Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Trattato del diritto della caccia - Le sanzioni amministrative

Voci collegate: I reatiLe sanzioni penali
Le sanzioni amministrative (quelle cioè che non costituiscono reato, dette invece contravvenzioni), sono regolate dalla legge 24 novembre 1981 n. 689 e s.m.. Essa ha dettato alcuni principi generali quali: risponde solo il maggiorenne che sia capace di intendere e volere, la violazione deve essere commessa in modo cosciente e volontaria sia per dolo che per colpa; non si risponde se si è agito per errore non colposo sul fatto o per errore non colposo sulle legge (C. Cost. 364/1988), o per legittima difesa o in stato di necessita, caso fortuito, forza maggiore. È possibile il concorso di persone nella violazione.
Le norme della legge sulla caccia sono speciali rispetto alla legge 689/1995 che si applica solo in quanto non diversamente disposto da esse (art. 31 c. 6 LC).
La legge 689/1995 stabilisce che sono competenti all’accertamento di violazioni amministrative i soggetti specificamente incaricati di ciò nei singoli settori nonché, in via generale tutti gli agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria. Sia chiaro che la legge si riferisce a coloro che hanno competenza generale per ogni tipo di reato e non ha chi ha competenza parziale solo per alcune materie. È ovvio che un Vigile del Fuoco può accertare violazioni in materia di misure antincendi, ma non di sanità.
La legge sulla caccia contiene norme speciali e stabilisce chi sono i soggetti legittimati all’accertamento (→Vigilanza venatoria). L’art. 28 prevede che i soggetti con qualifica di agenti di polizia giudiziaria procedano a rapporto, il quale è gestito poi direttamente dall’agente o ufficiale di PG fino al momento in cui lo invia all’ufficio competente per l’applicazione della sanzione.
Coloro invece che siano privi di tale qualifica i quali accertino, anche a seguito di denuncia, violazioni delle disposizioni sull'attività venatoria, redigono verbali, conformi alla legislazione vigente, nei quali devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore, e li trasmettono all'ente da cui dipendono ed all'autorità competente ai sensi delle disposizioni vigenti.
Si tratta di una norma che non modifica quanto stabilito in via generale per le guardie giurate le quali:
- redigono verbali che non sono atti pubblici, ma che, come ben ha sempre detto la legge, dal 1907 ad oggi, fanno fede solo fino a prova contraria;
- in quanto persone incaricate di un pubblico servizio hanno l'obbligo di fare denunzia delle notizie di reato di cui abbiano avuto notizia nell'esercizio o a causa delle loro funzioni (art. 362 c.p.).
Perciò gli accertatori che non sono agenti di PG fanno solo constatazioni su ciò che ritengono aver accertato, devono raccogliere le osservazioni del preteso responsabile e devono trasmettere il loro verbale a chi di dovere. Essi accertano solo dei fatti che ritengono rilevanti al fine di configurare una violazione, ma non sono essi ad avere la capacità ed il compito di farne il corretto inquadramento giuridico.
È l’ufficio che riceve il verbale ad avere il dovere di stabilire in via generale l’interpretazione che intende dare alle norme dubbie, di controllare che il verbale fornisca sufficienti elementi probatori sui fatti, se e quali norme giuridiche siano applicabili a tali fatti. Il funzionario che sbaglia in questa valutazioni può essere chiamato a rispondere per i danni cagionati all’Erario o al cittadino e l’uffcio che adottasse prassi scorrette potrebbe essere chiamato a risponderne in sede di class action.
In ogni caso, a norma artt. 13 e 14 L. 689/1981, la violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente al trasgressore; quindi in ogni caso, salvo la fuga del trasgressore o altro grave evento che sia di ostacolo, deve essere redatto immediatamente un verbale da cui risulti ciò che l’accertatore contesta come illegittimo, la norma che regola la fattispecie, le dichiarazioni del trasgressore. Il verbale deve essergli consegnato; se si rifiuta di riceverlo, il verbalizzante ne darà atto nel verbale.
Non è previsto che il trasgressore firmi il verbale e quindi è libero di firmarlo o di non firmarlo. Di solito il trasgressore non è affatto contento di come vengono riferite le sue dichiarazioni; il verbalizzante farà cosa intelligente se lo inviterà a scrivere le dichiarazioni di suo pugno su di un foglio che, in tal caso, dovrà ovviamente essere firmato.
In diritto amministrativo non vige la presunzione di innocenza prevista dalla Costituzione per i reati penali e chi si oppone ad una ingiunzione di pagamento lo fa in un processo civile e non in un processo penale. Perciò chi si oppone ha l’onere di provare che non sono veri i fatti affermati come veri in un verbale munito di fede pubblica, se redatto da un agente di PG e talvolta potrà farlo solo mediante la querela di falso (atto formale con cui afferma che è falso quanto detto dal P.U.). Per comprendere meglio il problema riportiamo due casi esaminati dalla Cassazione:
- Se un cacciatore è accusato da una guardia forestale (agente di PG) di aver cacciato in zona di divieto, può provare in qualsiasi modo che nella zona indicata non vi alcun divieto, trattandosi di valutazione dei fatti accertati; non può viceversa provare, se non previa querela di falso, che tale luogo è diverso da quello indicato nel verbale medesimo, né, in genere, la non rispondenza al vero di circostanze di fatto- * Cass.,06 agosto1990, n. 7913.
- Se la stessa guardia dichiara di aver riconosciuto il cacciatore, questi può contestare con ogni mezzo non il fatto obbiettivo direttamente accertato dal pubblico ufficiale, bensì la valutazione dei fatti compiuta dallo stesso e così la propria identificazione, ove sia stata effettuata a distanza, versandosi nell'ambito dell'apprezzamento dei fatti, che può sempre essere messo in discussione e liberamente valutato dal giudice, anche in contrasto con l'assunto dei verbalizzanti, senza che sia necessario proporre querela di falso. *Cass., 21 maggio 1990 n. 4572.
L’affermazione che è il cittadino a dover dimostrare la propria innocenza, va presa con un grano di sale giuridico; l’ordinanza-ingiunzione è pur sempre un atto amministratico che è annullabile se non corrisponde a determinati requisiti di logica, correttezza, buona amministrazione, motivazione edè dovere della P.A. fornire elementi che comprovino la correttezza dell’atto e del comportamento di chi lo ha provocato o redatto.
Quando non è stato possibile procedere alla contestazione immediata, il verbale deve essere notificato entro 90 giorni (360 se notificato all’estero). In mancanza di valida notifica secondo le norme della procedura civile, viene meno l’obbligo di pagare la sanzione.
La contestazione è essenziale, oltre che per il motivo appena visto, perché:
- entro 60 giorni è possibile pagare un importo ridotto (oblazione) pari ad 1/3 del massimo della sanzione prevista dalla legge (quando è stabilito un importo minimo si può pagare il doppio del minimo, se esso è più conveniente rispetto al pagamento di 1/3 del massimo).
- entro 30 giorni è possibile inviare scritti difensivi, documenti, prove, all’autorità competente ad applicare la sanzione e chiedere di essere sentiti personalmente.
Se le giustificazioni vengono accolte, la contestazione viene archiviata.
Se le giustificazioni non vengono accolte, si perde il diritto all’oblazione e l’autorità competente emette decreto motivato, in cui deve spiegare perché non si crede alla giustificazioni o perché non si procede agli accertamenti richiesti, e con esso determina gli importi da pagare entro 30 giorni come sanzione e come spese.

Contro il provvedimento di ingiunzione per violazioni venatorie si può fare ricorso solo al Tribunale del luogo ove è stato commesso il fatto secondo la contestazione.
Il ricorso può essere presentato personalmente e non è necessario essere assistiti da un avvocato; chiaro che se non si ha pratica di diritto occorre l’assistenza di una associazione o di un legale.
L’art. 2 comma 212 della L. 23.12.2009 n. 191 (Finanziaria 2010), ha modificato il DPR 115/02 (T.U. sulle spese di giustizia) in materia di contributo unificato. Dal 1° gennaio 2010 per opporsi ad una sanzione amministrativa bisogna versare allo Stato 30 euro (o 70 euro se la multa supera i 1.500 euro) a cui vanno sommati 8 euro di marca da bollo per il rimborso forfettario dei diritti di cancelleria. Tale contribuito, da versare alla Posta o in tabaccheria, potrà essere recuperato solo se viene accolto il ricorso.
L’amministrazione interessata può incaricare propri dipendenti di svolgere accertamenti sui fatti oggetto dell’opposizione e sui fatti ed argomenti addotti dall’opponente (non ovviamente sulla sua persona!).
L’opponente o tenuto a comparire personalmente o a mezzo legale alla udienza fissata dal giudice. Se non compare, l’ingiunzione diviene definitiva. Il giudice può ammettere mezzi di prova (testimoni, perizie, sopralluogo) richiesti o indicati dalle parti.

La prescrizione delle sanzioni amministrative
Le sanzioni amministrative si prescrivono entro 5 anni dal giorno in cui il fatto è stato, in ipotesi, commesso; poco importa quando è stato accertato o contestato. I cinque anni si calcolano secondo le regole civilistiche (art. 28 L. 689/1992)e cioè si computa il giorno del fatto, ma non l’ultimo giorno; vale a dire che se il fatto è successo il 10 del mese in termine did un anno scade il 9 dello stesso mese dell’anno successivo . Il decorso della prescrizione può essere interrotto secondo le regole civilistiche (art. 2943 C.C.) mediante atti portati a formale conoscenza dell’interessato da cui risulti la volontà dalla P.A. di procedere; in sostanza la notifica della contestazione e la notifica del provvedimento di ingiunzione. Di fronte ad uno di questi atti, la prescrizione riparte da zero.
La legge non lo dice, ma vi possono anche essere delle cause di sospensione; ad esempio, se si è fatta opposizione, dal momento del deposito della opposizione fino alla sua decisione con sentenza passata in giudicato, la prescrizione è bloccata. La stessa cosa se l’accertamento della violazione è connessa all’accertamento di un reato.

Reiterazione e continuazione
Quella che nel capo penale è chiamata recidiva, nel campo delle violazioni amministrative diventa la reiterazione. La LC non parla di reiterazione, ma di violazione nuovamente commessa. Nella tabella delle violazioni abbiamo usato l’espressione “ripetizione della violazione”
Va detto che il legislatore con il D. L.vo 30 dicembre 1999 n. 507 ha sentito la necessità di ridefinire il concetto di recidiva nelle infrazioni venatorie aggiungendo alla L. 689/1981 il seguente art. 8 bis:
Reiterazione delle violazion.i
Salvo quanto previsto da speciali disposizioni di legge, si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con provvedimento esecutivo, lo stesso soggetto commette un'altra violazione della stessa indole.
Si ha reiterazione anche quando più violazioni della stessa indole commesse nel quinquennio sono accertate con unico provvedimento esecutivo.
 Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentano una sostanziale omogeneità o caratteri fondamentali comuni.
La reiterazione è specifica se è violata la medesima disposizione.
Le violazioni amministrative successive alla prima non sono valutate, ai fini della reiterazione, quando sono commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria.
La reiterazione determina gli effetti che la legge espressamente stabilisce. Essa non opera nel caso di pagamento in misura ridotta.
 Gli effetti conseguenti alla reiterazione possono essere sospesi fino a quando il provvedimento che accerta la violazione
precedentemente commessa sia divenuto definitivo. La sospensione è disposta dall'autorità amministrativa competente, o in caso di opposizione dal giudice, quando possa derivare grave danno.
Gli effetti della reiterazione cessano di diritto, in ogni caso, se il provvedimento che accerta la precedente violazione è annullato.
Detto in parole povere, le regole ricavabili da questa modifica sono:
- non si tiene conto delle violazioni commesse da almeno 5 anni
- non si tiene conto delle violazioni cui si è fatta oblazione
- la reiterazione normale richiede che si siano commessi fatti stessa indole; non è sufficiente che le violazioni siano contenute nella LC per farle diventare tutte della stessa indole;
- la reiterazione è specifica se si viola ripetutamente la stessa norma.
- restano salve norme più favorevoli contenute in leggi speciali, quale è la legge sulla caccia;
Perciò in materia venatoria si ha reiterazione solo quando viene violata nuovamentre la stessa norma; non è sufficiente che la violazione sia della stesa indole.
La continuazione (art. 81 C.P.) si ha quando un soggetto con una stessa azione viola più norme di legge (ad es. detenzione di arma non denunziata e clandestina) oppure quando un soggetto compie più reati in attuazione di un medesimo disegno criminoso; tipico esempio quello di chi decide di darsi al bracconaggio e quindi porta un’arma senza licenza, usa mezzi di caccia vietati, uccide specie protette sia che lo faccia in un solo giorno, sia che continui a lungo finché non viene scoperto. In questi casi egli viene punito con la pena prevista per il reato più grave, aumentata al massimo fino a tre volte. Questa regola si può applicare anche se il reo è già stato condannato per alcuni dei reati da unire sotto il vincolo della continuazione.
In relazione alle infrazioni amministrative si configura la continuazione mediante una condotta unica, ma non quella mediante condotte ripetute, salvo che in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria (art. 8 L. 689/1981).
In questo file PDF la tabella delle infrazioni e delle sanzioni

Giurisprudenza
Il principio, secondo il quale l'efficacia probatoria privilegiata dell'atto pubblico, a norma dell'art. 2700 cod. civ. si estende ai fatti materiali che il pubblico ufficiale attesti essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, comporta, con riguardo a sanzione amministrativa irrogata per l'Esercizio della caccia in zona vietata, che il contravventore, in Sede di opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione, potrà contestare con ogni mezzo di prova il verbale redatto dalle guardie forestali, nella parte in cui ritenga che il luogo ove venne costatato l'Esercizio di attività venatoria si trovi all'interno di detta zona di divieto, vertendosi in tema di valutazione dei fatti accertati, ma non anche provare, se non previa querela di falso, che tale luogo sia diverso da quello indicato nel verbale medesimo, trattandosi di fatto obiettivo direttamente riscontrato dal pubblico ufficiale. *Cass., 9 novembre 1983, n. 6628,
L'opposizione avverso l'ingiunzione di pagamento di una somma a titolo di sanzione amministrativa (nella specie, per violazione degli artt. 43 e 12 del testo unico delle leggi sulla caccia approvato con R.d. 5 giugno 1939 n. 1016) introduce un giudizio di accertamento negativo della legittimità dell'atto opposto, nel quale le ragioni addotte dall'opponente integrano altrettante causae petendi della relativa domanda. Pertanto, in applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ. deve escludersi che il giudice, adito con un'opposizione volta a denunciare solo l'eccessività della sanzione, possa pronunciare sulla sussistenza dei presupposti per l'irrogazione della sanzione. *Cass., 11 dicembre 1986, n. 7383.
Nel procedimento d'opposizione contro ordinanza-ingiunzione irrogativa di sanzione pecuniaria amministrativa, contemplato dagli artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981 n. 689, deve negarsi l'ammissibilità dell'intervento di terzi, autonomo od anche "ad adiuvandum" (nella specie, intervento della federazione italiana della caccia, per il ristoro dei danni che assumeva derivarle dall'abusivo abbattimento di animali in zona di riserva), considerando che detto procedimento ha oggetto limitato alla legittimità dell'atto amministrativo, nel rapporto fra l'autorità che l'ha emesso ed il destinatario, ed inoltre è soggetto a peculiari regole processuali (Competenza funzionale del pretore, ampiezza dei suoi poteri istruttori, inappellabilità della decisione), non estensibili, in difetto di espressa previsione, a rapporti diversi, ancorché connessi. *Cass., 20 giugno 1990, n. 6212
Ai sensi dell'art. 5 della legge Reg. Lombardia n. 47 del 1978, le guardie Venatorie volontarie - che esercitano funzioni di polizia giudiziaria - sono abilitate a procedere alla contestazione immediata al trasgressore della violazione accertata, mentre, in mancanza di tale contestazione, non possono motu proprio provvedere alla notificazione del verbale di riferimento, ma devono trasmettere quest'ultimo all'Ente da cui dipendono, perché provveda all'incombente con le modalità previste dal codice di procedura civile o con quelle proprie della notificazione degli atti amministrativi, restando escluso che siffatta forma di notizia del verbale - obbligatoria ai sensi dell'art. 14 della legge n. 689 del 1981 - sia fungibile con altri mezzi di comunicazione (nella specie, raccomandata con avviso di ricevimento, inoltrata dalle stesse guardie) ovvero suscettibile di sanatoria, ai sensi dell'art. 156 cod. proc. civ. per effetto di avvenuta opposizione all'ordinanza ingiunzione emessa in relazione all'infrazione suddetta. *Cass., del 10 maggio 1991, n. 5233.
Massima errata; non esistono guardie volontarie con funzioni di PG!
In tema di sanzioni amministrative, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la domanda con la quale si lamenti che l'autorità competente ad emettere l'ordinanza - ingiunzione abbia illegittimamente ed ingiustificatamente emesso il provvedimento d'archiviazione degli atti e si chieda, previa rimozione del citato provvedimento, l'accertamento della sussistenza della denunciata infrazione (nella specie, è stata dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della controversia nella quale il World Wide Fund For Nature aveva impugnato innanzi al giudice amministrativo il provvedimento con il quale la Provincia aveva disposto l'archiviazione degli atti relativi ad una contestata violazione di norme sulla caccia. In particolare, la S.C. ha così deciso sul rilievo che con tale domanda era stato chiesto un accertamento avente il medesimo oggetto di quello che il giudice ordinario avrebbe dovuto rendere, ai sensi dell'art. 22 della legge n. 689 del 1981, sulla situazione dedotta, qualora per l'infrazione considerata fosse stata emessa ordinanza - ingiunzione avverso la quale il relativo destinatario avesse proposto l'opposizione prevista dalla menzionata disposizione legislativa). Cass., Sez. U., 7 agosto2001, n. 10889.
Decisione errata; da nessuna norma risulta la legittimazione di terzi a far valere in sede civile diritti che sono esclusivi della P.A.
Nel procedimento di opposizione avverso ordinanza-ingiunzione irrogativa di sanzione pecuniaria (nella specie, per esercizio della caccia senza regolare autorizzazione), anche nella disciplina anteriore alla legge 24 novembre 1981, n. 689, deve riconoscersi al giudice ordinario (munito di competenza giurisdizionale a tutela del diritto soggettivo dell'opponente di non essere sottoposto al pagamento di somme all'infuori dei casi espressamente previsti) il potere di sindacare incidentalmente (ai fini della disapplicazione) gli atti amministrativi che costituiscono il presupposto di quella ordinanza (nella specie, regolamento deliberato dal comitato provinciale della caccia). Né un tale sindacato può ritenersi precluso per la mancata previa impugnazione, innanzi al giudice amministrativo, dell'atto presupposto, ove la relativa potenzialità lesiva si sia attualizzata solo con l'adozione dell'atto presupponente che chiude la sequenza procedimentale. *Cass., Sez. U, del 29 aprile 2003, n. 6627.
In tema di sanzioni amministrative nella materia della caccia, anche in relazione al procedimento amministrativo, che si svolge in contraddittorio con l'interessato, disciplinato (sulla falsariga dell'art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689) dall'art. 56, secondo comma, della legge della Regione Toscana 12 gennaio 1994, n. 3 (recante il recepimento della legge statale 11 febbraio 1992, n. 157, sulla protezione della fauna selvatica omeoterma e sul prelievo venatorio), vale il principio per cui l'ordinanza ingiunzione deve ritenersi legittimamente emessa anche quando l'autorità amministrativa emittente (nella specie, la Provincia), esercitando facoltà discrezionali non espressamente vietate dalla legge ed in ossequio al principio della completezza dell'istruttoria, ove non ritenga di avere elementi sufficienti per l'archiviazione, faccia istruire il caso dall'organo accertatore e, condividendone le ragioni, emetta il provvedimento sanzionatorio sulla base delle osservazioni di detto organo, fermo restando che, in attuazione del diritto alla tutela giurisdizionale, qualsiasi vizio del procedimento sanzionatorio, al pari di qualunque accertamento dell'autorità medesima, è assoggettato al sindacato del giudice dell'opposizione, ove questi ne sia ritualmente e tempestivamente investito con i motivi dell'opposizione stessa. *Cass., 21 aprile 2005, n. 8326
In tema di sanzioni amministrative ed in ipotesi di opposizione ad ordinanza ingiunzione, ai sensi dell'art. 22 bis, comma secondo, della legge n. 689 del 1981, sussiste la competenza del tribunale in ipotesi di violazioni concernenti disposizioni in materia di tutela dell'ambiente dall'inquinamento, della flora, della fauna e delle aree protette. Ad esse è riconducibile la violazione dell'art. 31, lett. i) legge n.157 del 1992 che, nel dettare norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo veterinario, prevede una sanzione amministrativa per chi eserciti la caccia e non esegua le annotazioni sul tesserino regionale, prescritte proprio al fine di meglio disciplinare e regolamentare l'esercizio dell'attività venatoria. *Cass., 11 gennaio 2006, n. 218.


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