Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
    torna indietro
 

Home > Diritto > Faq > Poligoni e campi di tiro

back

Il porto e l'uso di armi nei poligoni e campi di tiro

Relazione presentata al Convegno giuridico in occasione della EXA 2004 di Brescia. E' un articolo di dottrina e richiede conferme giurisprudenziali.

Il problema che intendo trattare è il seguente: entro quali limiti è consentito usare armi in luoghi diversi dalla propria abitazione e sue appartenenze a coloro che sono privi di una licenza di porto. Intendo cioè cercare di dare una risposta ai frequenti quesiti che si pongono nella pratica, quale quello se sia o meno consentito, a chi non ha licenza di porto di pistola, di sparare con le proprie armi o con armi altrui in un poligono o campo di tiro privato.

Cominciamo a dire ciò che è sicuramente consentito.
Per prima cosa chiariamo un punto giuridicamente certo, ma che sfugge ai più. Nel nostro diritto le armi possono essere detenute da chiunque sia sano di mente e dia garanzia di non abusarne e possono essere detenute in uno o più luoghi, anche diversi dalla propria abitazione (ditta, cassette di sicurezza, casa di campagna) purché diano affidamento di sufficiente custodia. Non è richiesta l'idoneità al maneggio di armi, come espressamente detto dalla norma sulle collezioni (art. 3 L. n. 36/1990).
È poi del tutto chiaro ed indiscusso che non vi è alcun divieto di impedire l'accesso alle armi alle persone che abitano nel luogo in cui sono custodite le armi o che lo frequentano. Ed invero l'art. 20 bis della legge 110/1975 impone solamente di impedire che le armi finiscano nella mani di incapaci o inesperti. Quindi, per fare un esempio, la moglie del possessore dell'arma che ha paura dei ladri, ben può tenersi la pistola del marito sul comodino e il marito ha solo il dovere (e l'interesse, se vuol campare a lungo!) di controllare che essa sappia usare l'arma in modo sufficiente.
Deve essere quindi considerata del tutto erronea l'interpretazione che sic et simpliciter considera imperite tutte le persone che non sono autorizzate a detenere armi e quindi tutti i familiari del detentore dell'arma! Nel nostro diritto l'idoneità al maneggio delle armi è richiesta esclusivamente per portarle in luogo pubblico o aperto al pubblico e non è affatto richiesta per detenerle e maneggiarle in luoghi privati.

In secondo luogo prendiamo atto che ormai è dato di fatto e giuridico acquisito, sia dalla prassi che dalla giurisprudenza, che nessuna norma di legge vieta di sparare in poligoni privati personali o di associazioni o di ditte commerciali, sia al chiuso che all'aperto, a tutti coloro che siano in possesso di una licenza di porto specifica per l'arma usata (di porto di arma corta se si spara con armi corte, di porto di fucile per caccia, difesa o tiro a volo se si spara con armi lunghe).
È altrettanto indiscusso che nei luoghi ora indicati chi ha la licenza di porto d'armi può sparare con armi altrui, prestate o noleggiate, se per esse la legge consente il comodato.
Soluzioni queste di assoluta ovvietà perché davvero non si comprende per quale motivo, ad esempio, un cacciatore che può sparare tranquillamente in aperta campagna non dovrebbe poter sparare ancora più tranquillamente in un terreno appositamente attrezzato per il tiro e che offre quindi una ben maggiore sicurezza e ben maggiori possibilità di controllo da parte dell'autorità.
Si ha invece qualche resistenza ad andare un poco oltre questa situazione ovvia e, se si approfondisce appena la questione è facile stabilire... che nessuno l'ha mai approfondita!

Per comprendere il problema e il motivo del blocco mentale di molti interpreti, bisogna partire dal Codice penale il quale, all'art. 699, vieta di portare senza licenza un'arma fuori della propria abitazione e sue appartenenze. Questa dizione è stata poi abbandonata con la Legge 2 ottobre 1967 n. 895 la quale vieta di portare illegalmente armi comuni da sparo in luogo pubblico o aperto al pubblico. Quindi, nel 1967 si trovavano a coesistere due norme: quella del codice penale che continuava ad applicarsi alle armi proprie non da sparo e alle armi antiche in genere, da non portare fuori dell'abitazione, e quella del 1967 che si applicava alle sole armi comuni da sparo, da non portare in luogo aperto al pubblico.
Invece di porsi il problema di come armonizzare le due diverse disposizioni e delle incongruenze logiche che causavano (si viene ad essere puniti per il porto di pugnale con una pena che è quintupla rispetto al porto di una pistola!), i giuristi hanno tranquillamente accettata la bifida situazione che in pratica porta a questo assurdo: se una persona in un edificio prende un'alabarda e va ad infilzare il vicino di casa, risponde di porto d'arma illegale perché ha portato l'alabarda fuori della propria abitazione; se prende la pistola e va a sparare al vicino non risponde di porto illegale di arma perché non l'ha portata in luogo aperto al pubblico! Oppure: se una persona prende un pugnale, lo impacchetta bene, va a casa del suo nemico (cioè vi trasporta l'arma), apre il pacco e lo pugnala, risponderà di porto illegale di arma perché ha portato il pugnale dentro l'abitazione del nemico e quindi fuori della propria abitazione; se fa la stessa cosa con una pistola non risponderà di porto illegale perché egli mai ha portato l'arma in luogo in luogo pubblico o aperto al pubblico.
Sembra ovvio concludere che qualche cosa non quadra e che la questione va affrontata diversamente, se non si vuole accettare una disparità di trattamento illogica e senz'altro in contrasto con le norme costituzionali.
La soluzione si trova se ci si chiede perché il legislatore del 1967, che a differenza di quello odierno sapeva ancora scrivere le leggi, abbia ritenuto di dover cambiare la dizione usata dall'art. 699 C.P; e l'unica risposta possibile è che esso si fosse reso conto della incongruenza della interpretazione fino ad allora data alla norma e avesse inteso rimediarvi, Ciò significa quindi che la norma del 1967 costituisce una interpretazione autentica dell'art. 699 C.P. e che pertanto ora il porto illegale di arma si configura solo se l'arma viene portata in un luogo pubblico o aperto al pubblico.
Questa interpretazione era del resto quella che si imponeva già prima del 1967, solo che ci si fossero rappresentate le situazioni concrete che si presentavano e che nella realtà nessuno aveva mai ritenuto fossero vietate.
Per completezza chiarisco che la Cassazione ha correttamente stabilito che deve ritenersi aperto al pubblico non solo il luogo accessibile e frequentabile da un numero indefinito di persone ma anche quello nel quale possano accedere una o più categorie di persone che abbiano determinati requisiti, purché non predeterminabili, specie quando chi esercita sul luogo un potere di fatto o di diritto non può far ricorso allo "ius excludendi" per giustificati motivi. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6880 del 14/06/1995). Ha poi aggiunto che anche il fondo rustico privato, se non è recintato, è pur sempre aperto al pubblico perché è comunque accessibile ai cacciatori e ad altre categorie di persone, sia pur ristrette ed entro certi limiti, (art. 842 e 843 cod. civ.) non predeterminabili. (Cass., Sez. I, n. 8702 del 23-9-93).
È opportuno però ricordare che in questa materia la Cassazione tende a variare la nozione di luogo aperto al pubblico a seconda del tipo di reato!

Vediamo alcuni esempi di situazioni concrete da cui emerge l'incongruità della suddetta distinzione.
- Una persona si reca in casa di un amico, vede una pistola su di un tavolo e la impugna; essa in quel momento pone in essere il porto di una pistola fuori della propria abitazione; ma è punibile?
- Una persona si reca da un armiere (e quindi luogo aperto al pubblico!) e l'armiere gli mette in mano una pistola per fargliela provare; essa in quel momento pone in essere il porto una pistola fuori della propria abitazione; ma era punibile in base all'art. 699? E che dire se nel suo poligono privato (luogo non aperto al pubblico) gli avesse fatto provare la pistola?
- Una persona prende il suo fucile e lo trasporta da un armiere per farlo pulire; giunto dall'armiere apre il pacco e prende il fucile in mano; commette forse il reato di porto perché non è più nella propria abitazione?
- Una persona trasportata le sue armi in una casa di campagna e le toglie dal pacco; forse commette reato se lo fa prima di aver denunziato che quello è il nuovo luogo di detenzione?
- Una persona ha una cantina in cui si può sparare e mi invita a una gara di tiro. Perché egli può sparare in quella cantina armi e io no?
- Una persona trasporta un'arma nella cassetta di sicurezza della banca; forse è punibile perché ha fatto uscire la pistola dalla propria abitazione?

È facile concludere che l'art. 699 CP non ha mai preteso di vietare di usare o portare (il che è la stessa cosa) un'arma in luoghi privati diversi dalla propria abitazione (o per meglio dire dal luogo in cui essa è custodita e denunziata), ma che voleva semplicemente vietare che esse venissero portate in luogo pubblico o aperto al pubblico, come più correttamente ha chiarito la legge del 1967. Le due nozioni fuori della abitazione e in luogo pubblico non sono distinte, ma sono le due facce di una medaglia, sono lo stesso concetto espresso in due modi diversi, così come di un bicchiere si può dire indifferentemente che è mezzo pieno o mezzo vuoto. Ciò significa che, alla di là della lettera della norma, la quale si è limitata a regolare il quod plerumque accidit, il legislatore non ha mai inteso dire che le armi potessero essere impugnate solo all'interno della propria abitazione o, al massimo, nelle sue appartenenze, ma solo che è vietato il porto in luogo pubblico o aperto al pubblico; quindi non è reato impugnare un'arma in ogni luogo privato.
Si consideri che ai fini della prevenzione criminale non cambia assolutamente nulla perché il criminale, nella quasi totalità dei casi, giungerà nel luogo privato attraverso luoghi pubblici ed aperti al pubblico e con armi detenute illegalmente o trasportate illegalmente, così che la sua adeguata punizione è comunque assicurata.
Non deve trarre in inganno il fatto che il legislatore abbia ritenuto di consentire il libero porto nelle appartenenze di una abitazione: la disposizione non è limitativa, ma estensiva; il legislatore non legittima il porto solo nelle appartenenze perché luoghi privati, come sempre inteso in base ad una lettura superficiale, ma anche in esse, per l'ovvia ragione che molto spesso le appartenenze di un edificio sono luoghi aperti al pubblico (aie, cortili, spazio fra edifici di una fattoria, ecc.) ed era perciò necessario ampliare il dettato normativo.
Ricordo doverosamente che la Cassazione, con sentenza n. 6880 del 14/06/1995 (ma che si ricollega ad una giurisprudenza nata nel 1982) ha sostenuto la tesi, ancora più anomala, secondo cui si dovrebbe distinguere tra ben tre diverse condotte:
a) il porto nella propria abitazione e sue appartenenze, consentito,
b) il porto in un luogo privato diverso da quelli al punto a), punito a norma art. 699 C.P.
c) il porto in luogo pubblico o aperto al pubblico, punito a norma della legge del 1967.
Il bel risultato ameno di questa interpretazione è che se un soggetto prende una pistola, va in paese e poi nella casa del suo nemico, dovrebbe rispondere prima del reato di porto in luogo pubblico (pena minima 4 mesi di reclusione) e poi anche del reato di porto d'armi in abitazione altrui (pena fino a 18 mesi di arresto); se però uscendo di casa ha attraversato il suo podere recintato risponderà anche di porto in luogo privato non pubblico (pena fino a 18 mesi di arresto!).

La soluzione sopra esposta trova un preciso supporto anche nella legge 85/1986 sulle armi sportive la quale dice che la licenza di trasporto viene rilasciata previa attestazione di una sezione del TSN o di una associazione di tiro iscritta ad una federazione sportiva affiliata al CONI. Orbene, siccome le attività di molte di queste federazioni non si svolgono presso i poligoni del TSN, ma presso poligoni di privati o di associazioni, si deve concludere che il legislatore, almeno per le armi sportive, ha voluto implicitamente affermare il principio che chi ha la licenza di trasporto per armi sportive è comunque legittimato ad usare le armi nei poligoni non solo privati, anche se aperti al pubblico (e se vi si svolgono gare, essi sono aperti al pubblico).

Abbiamo così fissato tre punti cardini del ragionamento e cioè:

1) Nessuna norma vieta di impugnare un'arma in un luogo privato.
2) Chi è possessore di armi e le trasporta o fa trasportare legittimamente in un luogo privato diverso da quelle in cui sono custodite, le può impugnare ed usare.
3) Per la legge sulle armi sportive è consentito trasportare armi ad un poligono o ad un campo di tiro, anche se aperti al pubblico, e di sparare con esse.


Vediamo ora un altro aspetto del problema che è quello della possibilità per una persona non munita di licenza di porto d'armi di usare armi sotto il diretto controllo di persona che ne sia invece munita.
Il problema è stato risolto sul piano normativo solo per i poligoni del Tiro a Segno Nazionale in cui chiunque, anche se minorenne, può sparare senza bisogno di alcuna autorizzazione perché si trova sempre sotto il diretto controllo del direttore o commissario di tiro.
Vi è però un'altra disposizione che indirettamente regola la situazione: il già citato art. 20 bis della legge 110/1975 punisce con pena ridotta chi affida armi a incapaci sul terreno di caccia e per affidamento deve intendersi senza dubbio quello da cui deriva la autonoma disponibilità dell'arma; si dovrebbe perciò concludere che non vi è sanzione se manca questa autonoma disponibilità.
Si può però affermare che il principio è di applicazione generale come dimostra, ad esempio, il fatto che le norme interne del CONI (ente pubblico la cui attività è riferibile alla pubblica amministrazione) e della FITAV prevedono che gli sportivi che praticano il tiro a volo possono iniziare la loro attività a 14 anni; in altre parole in un campo di tiro a volo e sotto il controllo di un istruttore, persino dei minorenni possono portare armi. Ricordo che la FITAV è una associazione di diritto privato che riunisce disparate associazioni (infatti è una federazione) e che non ha affatto il monopolio del tiro a volo; quindi ogni associazione di tiro sportivo può far addestrare allo sport del tiro a volo giovani dai 14 anni in su.
Ricordo anche che molti campi di tiro hanno la licenza del sindaco per pubblici spettacoli; è chiaro che nel momento in cui il poligono viene aperto al pubblico per lo spettacolo (ma solo allora!), esso non può più essere considerato luogo privato.
Questo principio è sempre stato accettato senza problemi e contestazioni solo che si pensi quanto era diffuso fra i cacciatori l'uso di portare con sé il figlio apprendista e di passargli il fucile solo al momento di sparare al selvatico oppure che si pensi agli stand per il tiro a segno nei Luna Park in cui tutti, in pubblico, sparano liberamente (un tempo con armi sicuramente qualificate come armi comuni da sparo).
Abbiamo così acquisito un altro punto cardine:

4) È consentito a chiunque di impugnare un arma e di sparare purché ciò avvenga sotto il diretto controllo di persona a ciò autorizzata o munita di adeguata licenza di porto d'armi.

A questo punto è necessario chiedersi se le norme sul comodato impediscano di affidare ad altri un'arma che non sia sportiva o da caccia.
Diciamo subito che non si ha mai comodato quando la nostra arma viene usata da altri sotto il nostro diretto controllo. Ma neppure può aversi comodato quando l'arma viene affidata per l'uso immediato in un luogo privato. La norma sul divieto di comodato è nata per punire il noleggio o prestito di armi fra criminali, integra cioè una cessione illecita e temporanea di armi che entrano nella completa e libera disponibilità del ricevente. Nei casi in esame si è quindi totalmente al di fuori dello schema giuridico del comodato.
Quanto esposto consente di risolvere questo elegante caso giuridico: Tizio è stato assunto come custode di una villa e il proprietario una sera gli dà un fucile dicendogli di fare un giro per il parco (sicura appartenenza dell'abitazione e sicuro luogo non aperto al pubblico) per controllare che non vi siano intrusi; può il custode portare quest'arma all'interno del parco? La risposta non può che essere affermativa perché per portare armi all'interno di un'abitazione e delle sue appartenenze non è richiesta alcuna licenza per il proprietario ed i suoi familiari capaci (principio pacifico) e non vi è ragione al modo perché lo stesso principio non debba valere per altri soggetti che si trovino nella stessa situazione. Persino il ladro che sia entrato nell'abitazione e si sia impossessato di una pistola non risponderà di porto abusivo finché non uscirà con l'arma fuori dall'edificio e luoghi privati circostanti per arrivare in un luogo aperto al pubblico. Quid juris se invece del fucile gli avesse affidato una pistola per cui non è consentito il comodato? La mia risposta è che nulla vi sarebbe di illecito perché la legge non ha mai voluto vietare la consegna di armi ad altri in luogo privato.

È facile immaginare le obiezioni di coloro che piuttosto che studiare le norme di legge, se le immaginano.
Si dirà che in questo modo si viene a dire che in un luogo privato può usare un'arma anche chi non ha il certificato di idoneità al maneggio delle armi. È vero, ma è proprio ciò che la legge ha detto da sempre.
Si dirà ancora che consentendo a persone prive di porto d'armi di sparare in luoghi privati, si pone in pericolo la sicurezza pubblica. A questa obiezione però può rispondersi con l'argomento già visto, secondo cui se posso sparare nel giardino sotto casa mia, non si comprende perché non dovrei poter sparare nel giardino sotto la casa di un mio amico. Se qualche preoccupazione potrebbe sorgere per i poligoni all'aperto, nessuna riserva può esservi per i poligoni al chiuso, con linee di tiro sicure e ove si può sparare sotto il controllo di una persona esperta. Per quanto concerne i poligoni si deve però tener presente che in essi vi è sempre una persona civilmente e penalmente responsabile e che ha quindi tutto l'interesse ad adottare idonee misure di sicurezza per evitare la fuoriuscita di proiettili o incidenti fra i tiratori. Inoltre esistono norme generali di sicurezza che impongono distanze di sicurezza da luoghi abitati e di non sparare in determinate direzioni. L'esperienza dimostra che gli incidenti dovuti a proiettili vaganti sono praticamente nulli.
Qualcuno potrebbe ancora osservare che con la interpretazione esposta si consentirebbe di esercitarsi al tiro anche a persone che non danno affidamento di non abusare delle armi: è vero, ma ricordiamo che a queste persone nulla vieta di esercitarsi ben nascosti in casa propria.

Conclusioni
Credo di aver dimostrato che, in base ad una corretta interpretazione della normativa vigente e tenendo conto della realtà, è perfettamente lecito a chiunque di sparare con armi di ogni genere consentito, in suo possesso o ricevute sul posto, in ogni luogo che non sia pubblico o aperto al pubblico. Quindi anche chi è privo di porto d'armi può:
- sparare in un campo di tiro dinamico;
- sparare in un campo di tiro a volo;
- sparare in un poligono privato;
- sparare in un luogo all'aperto che sia recintato in modo invalicabile e con chiaro divieto di accesso;
- può sparare in luogo pubblico o aperto la pubblico, se è sotto il diretto controllo di persona idonea al maneggio delle armi la quale funge da istruttore.
 


torna su
email email - Edoardo Mori top
  http://www.earmi.it - Enciclopedia delle armi © 1997 - 2003 www.earmi.it