Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Il telefonino cellulare è un'arma - Cass. 7385/23   - Angelo Vicari

  Nel 2019, prendendo spunto dalla sentenza della Cassazione che aveva classificato come arma impropria un semplice accendino, avevamo espresso, su questo stesso sito (Accendino arma impropria. Cassazione n. 1709/2019), perplessità su tale decisione, evidenziando quante e quali difficoltà incontra l’uomo della strada nella individuazione di strumenti od oggetti, anche di uso comune, il cui porto, di per sé libero, diventa improvvisamente vietato in determinate situazioni; questo perché l’art. 4, c. 2, seconda parte, della L. n. 110/75, stabilisce che un qualsiasi generico ed innominato strumento, diverso da quelli considerati espressamente come armi da punta o da taglio, se chiaramente utilizzabile per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona, si considera arma impropria.
    Si badi che l'art. 45 del Reg, TULPS parla solo di strumenti, come infatti erano, scrivendo: Non sono considerati armi gli strumenti da punta e da taglio, che, pur potendo occasionalmente servire all'offesa, hanno una specifica e diversa destinazione, come gli strumenti da lavoro, e quelli destinati ad uso domestico, agricolo, scientifico, sportivo, industriale e simili.
Il legislatore ha poi usato il termine strumento nel codice penale, art. 585 e nell'art. 4 della L. 110/1975 intitolato "Porto di oggetti atti ad offendere", il che rende manifesto che il termine strumento si riferiva solo ad una categoria speciale di oggetti e che il legislatore si è ben reso conto della differenza fra oggetti e strumenti, tanto che nel terzo comma dell'art. 4 commina una pena inferiore nel caso di porto di oggetti invece che di strumenti. Ed ha espressamente indicato che cosa intende per oggetti, da vietare anche se non sono strumenti, elencandoli espressamente: mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche.
    Sia chiaro che quando in una legge vengono indicati due termini all'interno di una stessa categoria, l'interprete non è mai autorizzato a ritenere che il legislatore si sia confuso e che abbia voluto indicare una cosa sola. Il termine strumento nella lingua italiana indica qualunque arnese necessario per compiere determinate operazioni o per svolgere un’attività. E il Tommaseo, con la sua solita lucidità linguistica precisava "l'ordigno, cioè il mezzo meccanico elementare, obbedisce, lo strumento eseguisce, Quindi non una cosa che ci si ritrova in mano solo perché essa lo contiene, ma una cosa che svolge la sua funzione solo in quanto impugnato, in quanto opera in unione con la mano.
    Il legislatore, dopo aver inserito poi nella categoria delle armi improprie con elencazione tassativa non ampliabile per analogia, una serie di strumenti e cioè ogni strumento da punta e da taglio purché atto ad offendere  (ad es. robuste forbici, un ombrello con puntale appuntito, un punteruolo) e i bastoni con puntale acuminato, aggiungeva alcuni specifici oggetti quali mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche. Le mazze sono considerate armi proprie quando hanno come unica destinazione l'offesa alla persona; qui il legislatore ha inteso riferirsi alle mazze da lavoro o sportive. Le fionde sono finite fra gli oggetti perché necessario complemento di bulloni e biglie di acciaio. Infine ha stabilito che si si considera arma impropria ogni strumento di uso comune, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l'offesa alla persona.
    Per capire tutto questo non serve affatto un giurista, ma solo una persona che sappia leggere due frasi in lingua italiana senza andare in confusione; dote che manca ad alcuni giudici della Cassazione i quali sono arrivati a scrivere che noccoliere e tirapugni sono due cose diverse; i vocabolari dicono il contrario, ma un giudice è un superperito (peritus peritorum).
Quindi due dati sono certi e inoppugnabili per chiunque abbia studiato bene l'italiano al liceo e non all'istituto agrario (senza offesa perché là imparano e fanno cose molto più belle ed utili che lo scrivere!):
- il legislatore assimila alle armi improprie, in ragione delle circostanze d'uso, solo strumenti e non oggetti.
- lo strumento deve essere idoneo ad offendere.
    Rimangono quindi al di fuori della norma un sasso, una bottiglia spezzata, un coccio di vetro, un pezzo di legno, un tondino di ferro, una scatola di pomodori, ecc.
La riprova di ciò si ritrova nella introduzione fra gli strumenti atti ad offendere anche degli strumenti riproducenti armi seppure inerti e privi persino di ogni capacità lesiva contundente. Senza questa norma eccezionale essi non sarebbero stati strumenti, ma solo oggetti e quindi di libero porto in ogni occasione.
Voi direte: ma il legislatore ha studiato anche lui alla scuola agraria? La risposta è sì, spesso non si rende conto della realtà dietro le vuote formulette che usa e crea situazioni assurde. Ma il giudice non può forzare la legge; se vi trova degli errori la deve inviare alla Corte Costituzionale perché si creano situazioni irrazionali ed ingiuste.
    In effetti la Corte Costituzionale aveva rilevato l'indeterminatezza della formula usata dal legislatore nell’art. 4/110, siccome costringe il Giudice a operare la inserzione di un caso in una fattispecie molto ampia e di non agevole delimitazione (Corte Cost. n. 79/1982). Correttamente aveva però precisato che in relazione ad oggetti di uso comune (neppure la Corte Costituzionale ha colto la differenza fra oggetti e strumenti) era necessario accertare la non equivocità del proposito di arrecare tale offesa, accertamento da fare in relazione ai tempi ed ai luoghi.
    Ma se può avere difficoltà a raccapezzarsi lo stesso Giudice, come non può averne l’uomo della strada che esce di casa la mattina, non potendo sapere se improvvisamente lo strumento (o peggio, l'oggetto, come una scatola di pomodori) che ha in tasca o nella borsa della spesa, si trasforma in arma solo perché si trova fra persone che litigano o manifestato violentemente? Tale difficoltà è aggravata dalla constatazione che, a parte l’esigua dottrina, nemmeno la giurisprudenza suggerisce criteri concretamente validi, ma anzi…..
    Situazione aggravata dal fatto che il legislatore non ha stabilito chiaramente la regola, come avrebbe dovuto, che quando ci si picchia non si devono avere in mano oggetti  che aumentano la capacità lesiva delle mani, ma ha stabilito che è illecito il porto di certi oggetti al fine di usarli per ledere; vale a dire che in molti casi il motivo del porto per un uso futuro viene valutato da chi accerta il fatto: la Cassazione ha affermato che se un contadino ha un coltello e dichiara che sta andando dal panettiere per comperarsi  una pagnotta da mangiare in campagna, è lui a dover provare che avrebbe acquistato la pagnotta!
    Ancor oggi, dopo le trovate che le mani sono strumenti di caccia (Cass.139/2001) e che un accendino è una specie di lanciafiamme, non stupisce che la Cassazione abbia sentenziato che anche il telefono cellulare possa essere utilizzato come arma impropria (Cass. n. 7385/2023), per infliggere lesioni, sottoponendo, implicitamente, anche quest’ultimo oggetto alla regolamentazione dell’art. 4/110, senza però minimamente porsi il problema se esso sia uno strumento o un oggetto e se nel caso di specie ricorressero le circostanze di tempo e di luogo.
Inoltre se la legge stabilisce che il porto dello strumento diventa vietato se chiaramente utilizzabile per ledere, ciò significa che se una persona esce di casa con l'oggetto per usarlo per la sua funzione naturale, mai potrà essere accusato di averlo portato illegalmente se poi lo usa per ledere. Ed è l'accusa a dover fornire la prova che lo portava per ledere.
    La Cassazione in questi casi fa un ragionamento che non ha mai osato fare per le armi proprie. Se una persona, ospite di un amico, litiga con lui, prende un coltello dell'amico e lo colpisce, mai si è immaginato che egli in quel momento portasse illegalmente il coltello! Ed invece si è applicato l'art. 4 ad un tizio che in un bar aveva colpito una persona con un boccale di vetro presente sul bancone e che di certo non vi aveva portato lui!
    Purtroppo, la Cassazione, senza ombra di dubbi, si è convinta che il telefono cellulare rientrava nella specie degli strumenti da equiparare alle armi improprie trattandosi "di uno strumento di uso comune, nella specie utilizzato come corpo contundente e, pertanto, sicuramente idoneo nella sua idoneità offensiva". Con un po' di sforzo si comprende che volevano esprimere questo concetto: "siccome il cellulare è stato scagliato contro una persona e le ha provocato una ferita, vi è la prova che lo strumento era idoneo ad offendere", ma leggendo la loro frase da istituto agrario sembra di capire che se una persona tira un panino e quindi lo usa con la speranza di contundere, il panino diventa sicuramente idoneo ad offendere e quindi arma impropria!
    In questa frase, come diceva un antico proverbio, ci sono più difetti che in quell'asino che aveva quaranta difetti solo nella coda! Ed invero:
- se il cellulare sia uno strumento od un oggetto; è ovvio che è un oggetto perché la sua funzione si esaurisce in lui stesso;
- se il cellulare sia stato usato come strumento o come oggetto: è chiaro che se viene lanciato, viene usato come oggetto e non per le qualità lesive insite in un cellulare (a meno che non speri che esploda la batteria, come già avvenuto; oppure la Cassazione trova giusto che sia condannato chi lancia un cellulare e non chi lancia un sasso di mezzo chilo? Il bello è che la Cassazione ritiene non solo che sussista l'aggravante dell'uso di arma, ma anche il reato di porto di uno strumento senza giustificato motivo. Con la conseguenza che chi usa il cellulare risponde di lesioni aggravate e del porto di arma, mentre invece chi raccoglie sul posto un sasso e fracassa la testa all'avversario risponde solo di lesioni semplici!
- il cellulare non era stato certamente messo in tasca con lo scopo di andarlo a tirare in testa ad altri.
- Si dà per pacifica l'idoneità ad offendere di un cellulare visto che nel capo specifico ha leso. Purtroppo i giudici hanno dimenticato che la stessa Corte Costituzionale aveva indicato il criterio della idoneità degli strumenti all’offesa alla persona, per cui, per classificare armi improprie gli strumenti/oggetti di uso comune, non si può prescindere dal requisito della minima, intrinseca potenzialità della capacità di offesa, cioè l’idoneità all’offesa alla persona (Corte Cost. n. 79/1982).  Ed invero, tale criterio era stato applicato anche dalla Cassazione (Cass. n. 723/2003), stabilendo la necessità di un giudizio prognostico sulla capacità di un oggetto di essere potenzialmente usabile per l’offesa (Cass. n. 918/2010). In altre parole: il giudizio non può essere fatto a posteriori (post hoc, propter hoc).
- Si ignora che la norma richiede la volontà di portare lo strumento al fine di produrre lesioni servendosi della potenzialità offensiva dello strumento. È chiaro che chi voglia infliggere lesioni non utilizzerà mai strumenti/oggetti che non abbiano la minima potenzialità di offesa. Così non potrà considerarsi aggravato il reato di lesioni per uso di arma impropria, quando ci si sia serviti di un semplice ombrello ripiegabile. Invece, sarà arma un ombrello al quale sia stata affilata la punta di metallo (la prova della volontà), per utilizzarlo come strumento per l’offesa.
    Sinceramente poi, anche se non siamo sommi giuristi della Suprema Corte, ma come praticoni, ci troviamo in difficoltà nel riconoscere al cellulare una idoneità offensiva, tenuto anche conto di quanto sempre più sottili e leggeri siano diventati tali oggetti; la lesione che può provocare può essere solo infima, molto minore di quella che può provocare la mano nuda. A questa stregua se si ha un anello al dito e si graffia una persona dandole uno schiaffo, ci si ritrova ad usare un'arma ed a rispondere di lesioni aggravate (perseguibili d'ufficio!) invece che di percosse.
Sinceramente, non riusciamo a capire la scelta della Suprema Corte di voler aggravare i reati, riconoscendo agli strumenti/oggetti usati la qualità di armi improprie, anche se spesso si tratta di strumenti/oggetti di uso comune che, per la loro stessa intrinseca struttura, nessuno penserebbe di usare come tali.
    Con questa scelta si corre il rischio di ricomprendere nelle armi improprie qualunque strumento/oggetto, con la conseguenza che nessuno oggetto di uso comune si sottrarrebbe alla possibilità di essere classificato come arma impropria.
    Eppure la recente giurisprudenza della Cassazione ha ribadito (è il caso del boccale di cui sopra, (Cass. n. 3342/2023) che per arma impropria deve intendersi qualsiasi oggetto, anche di uso comune e privo di apparente idoneità all’offesa, che sia in concreto utilizzato per procurare lesioni, giacché il porto cessa di essere giustificato nel momento in cui viene meno il collegamento immediato con la sua funzione per essere utilizzato come arma.

    I giudici avrebbero trovato una miglior fonte di ispirazione se avessero fatto riferimento al citato criterio della Corte Costituzionale secondo cui la individuazione e qualificazione di strumenti/oggetti come armi improprie non può prescindere dalla compresenza di due requisiti:
- la intrinseca, seppur minima, capacità di ledere, cioè la possibilità, da parte di chiunque, di infliggere lesioni più gravi di quelle che potrebbero essere procurate a mani nude;
- la volontà di usare lo strumento per offendere, come detto sopra: molte volte un oggetto viene lanciato in segno di spregio o di dispetto e chi lancia non si raffigura affatto una sua capacità lesiva e manca il dolo di ledere.
    Infine, l’affermazione della Suprema Corte che, per classificare armi improprie gli oggetti non indicati in dettaglio, cui si riferisce l’ultima parte del secondo comma dell’art. 4/110, occorre la condizione che essi appaiano chiaramente utilizzabili, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona (Cass. n.13001/2021), non tiene conto del citato criterio della Corte Costituzionale, cioè l’idoneità dello strumento/oggetto all’offesa alla persona. Infatti, l’aspettare, nottetempo, l’amante della moglie sotto la sua abitazione,  muniti di un mattone di polistirolo espanso, non è che automaticamente qualifica come arma impropria tale oggetto, anche se appaia chiara, per le circostanze di tempo e di luogo, l’intenzione di offendere l’avversario in amore.
    Comunque, considerato il costo dei cellulari sempre più sofisticati, in caso di lesioni con tale oggetto, si potrebbe invocare la non punibilità dell’imputato per incapacità di intendere e di volere !...

    Forse la norma non è incostituzionale, ma la lettura che ne dànno i giudici, la è senz'altro.

Firenze 9 maggio 2023                                                ANGELO VICARI

Per approfondimenti , in questo stesso sito, Oggetti e strumenti atti ad offendere.

 

 

 

Sent n. 7385-23  del 3\-11-1022
RITENUTO IN FATTO
l.Con la sentenza impugnata II Giudice di pace di Salerno ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di  *** in relazione al reato di cui all'art 582 cod. pen. in quanto improcedibile per intervenuta remissione di querela.
2. Il Procuratore generale presso la Corte di Appello di Salerno ricorre, in data 28/04/2022, deducendo un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.:
2.1 violazione di legge, in riferimento all'art. 582, comma secondo, 585 cod. pen., ai sensi dell'alt. 606 lett. b), cod. proc. pen., in quanto nel capo di imputazione risulta contestata in fatto la circostanza aggravante dell'arma impropria - nella specie, un telefono cellulare scagliato contro la persona offesa - , il che rende il reato perseguibile di ufficio.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso del P.G. è fondato e, pertanto, va accolto.
Alla luce della giurisprudenza di questa Corte di legittimità, cui il Collegio intende dare continuità, va ribadito come anche un telefono cellulare possa essere utilizzato coma arma impropria.
In tal senso, infatti, la circostanza aggravante emerge evidente dalla realizzazione di una condotta lesiva attraverso l'uso di uno strumento di uso comune, nella specie utilizzato come corpo contundente e, pertanto, sicuramente idoneo nella sua idoneità offensiva (Sez. 5, n. 17942 del 07/02/2020, Delli Santi Salvatore, Rv. 279174; Sez. 5, n. 8640 del 20/01/2016, P.G. in proc. R., Rv. 267713).
Nel caso in esame, peraltro, l'uso del telefono cellulare, scagliato contro la persona offesa, risulta chiaramente descritto dal capo di imputazione, con conseguente competenza per materia del Tribunale in relazione alla contestata fattispecie. Ne discende, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata senza rinvio, con la trasmissione degli atti al pubblico ministero territorialmente competente, per quanto di competenza.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno per quanto di competenza.
Così deciso in Roma, il 30/11/2022

 


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