Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Bombolette da sparo ??

La Cassazione diventa una fonte inesauribile di testi umoristici.
E' noto che la magistratura non si trova certamente nel momento migliore della sua storia: appena mettono i magistrati a svolgere compiti esterni alla magistratura (ad esempio nello sport), si scopre che si comportano proprio come i politici; i pubblici ministeri dànno chiaramente a vedere che usano molte più energie per i casi che finiscono in televisione, le norme sulle intercettazioni e la privacy vengono violate proprio dai giudici che le calpestano e riducono a strame.
E' poi sotto gli occhi di tutti che manca ogni selezione di merito: in Cassazione si arriva per età e non per capacità e un giudice che per trent'anni ha solo deciso se un detenuto deve scontare la pena in carcere o uscire in prova e che non mai scritto una vera sentenza, si trova in Cassazione a giudicare le sentenze degli altri.
Non meraviglia quindi il crescendo di stupidaggini che ci tocca leggere:
- che andare nell'orto con un coltello per tagliarsi le vene costituisce porto di coltello senza giustificato motivo;
- che le mani sono un mezzo di caccia proibito e che se un cacciatore raccoglie con le mani un fagiano ferito va quindi condannato;
- che i bossoli delle cartucce sono parti pericolose anche se schiacciati;
- che chi affila un pugnale commette il reato di alterazione di arma;
- che le bombolette spray con gas lacrimogeno contengono aggressivi chimici militari.
Ora, il giorno 23 giugno 2006, le agenzie di stampa hanno diffuso questa sconvolgente notizia:
“Una bomboletta spray contenente gas urticante può essere considerata alla stregua di un'arma da fuoco: la sola detenzione oltre che l'uso contro persone, è reato. Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 21932 depositata ieri con la quale sancisce che una bomboletta spray contenente sostanze chimiche aggressive come i lacrimogeni o gas paralizzanti è da considerarsi come una vera «arma da sparo». Gli «ermellini» erano stati chiamati a decidere sul ricorso del pg della Corte di Appello di Brescia contro la sentenza del tribunale lombardo che aveva qualificato come «arma non da sparo» una bomboletta contente gas neutralizzante detenuta da un trentenne extracomunitario. Per la Suprema Corte il ricorso del pg è fondato perché l'art. 2 della legge n. 110 del '75 definisce «armi comuni da sparo» tutte quelle ad emissione di gas, diversificandole dalle armi ad aria compressa. La bomboletta in questione, spiegano gli «ermellini», usata nelle manifestazioni di piazza, contiene una sostanza a effetto irritante ed è quindi idonea a recare grave offesa alla persona costituendo una comune arma da sparo: per questo è punibile la sola detenzione. La Cassazione ha censurato la mancata inclusione dello spray nell'elenco di armi da sparo. “
Un tempo, con il linguaggio misurato dei nostri nonni, avrei detto “sogno o son desto?”. Ed invero è difficile riunire in poche righe, su cui si sono trovati d'accordo il procuratore generale di Brescia e la maggioranza dei cinque giudici della Cassazione, un tal cumulo di baggianate giuridiche e tecniche.
Ecco tutto ciò che i giudici hanno travisato, pur potendo evitare gli errori, non dico leggendo bene le leggi, ma un dizionario della lingua italiana.
1) Arma da sparo è solamente ogni arma che spara proiettili attraverso una canna sfruttando l'energia della polvere da sparo. Solo il reg. al TULPS del 1940 assimilava alle armi da sparo (= da fuoco) anche le armi ad aria compressa e da allora per arma da sparo si intende qualunque arma idonea a proiettare attraverso una canna corpi solidi mediante l'energia della polvere da sparo oppure di aria o gas compressi.
Non esiste giuridicamente un'arma da sparo che possa prescindere dall'esistenza di una canna. Il che è di tutta ovvietà perché altrimenti diventerebbe arma da sparo ogni fionda, arco, balestra, ogni bomboletta di prodotto irritante o infiammabile, la pompetta del flit. In lingua italiana “sparare” è cosa ben diversa dal “proiettare”.
Quanto detto trova conferma in ogni convenzione internazionale sulle armi, dal Trattato di Schengen, alla Direttiva CEE del giugno 1991 n. 477, al Protocollo Onu del 15 novembre 2000 e 31 maggio 2001 (si veda la legge di recepimento 146/2006).
2) La cantonata più grossa l'hanno però presa quando hanno creduto di capire che armi ad emissione di gas siano le armi che proiettano del gas. Per risolvere ogni dubbio basterebbe quanto detto al punto uno perché le bombolette espellono gas ma non lo sparano attraverso una canna.
Però qualche dubbio sul significato della espressione “emissione di gas” deve necessariamente venire a chiunque senta l'esigenza di ragionare su ciò che fa. Come può esistere una categoria di armi di cui la legge non dà alcuna definizione ed indicazione? Come deve essere emesso il gas? Il gas deve essere pericoloso per la pressione che sviluppa o per la sua natura? E quando il gas si considera pericoloso? E come si distingue un'arma che spara gas da un qualunque oggetto che lascia fuoriuscire del gas? Un sacchetto di plastica pieno di acido cianidrico e un cannello è forse un'arma da sparo? E la bocca di una persona con l'alito fetido? E lo sputo in faccia di un tubercoloso?
E' evidente che se anche l'espressione dovesse essere interpretata come è sembrato di capire alla Cassazione, prima si dovrebbe accertare se lo strumento è un'arma da sparo e solo successivamente si dovrebbe accertare se il gas emesso è idoneo ad offendere. Ma si cadrebbe in assurdi tecnici ridicoli perché ogni arma da sparo, che per definizione usa la forza elastica di gas sotto pressione, emette necessariamente dei gas; persino le armi a salve rispetto a cui nessuno ha mai avuto la bella pensata di sostenere che sono armi vietate dalla legge (eppure un'arma a salve sparata con appoggio diretto alla cute può ferire seriamente).
Il fatto è che se la Cassazione si fosse presa la briga di aprire un testo di diritto delle armi, avrebbe scoperto che da tempo si è capito come la parola “emissione di gas” è solo un errore di traduzione della convenzione di Strasburgo del 1978 (ma già elaborata nel 1975) in cui si parlava di “armes à propulsion a gas” per riferirsi alla categoria generale delle armi ad aria o gas compressi. Il traduttore aveca capito che la frase "armi a propulsione mendiante gas" voleva dire "armi che proiettano gas"!
Mi direte: ma è possibile un errore di traduzione così madornale? E' possibilissimo! Andate a vedere gli errori che hanno infilato nella traduzione del Protocollo ONU allegato alla legge 146/2006 e scoprirete come i traduttori del ministero degli esteri possono fare ben di peggio (la tracciabilità delle armi è diventata “il pedinamento delle armi”; i pallini sono diventati i “piombini”; le armi portatili munite di canna sono divenute le armi munite di “canna portatile”; gli inneschi delle cartucce sono divenuti “i detonatori”, ecc.)
Perciò è del tutto improponibile, sul piano linguistico, tecnico e giuridico, l'idea di definire le bombolette lacrimogene come armi da sparo.
Non ritorno qui sul problema della qualificazione giuridica di una bomboletta lacrimogena perché la soluzione è ovvia per chiunque stia con i piedi per terra: i gas contenuti nelle bombolette lacrimogene hanno usi civili e/o usi militari. I gas che hanno anche usi militari (CS, CN) diventano materiale di armamento solo se confezionati in contenitori di grosse dimensioni e in elevate concentrazioni di gas in soluzione liquida; sono invece normali gas di usi di polizia e civili (in molti paesi del mondo) se in contenitori di modeste dimensioni e se diluiti in modo da ridurne la pericolosità.
La tesi della Cassazione secondo cui questi gas sono per natura bellici non la minima consistenza tecnica ed è in contrasto con le normativa Nato sul materiale di armamento.
Le bombolette che contengono olio di peperoncino contengono una sostanza che non è sicuramente bellica e che non è un gas e perciò le tesi della Cassazione sono inapplicabili in radice.
Le bombolette attualmente in commercio sono di due tipi: a) quelle di libera vendita per espressa autorizzazione del Ministero; essendo stato accertato che esse non sono idonee ad offendere, sono di libero porto e detenzione; b) quelle non liberalizzate che rientrano nel concetto di arma propria NON da sparo.
Ciò che non si capisce è la frenesia di molti giudici di complicare le cose semplici arrampicandosi sugli specchi del diritto senza nessun bisogno: nel caso esaminato i giudici non si sono accorti che qualificando la bomboletta come arma da sparo, la pena per la detenzione ed il porto illegale era come minimo di 3 o 4 mesi di carcere; qualificandola invece come arma propria, la pena sarebbe stata da 18 mesi a tre anni e, come minimo, con tutti i benefici, di 9 mesi. Bel risultato: sono riusciti a confondere le idee a tutti e a far ottenere uno sconto di pena ad un noglobal che usava la bomboletta contro la polizia! Ma il mio sospetto è che i giudici abbiano dormito sul processo e che esso fosse prossimo alla prescrizione; modificando il reato previsto dall'art. 699 CP in quello della legge speciale del 1967 sulle armi da sparo il periodo di prescrizione è stato raddoppiato e così si è riusciti a condannare lo spruzzatore di poliziotti. Come dice un proverbio, le leggi normalmente si applicano, ma per gli amici e e nemici si interpretano!


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