Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Bossoli usati di munizioni da guerra. Cassazione n.4178/2020 (Angelo Vicari) 

NOTA: Si veda ora, 15 aprile 2020, il passo indietro della Cassazione  

Abbiamo dovuto più volte riscontrare che la regolamentazione della detenzione di bossoli usati per armi da guerra, nonché di munizioni inerti in genere, non ha mai avuto una particolare attenzione da parte del Ministero dell’Interno.
In merito siamo riusciti a rintracciare solo due circolari, oramai datate.
La prima risale al 1982 (13 luglio) ed è relativa alla Demilitarizzazione di pallottole e bossoli, con la quale si stabiliva che per la demilitarizzazione delle munizioni sia comuni che da guerra, per ottenere che siano esentate dalla vigente disciplina, sarà necessario che le stesse siano disattivate in modo permanente e irreversibile, in modo da costituire semplici simulacri.
La seconda circolare è del 1999 (22 marzo), relativa al quesito Bossoli per armi portatili da guerra sparati. Con quest’ultima veniva stabilito che i bossoli risultanti dallo sparo di munizioni per arma da guerra non possono essere considerati parti di munizioni per armi da guerra, mancando il requisito della destinazione espressamente previsto dall’art. 1, comma 3, della legge n. 110/1975; ad essi, piuttosto, appaiono applicabili le previsioni di cui all’art. 97 del Regolamento del T.U.L.P.S. (liberamente detenibili in numero illimitato, ancorché preinnescati), posto che la loro disponibilità derivi da ordinaria procedura di alienazione da parte dell’Amministrazione della Difesa o da rinvenimento quali res derelictae.
Purtroppo l’indirizzo del Ministero, con il passare del tempo, non è stato avallato dalla giurisprudenza. Infatti, anche di recente, la Cassazione (Sez. I, n. 4178/2020), ha ribadito che, ai fini della configurazione del reato di detenzione di munizioni da guerra di cui all’art. 2 della legge n. 895/1967, è da considerarsi tale anche la detenzione di bossoli, anche se esplosi, relativi a munizioni da guerra, non essendo necessario che si tratti di munizioni atte all’impiego, dovendosi invece considerare sufficiente la loro originaria e normale destinazione. In effetti, in base all’art. 1, comma 3, della legge 110 del 1975, sono munizioni da guerra le cartucce e i relativi bossoli, i proiettili o parte di essi destinati al caricamento delle armi da guerra. In tal senso si era già espressa la Cassazione nel 2019 (Sez. I, n. 15086).
L’aspetto interessante di tale sentenza è l’esplicito richiamo alla circolare del 1999.
Infatti, viene evidenziato che quest’ultima così come formulata, non può derogare né svolgere una funzione integratrice della nozione di munizione da guerra contenuta nella norma  di rango superiore, quale è quella di cui all’art. 1, comma 3, della legge n. 110 del 1975, né efficacemente contrastare la consolidata interpretazione fornitane da questa Corte che ha ripetutamente spiegato come, per la configurazione del reato di detenzione di munizioni da guerra, non sia necessario che esse siano atte all’impiego, dovendosi prescindere dalla loro efficienza e considerare sufficiente la loro originaria e normale destinazione.
Quindi, stante una tale giurisprudenza, nessun appassionato di reperti bellici o che, semplicemente, sia in possesso di un bossolo di munizione per arma da guerra, può più dormire sonni tranquilli, trincerandosi dietro la circolare del 1999.
Inoltre, considerata l’interpretazione restrittiva della Cassazione, sorgono giustificati dubbi anche sulla liceità della libera detenzione di bossoli o munizioni bucate, ritenendo che tale intervento possa far classificare questi ultimi meri simulacri.
Tali dubbi, a parte la libera detenzione di bossoli per armi comuni prevista dall’art. 97 del Regolamento di esecuzione del T.U.L.P.S., riguardano anche i detentori di munizioni per armi comuni sulle quali sia stato effettuato il suddetto intervento, mancando, nella oramai datata circolare del 1982, qualsiasi seppur minima indicazione sugli interventi da fare per rendere una munizione da guerra o comune semplice simulacro.
Dunque, riteniamo che, oramai, il Ministero debba rivisitare le datate circolari, alla luce della consolidata giurisprudenza della Cassazione. Infatti, è necessario che sia fatta chiarezza non solo sulla detenzione di bossoli usati per armi da guerra, ma anche sulle operazioni da effettuare sulle munizioni in genere per renderle detenibili senza particolari formalità.
Se per tale rivisitazione non si potrà far ricorso al Regolamento di esecuzione UE, n. 337/2018, siccome quest’ultimo fa riferimento esclusivamente alle tecniche di disattivazione delle sole armi, invece si potrà far ricorso al Decreto del Ministero della Difesa del 1 luglio 2019, relativo all’elenco dei materiali d’armamento, di cui alla legge n.185/1990. Infatti, in quest’ultimo è previsto che non rientrano in tale categoria anche le munizioni con bossolo forato.
Sulla necessità che tale materia possa essere regolata con circolari, pur in mancanza di esplicite previsioni normative, si possono avere dubbi considerato che i giudici devono applicare solo le leggi (art. 101 Costituzione).
Comunque, è opportuno richiamare l’attenzione sulla sentenza in commento, nella parte in cui si nega valore alla circolare del 1999, ma usando la precisazione così come formulata. Sembrerebbe di capire che la circolare in argomento non può derogare né svolgere una funzione integratrice dell’art. 1 della legge 110, siccome mancante di adeguate motivazioni tecnico-giuridiche idonee a formulare una interpretazione corretta della normativa.
Quindi, in mancanza di chiare e particolari disposizione di legge in materia, abbiamo motivo di ritenere che una circolare, adeguatamente motivata e formulata, possa essere di aiuto sia a chi deve osservare la legge , sia a chi deve applicarla, perlomeno per una adeguata valutazione dell’elemento soggettivo del reato.

Firenze 1 marzo 2020                                                     ANGELO VICARI

La Sentenza

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Reggio Calabria confermava quella del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria di condanna di Martino Lorenzo Alberto alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione per i delitti di illecita detenzione di un silenziatore per arma da fuoco, detenzione di due fucili clandestini ed alterati, ricettazione di tali armi, detenzione di munizioni da guerra e detenzione di munizioni per arma comune da sparo. Il processo era sorto a seguito di una perquisizione domiciliare.
Si limita l'esposizione alle circostanze rilevanti alla luce dei motivi di ricorso.
Le munizioni da guerra oggetto dell'imputazione sub e) erano 28 bossoli esplosi, di cui 23 uniti a nastro metallico e appesi al muro del corridoio dell'abitazione. L'imputato aveva rivelato che si trattava di ricordo del servizio militare prestato; la difesa aveva sottolineato la loro inutilizzabilità e la loro inidoneità al reimpiego per cartucce utilizzabili in arma da guerra.
La Corte territoriale richiamava la perizia balistica, che aveva dimostrato la destinazione d'uso militare ed applicava la giurisprudenza di legittimità secondo cui, per l'integrazione del delitto di detenzione di munizioni da guerra, non è necessario che le munizioni siano atte all'impiego.
Veniva respinto il motivo di appello che invocava la concessione delle attenuanti generiche: la Corte riteneva che la confessione dell'imputato non valesse ad elidere la pericolosità sociale della condotta, di particolare allarme sociale in ragione della tipologia di armamenti detenuti.
2.   Ricorre per cassazione il difensore di Lorenzo Alberto Martino, deducendo, in un primo motivo, violazione dell'art. 192 cod. proc. pen. e vizio di motivazione con riferimento alla condanna per il delitto di cui al capo e) dell'imputazione (detenzione di munizioni da guerra).
Il ricorrente ribadisce che tutti i bossoli rinvenuti nel corso della perquisizione, prodotti nel 1988, erano esplosi: si trattava di cimeli di ricordo del servizio militare prestato dall'Imputato. La Corte territoriale non aveva tenuto conto dell'inoffensività dei bossoli da guerra esplosi, del lungo tempo trascorso dalla loro produzione, della mancanza di polvere da sparo e della circostanza che i bossoli non erano stati ricaricati.
Il ricorrente richiama una circolare del Ministero dell'Interno sulla natura dei bossoli ricaricati e invoca la buona fede dell'imputato, che non aveva mai pensato che la detenzione di tali bossoli potesse costituire reato, tanto da appenderli in bella vista all'interno dell'appartamento.
In un secondo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al diniego delle attenuanti generiche, sottolineando l'incensuratezza dell'imputato e ricordando la confessione resa, il suo comportamento corretto durante la detenzione e la mancanza di legami con la criminalità organizzata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
1. La giurisprudenza costante di questa Corte, anche recentemente ribadita, afferma che configura il reato di cui all'art. 2, legge 2 ottobre 1967, n. 895, la detenzione di bossoli, anche se esplosi, relativi a munizioni da guerra, non essendo necessario che si tratti di munizioni atte all'impiego, dovendosi invece considerare sufficiente la loro originaria e normale destinazione (da ultimo, Sez. 1, n. 15086 del 19/06/2018 - dep. 05/04/2019, Dimitri, Rv. 276389).
In effetti, in base all'alt. 1, comma 3, della legge 110 del 1975, sono munizioni da guerra le cartucce e i relativi bossoli, i proiettili o parti di essi destinati al caricamento delle armi da guerra. Quindi, la qualità di munizione da guerra è collegata alla sua destinazione originaria che, nel caso di specie, non è in contestazione.
La sentenza da ultimo citata affrontava anche la rilevanza della circolare del Ministero degli Interni menzionata nel ricorso, con una motivazione che appare opportuno riportare: "Nessun profilo di illegittimità può, poi, fondatamente ravvisarsi nella sentenza impugnata, per avere i giudici di merito implicitamente ritenuto non decisive le osservazioni espresse dall'evocata circolare del Ministero dell'Interno (n. 559/C-50,133-E.99), secondo cui il bossolo esploso di arma portatile da guerra non può essere considerato parte di munizione di arma da guerra perché non sarebbe più destinabile al caricamento di armi da guerra. Una circolare ministeriale, così come formulata, non può derogare né svolgere una funzione integratrice della nozione di munizione da guerra contenuta nella norma di rango superiore, quale è quella di cui all'art. 1, comma 3, della L. n. 110 del 1975, né efficacemente contrastare la consolidata interpretazione fornitane da questa Corte regolatrice che ha ripetutamente spiegato come, per la configurazione del reato di detenzione di munizioni da guerra, non sia necessario che esse siano atte all'impiego, dovendosi prescindere dalla loro efficienza e considerare sufficiente la loro originaria e normale destinazione (tra le molte: Sez. 1, n. 23613 del 09/04/2014, Palumbo, Rv. 259619; Sez. 1, n. 35106 del 31/05/2011, Fanale, Rv. 250788; in termini, quanto alla detenzione di bossoli esplosi relativi a munizioni da guerra: Sez. l,,n. 22655 del 21/02/2008, Martini

La buona fede dell'imputato, infine, altro non è che ignoranza della legge penale.
2. Anche il motivo di ricorso concernente il diniego delle attenuanti generiche è infondato.
La Corte territoriale, legittimamente, ha ritenuto prevalente il dato della gravità e pericolosità della condotta sull'incensuratezza e sugli ulteriori elementi positivi evidenziati dalla difesa; il giudizio di gravità e pericolosità è legato alla natura delle armi: due fucili a canne mozze con matricola abrasa e un silenziatore per arma da fuoco.
Si tratta di valutazione per la quale il giudice di merito ha esercitato in maniera niente affatto irragionevole la sua discrezionalità e che, quindi, è esente da censure di legittimità
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 18 dicembre 2019.

NOTA DI E. MORI
Sono sentenze sconvolgenti; cose che vien da chiedersi se non sia il caso di creare il martirologio degli innocenti martirizzati dalla cassazione.
Sono venti anni che i bossoli usati, civili o militari sono liberi, venduti anche come ferrivecchi, sono venti anni che tutti li detengono, li raccolgono, li comperano, li vendono. Ovviamente in base a norme di legge abbastanza chiare da essere capite da tutti. Poi arriva un imbecille che fa un verbale di sequestro e si inventa un reato e per altri imbecilli e quello diventa il vangelo da sostenere a spada tratta fino in Cassazione; che sa solo mettere l'ultimo chiodo della croce di questa catena e va a studiare ciò che la Cassazione ha detto in tempi storici, sulla base di norme ormai superate.
E di fronte alla doverosa argomentazione della difesa che si era di fronte ad una palese caso di buona fede, baasta su atti ufficiali, la cassazione se ne esce con la solita bufala che si tratta di ignoranza della legge non scusabile. Facendo così strame della sentenza della Corte Costituzionale  la quale ha riconosciuto che il negare il valore della buona fede è cosa contraria ai principi costituzionali e forse anche alla Carta dei diritti umani.
Se vedete gli ultimi articoli su questo sito trovare che in breve tempo la Cassazione, solo in materia di armi, ha condannato quattro perfetti innocenti. Altro che parlare di ignoranza della legge.  È ora di parlare dell' ignoranza dei giudici divenuti dei meri passacarte che mai si pongono la domanda se fanno giustizia o il plotone di esecuzione.

Sulla questione dei bossoli si venda l'ampia sentenza scritta nel 2005 dal compianto dr. Lo Curto, sul punto ripresa al Convegno giuridico EXA sulla disciplina delle armi, tenutosi a Brescia nel 2007, Orientamenti giurisprudenziali in tema di bossolame ed inerti, ovvero come allontanare anche per questa via la realtà giuridica dalla sostanza delle cose.

 

 

 

 


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