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Proiettili esplosivi

I proiettili esplosivi sono nati nella seconda metà del 1800 nel tentativo di aumentare l’efficacia dei proiettili dell’epoca. L’introduzione di proiettili allungati e camiciati in luogo della palla di piombo comportava un notevole inconveniente; la palla di piombo, con scarsa capacità di penetrazione, scarica tutta la sua energia entro il bersaglio raggiungendo una temperatura di circa 300 gradi ed era perciò in grado di incendiare barilotti di polvere od altri materiali similari del nemico; invece il proiettile allungato, con maggior capacità di penetrazione, li passava da parte a parte senza incendiarli. Si penso quindi di ricorrere ad un proiettile che avesse un effetto esplosivo.
Il loro impiego non era consigliabile in armi ad avancarica, ma le nuove armi a retrocarica lo rendevano possibile.

Il primo proiettile di pratico impiego fu però creato proprio per un’arma ad avancarica: il proiettile esplosivo Podewils per il fucile della fanteria bavarese mod. 1858, basato sul proiettile Minié. Esso conteneva una cartuccetta di ottone formata da una coppetta, un innesco, una carica di polvere nera e un perno. Il proiettile era forato lungo tutto il suo asse longitudinale. La cartuccetta era inserita alla base, nel foro del proiettile Minié, e quindi ben protetta durante trasporto e maneggio. Al momento dello sparo, la pressione dei gas spingeva la cartuccetta in avanti così che il perno fuoriusciva dalla punta di qualche millimetro. La sollecitazione esercitata dalla coppetta contribuiva alla espansione della palla ed alla sua forzatura nella rigatura. All’impatto il perno faceva esplodere la carica di polvere nera.
Di poco successiva è la "granata per fucile" prussiana di von Dreyse. È formata da una ogiva di acciaio fuso contenente 2,5 grammi di polvere nera molto fine e chiusa, nella parte inferiore con una spoletta avvitata; in essa vi è una pillola di innesco un manicotto di zinco e dentro a questo, lo spillo di percussione, trattenuto per attrito. Allo sparo il manicotto arretra per effetto della sua inerzia, liberando la punta dello spillo che, all’impatto, viene proiettato contro l’innesco.
  Notevole diffusione ebbe anche il proiettile Gardner (manca l'immagine) usato nella guerra di secessione americana. Esso conteneva nella parte anteriore una capsula riempita di fulminato di mercurio e collegata con la base del proiettile da un tubicino contenente materiale combustibile e che funzionava da miccia in quanto veniva acceso dalla fiammata dello sparo e trasmetteva l’accensione al fulminato con un ritardo di circa 1,5 secondi. Non è chiaro il livello di sicurezza di questi proiettili riempiti con un materiale così sensibile.
Il fabbricante belga di armi Falisse inventò a sua volta un proiettile esplosivo per fucili a retrocarica; il proiettile appuntito contiene una sfera cava di rame che termina con un tubicino chiuso da un innesco. Un ago sito in posizione opposta attraversa la sfera fino all’innesco. Allo sparo l’innesco viene premuto contro l’ago e fa esplodere la polvere nera contenuta nella sfera.
Il proiettile esplosivo svizzero era previsto sia per arma ad avancarica che a retrocarica. Nelle armi ad avancarica la bacchetta doveva avere una testa appositamente incavata per non urtare l’innesco che era situato sulla punta del proiettile, contenente la carica di polvere nera. Anche in questi la sicurezza nel trasporto e maneggio non era affatto tranquillizzante.

La convenzione di Pietroburgo del 1868 proibì i proiettili esplosivi e gli esperimenti rimasero limitati, per un po’ di tempo, ai proiettili da caccia; da segnalare un proiettile per elefanti con un semplice ago di percussione sulla punta.

All’inizio della prima guerra mondiale, nonostante il divieto, i proiettili esplosivi ricomparvero mascherati sotto il nome di proiettili da esercitazione o da osservazione ed in effetti vennero anche usati contro aerei od aerostati (la convenzione ne vietava l’uso contro bersagli umani). Quello usato dagli austriaci nel Mannlicher M 95 contiene (mod. 1910) una miscela di clorato di potassio e di solfuro di antimonio oppure (mod. 1914) una miscela di polvere nera e di polvere di alluminio. Queste munizioni si distinguono da quelle ordinarie per la diversa forma della punta e non richiedono un innesco: la miscela esplode per effetto dell’urto.

Nel proiettile del Lebel francese (a sinistra) cal. 8 mm, l’esplosivo molto sensibile è contenuto in una capsula entro la punta del proiettile. Simile è il proiettile giapponese (a destra) , anch’esso con punta piatta. La parte anteriore contiene una miscela di T4 e Pentrite mentre la vera carica è formata da tritolo e lamine di alluminio e sita in una capsula posteriore.

Nella seconda guerra mondiale vennero impiegati egualmente proiettili esplosivi (HE) o esplosivi-incendiari (HEI). Quello tedesco contiene nella punta fosforo bianco e dietro ad esso un detonatore con ago di accensione. Un altro modello contiene un nucleo d’acciaio, una miscela tracciante e un detonatore che viene acceso dalla miscela tracciante (questi proiettili sono colorati in nero fino a 2/3 dalla punta). L’esplosivo impiegato era in genere composto da acido picrico e nitrocellulosa.

 

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