Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Sentenza della Cassazione su armi liberalizzate

Sez. 1 , Sentenza n. 33670 del l 2005
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GEMELLI Torquato - Presidente
Dott. FABBRI Gianvittore - Consigliere
Dott. RIGGIO Gianfranco - Consigliere
Dott. SIOTTO Maria Cristina - Consigliere
Dott. URBAN Giancarlo - Consigliere 5
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) CIONI RICCARDO N. IL 14/10/1954;
avverso SENTENZA del 15/11/2004 CORTE APPELLO di FIRENZE;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. RIGGIO GIANFRANCO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. GALASSO Aurelio che ha concluso per l'annullamento senza rinvio, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Udito il difensore Avv. Izzo Carlo Guglielmo, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato;
FATTO E DIRITTO
Con sentenza del 15 novembre 2004 la Corte di Appello di Firenze, tra l'altro e per quanto qui interessa, confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Livorno il 15 novembre 2002, con la quale Cioni Riccardo era stato condannato per detenzione illegale di una carabina "Diana" priva di numero di matricola.
Osservava la Corte territoriale che, anche se dalla perizia balistica disposta nel giudizio di appello era risultato che la carabina aveva una potenza cinetica inferiore a 7,5 joule, tuttavia essa era ancora inserita nel catalogo delle armi comuni da sparo, era efficiente ed aveva potenza lesiva.
Ricorre per cassazione il difensore dell'imputato, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, sull'assunto che, ai sensi dell'art. 11 della legge n. 526/99, che ha modificato il terzo comma dell'art. 2 della legge n. 110/75, le pistole e le carabine ad aria o a gas compressi non sono più considerate armi comuni da sparo, ne' armi proprie, ma strumenti dei quali sono consentiti liberamente la detenzione e il porto per lo svolgimento di attività sportive; con l'ulteriore conseguenza della inapplicabilità dell'art. 23 della legge n. 110/75, difettando il presupposto per qualificare come arma comune l'oggetto in sequestro. Il ricorso è fondato.
La legge 21-12-1999 n. 526, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee, al fine (espressamente enunciato nel terzo comma dell'art. 11) "di pervenire ad un più adeguato livello di armonizzazione della normativa nazionale a quella vigente negli altri Paesi comunitari", ha innovato (secondo comma dello stesso art. 11) la disciplina in tema di armi cosiddette "da bersaglio da sala" o ad emissione di gas o ad aria o a gas compressi, escludendole dalla categoria delle armi comuni da sparo se i proiettili erogano un'energia cinetica non superiore a 7,5 joule.
Il successivo regolamento, contenuto nel D. M. 9-8-2001 n. 362, all'art. 1 recita che le armi aventi le anzidette caratteristiche hanno modesta capacità offensiva, non assimilabile alle armi comuni da sparo. Mentre, poi, la loro produzione e importazione sono subordinate alla verifica di conformità, per la quale è prevista una particolare procedura (art. 2 dello stesso D. M.), la detenzione (art. 8) non comporta l'obbligo di denuncia previsto dall'art. 38 R.D. n. 773/1931 e non è sottoposta ai limiti stabiliti per le armi comuni da sparo dall'art. 10 sesto comma della legge n. 110/1975; il porto, infine, non è sottoposto ad autorizzazione dell'autorità di pubblica sicurezza (art. 9).
Posto, dunque, che è positivamente determinato il regime legale vigente per le armi ad aria compressa capaci di erogare una energia cinetica non superiore a 7,5 joule, la decisione adottata nella specie dalla Corte territoriale e le argomentazioni che la sorreggono sono inficiate da evidenti errori di diritto.
Avendo, infatti, il legislatore, con norme di univoco, tassativo tenore, ridisegnato l'ambito delle armi comuni da sparo, liberalizzando la detenzione e il porto di quelle escluse da tale categoria, definite "armi con modesta capacità offensiva", l'indagine giudiziale deve limitarsi all'accertamento della potenzialità dell'arma in relazione al limite indicato nell'art. 2 terzo comma della legge n. 110/1975, nel testo riformato dall'art. 11 secondo comma della legge n. 526/1999.
Con specifico riferimento al caso in esame, deve rilevarsi che, da una parte, il ritardo nell'aggiornamento del catalogo delle armi comuni da sparo è una situazione di fatto "contra legem" e, perciò, inidonea a determinare qualsiasi effetto giuridico e, d'altra parte, il laconico riferimento alla "potenza lesiva" dell'arma in sequestro oltre ad essere assolutamente generico, è inconducente ai fini della decisione, poiché la modesta capacità offensiva dell'arma di cui trattasi è presunta per legge in modo assoluto e, quindi, non è ammessa la prova contraria.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, dovendo pronunciarsi nei confronti del ricorrente sentenza assolutoria con la formula indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i fatti non sono previsti dalla legge come reato.
Così deciso in Roma, il 17 giugno 2005.
Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2005

Nota:
La Cassazione, con puntuale applicazione delle norme di legge, ha stabilito che un'arma ad aria compressa di potenza inferiore a 7,5 J NON E' ARMA anche se non è stata assoggettata ai controlli e alle punzonature che si è inventato il Ministero (come ho sempre sostenuto fin dal primo giorno). Ha inoltre fatto piazza pulita dell'altra stupidaggine del regolamento, scritto con piena e consapevole violazione della legge, secondo cui sarebbe vietato il porto di questi oggetti in luogo pubblico o aperto al pubblico. Meraviglia solo che una corte di appello condanni un innocente scrivendo in una sentenza certe scemenze, come quella che l'arma rimane arma fino a che è in catalogo! Significa non aver capito nulla sulla funzione del catalogo e ignorare le nozioni elementari sul sopraggiungere di norme più favorevoli al reo.

Sul problema si veda anche il provvedimento del GIP di Bolzano, ampiamente motivato.


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