Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Legge sulla legittima difesa

LEGGE 13 febbraio 2006, n.59 -Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio - G. Uff. n. 51 del 2-3-06

La legge ha aggiunto un secondo e terzo comma al testo dell'art. 52 Codice penale che ora è formulato come segue:
Art. 52 C.P. - Legittima difesa
1. Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa.
2. Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
a) la propria o altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione.
3. La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

COMMENTO
Negli ultimi anni si sono verificati numerosi casi di persone vittime di rapine le quali sono regolarmente finite in guai giudiziari (arresto, pesanti spese di avvocato, condanne) per aver sparato al rapinatore e ci si è chiesti se la nostra normativa in materia di legittima difesa sia adeguata ai tempi. In particolare sembra eccessivo che il rapinato debba vedersi portar via i suoi beni senza poterli difendere e che possa sparare solo per difendere la sua vita.
In realtà l'art. 52 C.P. non è affatto così drastico e avrebbe consentito interpretazioni ragionevoli, ma la Cassazione invece (è molto difficile giudicare di violenze e sparatorie quando si è stati tranquillamente seduti dietro una scrivania per tutta la vita!) ha sempre seguito una via assolutamente restrittiva, senza rendersi conto:
- che quanto ci si trova in una situazione di aggressione ed in pericolo di vita, le reazioni devono essere istintive, quasi animalesche, e che non si ha certo il tempo e la tranquillità d'animo per fare ragionamenti giuridici e studiarsi l'opinione dei giudici; tanto meno si ha il tempo per stabilire se l'aggressore ha in mano una pistola finta o vera o che cosa nasconde in tasca;
- che ogni aggressione è pericolosa perché basta un pugno (o una caduta) per cagionare lesioni irrimediabili o la morte, così che si ha il diritto di fare tutto il possibile per non riceverlo;
- che per un commerciante un grosso furto può significare la rovina economica e che se spara lo fa per difendere la sua “vita economica” , la vita che si è costruita con anni di sacrifici la quale vale quanto la vita fisica e sciagurata di un delinquente;
Per ovviare a questi problemi è stata presentata una proposta di legge, già approvata al Senato. Purtroppo gli estensori avevano più buona volontà che capacità è il risultato è modestissimo, se non controproducente; ma non è certo la prima volta che il legislatore, a furia di limature e ritocchi, finisce per dire il contrario di ciò che intendeva.
La legge aggiunge due commi all'art. 52 del Codice Penale e stabilisce che quando ci si trova nel domicilio privato o nel proprio negozio od ufficio si può sparare per difendere:
a) la propria o altrui incolumità;
b) beni propri o altrui.
Questi beni però non sempre, ma a condizione che il ladro o rapinatore non desista e che vi sia pericolo di aggressione!
Evidente quando sia sciocca la correzione alla legge.
In primo luogo il richiedere che non vi sia desistenza del ladro, significa che occorre fargli una intimazione del tipo “molla la borsa o la vita”, che è proprio la cosa che gli dà il tempo di portarsi a distanza di sicurezza.
In secondo luogo non basta che egli scappi con un milione di euro di gioielli, ma occorre che si fermi e aggredisca (chissà perché!) la vittima. In altre parole, se nella mia villa di campagna arrivano tre albanesi che sfondano il cancello, gli devo chiedere prima di tutto se vogliono smettere; se non smettono, devo chiedergli se vogliono rapinarmi o solo portarmi via la Mercedes in giardino; se mi dicono che vogliono solo la Mercedes, devo lasciarli fare; al massimo posso sparare alle gomme della mia auto per impedirle di viaggiare!
In terzo luogo, ed è la cosa più grave, si afferma, a contrario , il principio che se vengo rapinato per la strada non ho il diritto di difendere la borsa con i gioielli. Pare proprio che secondo l'idea del legislatore, se uno va in giro in auto o a piedi con un milione, i guai se li cerca e quindi non ha diritto di difendere i suoi beni.
Mi si obietterà: ma la legge almeno consente di usare armi per difendere la propria persona nei luoghi privati e in tal caso non è richiesto che vi sia proporzione fra offesa e difesa. È vero, ma la norma rimane troppo vaga sul concetto di necessità di difendere la propria incolumità. Vedo già i giudici fare sofistiche argomentazioni affermando che chi si trova un ladro in casa, se esso non ha la bava alla bocca, vuol dire che non è pericoloso e che quindi non vi è pericolo per la propria incolumità; basta dargli i soldi e lui se ne va tutto contento! Una formulazione corretta avrebbe dovuto prevedere che chi si trova una persona in casa o in negozio e che ha un atteggiamento minaccioso o violento può sparare per evitare qualsiasi pericolo alla propria incolumità.
È chiaro poi che una riforma del genere darà l'occasione alla Cassazione di cavillare ancor di più (ad es. il giardino non recintato è “privato domicilio”? e il camper?) e vi assicuro che è dura essere condannati ad anni di galera per un cavillo!
Imbecille è anche il requisito per cui l'arma deve essere “legalmente detenuta”; il che vuol dire che se sono minacciato dalla mafia e il prefetto mi nega di avere armi, se io me la procuro egualmente e mi difendo a ragion veduta, dovrei essere condannato per omicidio volontario! Cioè si pone il principio giuridico, contrario ad ogni esperienza e logica, che mi devo far ammazzare pur di non commettere un reato in materia di armi.
E nasceranno sicuramente infinite discussioni giuridiche, altrettanto imbecilli: che succede se uso un'arma illegalmente detenuta da un terzo? L'arma basta che sia denunziata oppure rischio l'ergastolo solo perché ho fatto la denunzia in ritardo di un giorno o non ho denunziato il cambiamento di indirizzo? E se ho preso l'arma in comodato rischio la galera perché il giudice ritiene che ci voglia un contratto scritto?
Il legislatore, se vuole intervenire sulla materia, ha il dovere di dire chiaramente se è lecito compiere atti che possono causare la morte del delinquente quando ciò viene fatto per salvare beni di non modesto valore o importanza. Se manca la volontà politica su questi principio, tanto vale lasciare le cose come sono; almeno fino ad ora si sa come la pensavano i giudici... anche se in modo sbagliato!
Pensate come era già stato saggio il legislatore tedesco del 1871 che aveva scritto (art. 53 StGb): Legittima difesa è quella difesa che è necessaria per respingere una aggressione attuale e illegittima verso sé o verso altri. L'eccesso non è punibile se si è agito per concitazione o paura.
Egli aveva capito perfettamente che nella legittima difesa bisogna tener conto della situazione psicologica della vittima e non di masturbazioni mentali sulle parole della legge!


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