Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Il Questore paga i danni

 

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia - Sezione staccata
di Catania (sez. III) composto dai sigg. magistrati:
dott. VINCENZO ZINGALES - Presidente
dott. SALVATORE SCHILLACI - Consigliere
dott. ROSALIA MESSINA - Consigliere, rel. est.
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

ricorso nr: 3504/99 R.G.;
ricorrente: DI GIUNTA Giovanni (avv. Angelo. Russo, domiciliatario);
resistente: QUESTURA DI CATANIA, MINISTERO DELL'INTERNO (Avvocatura dello Stato).
Oggetto: annullamento del provvedimento di revoca porto fucile e libretto 9 luglio 1997;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti e letti gli atti di causa;
Relatore la dott. Rosalia Messina;
Uditi, alla pubblica udienza del 26 aprile 2001 i difensori delle parti, come da verbale;


Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
- che tutte le censure dedotte dal ricorrente sono fondate;
- che, in particolare, è fondata la prima doglianza (violazione degli
art. 7, 8 e 10 L. 241/1990, essendo senz'altro nella fattispecie necessario il rispetto delle c.d. garanzie partecipative, come oramai pacificamente ritenuto in relazione ai provvedimenti con i quali si ritira un precedente atto ampliativo della sfera giuridica del privato.
(nella specie, porto d'arma);
- che appare fondato anche il secondo motivo di gravame (violazione degli artt.,11 e 43 R.D.,n. 773/1931), in. quanto non ricorre alcuna delle ipotesi che tali norme contemplano come sanzionabili con la revoca (e ciò vale sia per la revoca che l'autorità di p.s. è vincolata ad adottare, sia per la revoca che detta autorità può discrezionalmente adottare, per le ragioni che subito saranno esposte);
- che, sotto il primo profilo (revoca vincolata), nessuna delle ipotesi elencate nel primo comma dell'art. 11 di detto R.D. (articolo che nel suo insieme disciplina le cause di diniego e revoca delle autorizzazioni di polizia in generale, mentre ipotesi specifiche di diniego e revoca del porto d'arma sono previste dall'art. 43 stesso R.D.) ricorre nella specie, essendo stato il ricorrente sottoposto a procedimento penale per reati di truffa e falso in atto pubblico (ipotesi sotto nessun profilo annoverabile fra quelle previste nella citata disposizione);
- che, infine, la fattispecie concreta non corrisponde ad alcuna delle ipotesi di diniego (e revoca, alla luce dell'art. 43 stesso R.D.) discrezionale di cui al secondo comma dell'art. 11, che contempla fattispecie di reato del tutto diverse;
- che, pertanto, non ricorrono le condizioni indicate nel terzo comma dell'art. 11, a mente del quale le autorizzazioni di polizia devono essere revocate ove successivamente al rilascio vengano - a mancarne, anche solo in parte, le condizioni, e possono essere revocate al sopraggiungere o all'emergere di circostanze che avrebbero consentito o imposto il diniego;
- che nessuna delle specifiche ipotesi di cui all'art. 42 R.D. n. 773/1931 ricorre nella fattispecie, non soltanto con riguardo alle gravi fattispecie di reato di cui al primo comma ma neppure con riguardo alla previsione di cui al secondo comma, che richiede la condanna per delitti anche diversi (e qui non ricorreva alcuna condanna, ma solo la pendenza di un procedimento penale), congiunta alla "non affidabilità" sul non abuso delle armi;
- che è fondata, altresì, la terza ed ultima doglianza, contenuta nel terzo articolato motivo di ricorso (eccesso di potere per difetto di motivazione), in quanto gli enunciati che dovrebbero sopportare l'adozione della revoca impugnata. si riducono ad una sorta di clausola di stile, che ripete all'incirca le formule normative senza riempirle di concreto e specifico contenuto riferibile a circostanze di fatto (possono assorbirsi i restanti profili di doglianza di cui al medesimo terzo motivo, ovvero eccesso di potere per sviamento e per carenza di istruttoria);
- che, pertanto, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento dell'atto impugnato;
- che il ricorrente lamenta altresì di avere subito danni dei qualichiede il risarcimento, proponendo autonoma domanda con atto notificato alla resistente amministrazione, inserito dalla segreteria nel medesimo fascicolo, mentre più opportunamente doveva essere predisposto un autonomo fascicolo;
- che tale domanda, pur riguardando un periodo anteriore alla modifica dell'art. 7, terzo comma, L. n. 1034/1971, introdotta dalla nuova formulazione dell'art. 35, comma quarto, D.l.vo n. 80/1998 (art. 7, lett. c), L. n. 205/2000), che attribuisce al giudice amministrativo la cognizione di tutte le questioni attinenti al risarcimento del danno nelle materie di sua giurisdizione, è tuttavia da ritenere ammissibile in quanto intervenuta entro il termine della prescrizione quinquennale;
- che le linee guida cui il collegio ritiene di attenersi sono quelle sancite dalla ponderosa sentenza della SS.uu. della Cassazione n. 500/1999; che, in particolare, sussistono tutti gli elementi richiesti dall'art. 2043 C.c. ai fini della risarcibilità del danno, con la precisazione che delle tre sub-domande in cui si articola la domanda di risarcimento (danno emergente, danno da perdita di chance e danno non meglio qualificato dal ricorrente se non in termini di danno per le privazioni conseguenti al provvedimento lesivo, da qualificare, alla stregua della attuale concezione del danno risarcibile che non sia né patrimoniale né morale, come danno esistenziale, o biologico, o edonistico), soltanto la prima e la terza meritano accoglimento, per le ragioni subito appresso esposte;
- che, infatti, in relazione alla seconda delle suelencate voci di danno, non è sufficiente a comprovarne l'esistenza la mera affermazione, senza che neppure siano state indicate le concrete occasioni di gareggiare perdute dal ricorrente;
- che, in definitiva, nella concreta fattispecie si ravvisano:
a) l'evento dannoso, da individuare nella ingiusta privazione del ricorrente del porto d'arma revocatogli, con tutte le conseguenze patrimoniali da lui puntualrnente indicate;
b) l'ingiustizia del danno, in quanto incidente su una situazione tutelata dall'ordinamento, avente consistenza di interesse legittimo (interesse ad essere autorizzato al porto delle armi), ed in quanto il ricorrente è stato non soltanto depauperato nella sfera patrimoniale, in termini di danno emergente, ma altresì privato di benefici che nella nuova concezione del danno risarcibile vendono presi in considerazione, a seconda delle diverse impostazioni, in termini di danno biologico (cfr.: Casa. civ., 5 sett. 1988, n. 5033, che prende in considerazione la menomazione della integrità psicofisica della persona in sé considerata, e quindi fa rientrare nell'area di detto danno gli impedimenti all'attività sportiva, ricreativa, culturale, ai rapporti sentimentali etc.), ovvero di danno esistenziale (come danno che almeno potenzialmente ostacola le attività realizzatrici della persone:, ai sensi dell'art. 2043 C.c., correlato all'art. 2 ss. Cost.: cfr., per l'affermazione del principio generale: Cass. civ., 7 giugno 2000, n. 7713), ovvero ancora di danno edonistico (v. sempre per 1'affermazione del principio, Trib. Firenze, sent. n.
451/2000);
c) la riferibilità dell'evento ad una condotta positiva dell'amministrazione (attraverso l'organo emanante), che ha emesso un provvedimento restrittivo della, sfera giuridica del ricorrente;
d) la sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa, a fronte delle macroscopiche violazioni di norme positive che inficiano, come già detto, il provvedimento impugnato ed annullato con la presente sentenza, ed a fronte altresì della diffida diretta alla dott.ssa Angelica Riso, funzionario della Questura di Catania responsabile del procedimento affinché revocasse il provvedimento impugnato;
Ritenuto, inoltre:
- che l'esistenza e l'entità del danno emergente sono state comprovate dal ricorrente, il qua ha indicato le spese sostenute per mantenere e curare i cani da caccia senza tuttavia poter esercitare la relativa attività, nonché le spese sostenute per l'accesso (impeditogli dalla mancanza di porto d'arma) all'azienda faunistico-venatoria "Scippa", mentre il danno esistenziale (o biologico, o edonistico) deriva dalla privazione - che indubitabilmente il ricorrente ha subito - della possibilità di svolgere un'attività ricreativa, derivante dal mancato possesso, per fatto dell'amministrazione, dell'autorizzazione necessaria;
- che, pertanto, 1'arnministrazione resistente è tenuta a risarcire il danno nella misura quantificata in ricorso (lire 16.083.290), come danno emergente, mentre quanto all'altra "voce" di danno ritenuta risarcibile dal Collegio (danno esistenziale, o biologico o edonistico che di si voglia), si reputa di liquidarlo equitativamente - ai sensi del combinato disposto degli arti. 1226 e 2056/1 C.C nella misura della metà del danno emergente e cioè in lire 8.000.000;
- che le spese vengono addossate in parte (per tre quarti) alla resistente amministrazione, in parte (per il rimanente quarto) compensate, attesa la parziale reciproca soccombenza (liquidazione in dispositivo);

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia - Sezione staccata di Catania (sez. III) - accoglie, nei sensi e nei limiti precisati in parte motiva, il ricorso in epigrafe, per l'effetto annullando l'atto impugnato, e condannando altresì la resistente amministrazione a risarcire il danno emergente e quello esistenziale nella misura indicata in motivazione. Spese per un quarto compensate, e per tre quarti poste a carico della resistente amministrazione, liquidate nella somma complessiva e forfettaria di lire- 4.000.000 (quattromilioni), dei quali si compensa, come detto, un quarto, condannandosi l'amministrazione a corrispondere al ricorrente lire 3.000.000 (tremiIioni).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania, nella camera di consiglio del 26 aprile 2001.

                      L'ESTENSORE            IL PRESIDENTE

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