Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Ricarica di cartucce e FAQ della P.S.

Scrivevo qualche mese fa  che “Ormai trovare scemate nelle circolari del Ministero è divenuta una cosa talmente costante da non dare più alcuna soddisfazione. E' come trovare la cacca dei cani sui marciapiedi”.  Questa volta però la cosa è molto più grossa; si potrebbe definire un fecaloma!
Fra le FAQ del sito della Polizia di Stato è comparsa la seguente perla:
La ricarica per uso personale delle munizioni è una pratica consentita. Tuttavia, si può parlare di "ricarica" quando, dopo aver sparato le munizioni regolarmente acquistate e denunciate, la persona provveda a "ricaricarle", andando così a ripristinare l'originario quantitativo detenuto. Diversamente, qualora cioè si andasse a produrre la propria dotazione di cartucce, specie se di tipo non reperibile in commercio, si darebbe luogo ad una diversa attività, riconducibile alla "fabbricazione" delle munizioni, con tutto ciò che ne discende (idonea licenza di P.S., locali di fabbrica e deposito ecc… ). Si deve ritenere, quindi, che l'originaria dotazione di munizioni da inserire in denuncia deve provenire da un acquisto eseguito presso un'armeria, con relativo modulo di rilevazione armi prodotto dall'armiere da allegare alla denuncia. Solo in seguito il reintegro delle munizioni consumate potrà aver luogo con l'attività di ricarica.

Ora io mi rendo conto che molti hanno preso la laurea in legge con i crediti (per chi non lo sapesse in certe università, il fatto di aver prestato servizio di PS a controllare  extracomunitari viene (o veniva, fino a poco tempo fa) equiparato ad una ventina di esami e si poteva prendere la laurea in giurisprudenza superando solo altri cinque  o sei esami!); e che se hanno controllato bene gli extracomunitari  la prendono anche a pieni voti. Mi rendo conto che alcuni per far carriera devono fare i sindacalisti e altri darsi alla politica e non possono studiare, ma il fatto è che la capacità di capire il diritto è un dono e si può uscire dall’università con la lode, dopo aver imparato come i pappagalli qualche libro a memoria, eppure restare dei perfetti incapaci. Ai concorsi per la magistratura metà di quelli che hanno i pieni voti vengono mandati a casa perché non sanno scrivere senza errori di italiano. È inutile studiare musica se non si ha orecchio e grande predisposizione e certi funzionari pubblici che spiegano le leggi sembrano dei sordomuti che pretendono di essere dei Pavarotti. È un peccato perché pochi elementi di una pubblica amministrazione, riescono a screditare intere categorie di funzionari capaci.
La risposta data fra le FAQ  è tipica di chi crede di essere un giurista perché applica le leggi; il guaio è costoro credono poterle applicare senza leggerle e senza capirle bene. Si dice nel Pentamerone che vi sono tre tipi di ignoranti “quelli che non sanno, quelli che non vogliono sapere, quelli che credono di sapere”. Al Ministero hanno quasi risolto il mistero della Trinità perché riescono a riunire le tre forme di ignoranza !
Vediamo ora il cumulo di sciocchezze infilate nella FAQ.
1) Si introduce la nozione di “fabbricazione di munizioni”: è una nozione sconosciuta alla nostra legislazione di sicurezza pubblica! Dio sa da dove sia venuta a qualcuno l’idea  che esista una licenza per fabbricazione di munizioni o il reato di illegale fabbricazione di munizioni (vi sono norme per le munizioni da guerra, ma non ci riguardano perché non è mai successo che sia stata fatta la carica casalinga di obici, salvo che nella striscia di Gaza!).
Il T.U. di P.S. regola esclusivamente la detenzione di esplosivi per i più disparati usi, compreso il caricamento di proietti militari), ma non si è mai sognato di regolare in modo autonomo l’attività di fabbricazione di munizioni: se esse si caricano usando i quantitativi di polvere legalmente detenuti, è più che sufficiente il controllo sulla polvere e basta avere le autorizzazioni per la sua detenzione e deposito. L’unico articolo che regola la materia è l’art. 47 del TULPS, inserito nel Capo V “Della prevenzione di infortuni e disastri”, chiaramente destinato a controllare non la produzione di cartucce, ma l’impiego sicuro di polveri ed esplosivi. Le norme sul controllo della produzione delle cartucce non sono norme statali, ma norme del CIP, come stabilito non molto tempo fa con la legge 6 dicembre 1993 n. 509. Il Codice Penale non parla mai di fabbricazione di munizioni, ma ne regola solo la detenzione illegale; la Cassazione ha sempre affermato che le norme penali sugli esplosivi non si possono estendere alle munizioni.
2) La legge citata sui compitii del CIP e del Banco di Prova espressamente (art. 5) distingue i fabbricanti (cioè chi produce cartucce a livello industriale) dai caricatori “non in serie" (cioè chi produce cartucce a livello artigianale per farne diretto commercio).
3) Il DM  21 settembre 1994 (mai pubblicato) regola espressamente i controlli sulle “munizioni caricate non in serie” definendole come le munizioni “caricate senza l’impiego di macchinario automatico “ e “destinate al mercato nazionale”.
Quindi già a questo punto si può affermare con certezza che nel caso del caricamento non industriale si può parlare solo di caricamento non in serie per usi commerciali e di caricamento non in serie per usi personali. Dire che un privato può arrivare ad essere accusato di fabbricazione industriale di munizioni in cucina è straparlare.
Veniamo quindi al caricamento per usi personali.
Da quando hanno inventato le cartucce è normale che chi ne ha bisogno se le carichi da solo, sia per risparmiare, sia per usare la carica che meglio si adatta alle sue necessità. Cosa tanto ovvia che il legislatore, fin dal 1940, ha ufficialmente autorizzato la detenzione di ben 5 kg di polvere da sparo e da sempre è stato libero il commercio di bossoli, palle, borre, ecc. Di recente sono stati liberalizzati anche gli inneschi.
Io mi rendo conto che l’esaltazione di aver ottenuto una laurea possa turbare le menti più deboli e che queste possano sentirsi trasfuse di scienza divina, come quando scende lo spirito Santo nel Conclave, che queste possano ritenersi predestinate a rivedere tutto ciò che hanno pensato e studiato centinaio di giuristi prima di loro (al Ministero dell’Interno è già successo), ma mi pare eccessivo sostenere che dal 1940 al 2009 al Ministero, nelle Questure, nelle Stazioni dei Carabinieri, nelle Università, nella Giustizia, vi siano stati solo degli incapaci i quali non sono riusciti a cogliere la sottile differenza fra carica e ricarica: bisognava aspettare il Messia della PS!
La differenza non esiste perché la legge non parla né di carica né di ricarica; essa presuppone il fatto naturale che le cartucce si possono  o comperare oppure caricare in casa; che poi il cittadino con pochi soldi preferisca usare bossoli già sparati e quindi ricaricarli, oppure comperarsi dei bei bossoli nuovi, sono fatti suoi   in quanto i bossoli sono pezzi di cartone, alluminio, ottone del tutto liberi fin da quando li hanno inventati e neppure il Ministero, nel suo delirio di controllo, può pretendere di stabilire che cosa uno deve usare.
La FAQ però è andata ben oltre nel suo stravolgimento della realtà e della lingua italiana: nella FAQ ci si inventa che la parola “ricaricare” non vuol dire prendere i vari componenti di una cartuccia e metterli assieme ma vuol dire (udite, udite!) “ripristinare il numero di cartucce che si aveva in precedenza”. Ci pensate? Qualcuno ha creduto che 100 anni orsono usassero la parola "ricarica" nello stesso senso in cui ora la si usa per il telefonino o il Bancomat!
La realtà giuridica, pacifica in base anche alla giurisprudenza, è che:
- chi compera e denunzia la polvere può caricare tutte le cartucce che vuole, rispettando i limiti numerici stabiliti.
- le cartucce caricate non vanno denunziate; a parte ogni fantasticheria giuridica, si consideri che le cartucce sono destinate ad essere consumate in tempi rapidi e che non vi è alcuna ragione di andare a denunziare di aver caricato 200 cartucce che poi il giorno dopo non esisteranno più. Inoltre, anche se dovessero essere denunziate, chi le carica ha   almeno due giorni per denunziarle; penso che solo un funzionario del ministero sarebbe tanto sciocco da andare a dire, a chi lo controlla, che le aveva caricate già tre giorni prima!
- il reintegro della polvere non va mai denunziato.
- La Cassazione ha detto che se sono esenti da denunzia mille cartucce a munizione spezzata, vuol dire che è libera  anche la detenzione della polvere per caricarle e cioè 1.785 grammi.

Se i furbetti del quartierino che, in alcuni uffici della P.A, pensano di poter far carriera  vessando i cittadini con interpretazioni esasperate della legge, fossero in grado di sgomberare il cranio dal ciarpame giuridico che vi hanno messo e di ragionare da persone normali, si renderebbero conto che il controllo sulle munizioni è la cosa più inutile che ci sia.
Non ho mai visto casi di delitti gravi in cui il problema per il delinquente sia stato quello di procurarsi le munizioni e la cosa è ovvia perché non si può controllare un bene di consumo: chiunque compera, detiene, usa, carica, cartucce di qualsiasi tipo, può spararle o cederle. E il delinquente non ha bisogno di chili di cartucce, ma al massimo di 5 o 6 colpi da mettere in un caricatore. Spesso ho visto munizioni in possesso di civili che provenivano dalla PS o da CC. Ma allora, non sarebbe più utile mandare tutti i funzionari addetti a controllare le munizioni, a fare ciò che facevano prima di  laurearsi e cioè girare per le strade a controllare davvero i criminali?
Domanda retorica perché i furbetti hanno capito che le statistiche si possono rimpolpare anche stando seduti in poltrona a contare se un cittadino ha in casa 200 cartucce oppure, maledetto criminale, ben 201. Motivo più che sufficiente per ritirare al poveretto armi e licenze e vantarsi poi che "aumenta la sicurezza perché diminuiscono le armi e le licenze di porto".
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In questo sito è già parlato di ricarica alla pagina
www.earmi.it/diritto/leggi/ricarica.htm

(6-2-2009)

 

 


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