire,spettava a lui di decidere ciò che era reato o no! Come dire: mandatemi la carta igienica sporca perché sono io che decido se c'è stato inquinamento doloso!


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