Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Trattato del diritto della caccia - Accesso ai terreni altrui

Voce collegata: Luoghi in cui è vietato cacciare

Le leggi sulla caccia del 1931 e del 1939, art. 28, vietavano la caccia nei fondi chiusi completamente da mura, rete metallica od altra effettiva chiusura, di altezza non minore di metri 1,80 o da corsi d'acqua della profondità di almeno metri 1,50 e della larghezza di almeno 3 metri.
Il codice civile del 1942 stabilisce il diritto del proprietario di un terreno di regolarne l’accesso da parte di estranei, nei seguenti articoli:
Art. 841 - (Chiusura del fondo) - Il proprietario può chiudere in qualunque tempo il fondo.
Art. 842 – (Caccia e pesca) - Il proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri per l'esercizio della caccia, a meno che il fondo sia chiuso nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia o vi siano colture in atto suscettibili di danno. Egli può sempre opporsi a chi non è munito della licenza rilasciata dall'autorità.
Per chiusura di un fondo, in via generale, si intende il recingerlo con muri, siepi, recinzioni di vario genere, senza lasciarvi varchi aperti, in modo da rendere difficile di entrare in essi e manifesta la volontà di escludere persone non legittimate. Ha scritto la Cassazione: L'esercizio da parte del proprietario, della facoltà di chiudere il proprio fondo ha la finalità di proteggerlo non già di individuarlo, giacche l'individuazione di un fondo e data soltanto dai suoi confini, che ne determinano l'estensione anche quando la linea di demarcazione con il fondo limitrofo non sia messa in particolare risalto da termini.(Cass., 15 giugno 1968, n. 1920.
Però le leggi sulla caccia hanno sempre fatto riferimento ad una più specifica nozione di fondo chiuso.
La LC del 1992, art. 15 prevede in via generale che nei fondi sottratti alla gestione programmata della caccia è vietato a chiunque, compreso il proprietario o il conduttore, esercitare l'attività venatoria fino al venir meno delle ragioni del divieto.
Aggiunge poi: L'esercizio venatorio è, comunque, vietato in forma vagante sui terreni in attualità di coltivazione. Si considerano in attualità di coltivazione: i terreni con coltivazioni erbacee da seme; i frutteti specializzati; i vigneti e gli uliveti specializzati fino alla data del raccolto; i terreni coltivati a soia e a riso, nonché a mais per la produzione di seme fino alla data del raccolto. L'esercizio venatorio in forma vagante è inoltre vietato sui terreni in attualità di coltivazione individuati dalle regioni, sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro strutture regionali, in relazione all'esigenza di protezione di altre colture specializzate o intensive.
 L'esercizio venatorio è vietato a chiunque nei fondi chiusi da muro o da rete metallica o da altra effettiva chiusura di altezza non inferiore a metri 1,20, o da corsi o specchi d'acqua perenni il cui letto abbia la profondità di almeno metri 1,50 e la larghezza di almeno 3 metri. I fondi chiusi esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge e quelli che si intenderà successivamente istituire devono essere notificati ai competenti uffici regionali. I proprietari o i conduttori dei fondi di cui al presente comma provvedono ad apporre a loro carico adeguate tabellazioni esenti da tasse.

La LC del 1992, art. 15, prevede poi che il proprietario o conduttore di un fondo possa essere autorizzato a vietare sullo stesso l'esercizio dell'attività venatoria. E che il divieto è reso noto mediante l'apposizione di tabelle, esenti da tasse, a cura del proprietario o conduttore del fondo, le quali delimitino in maniera chiara e visibile il perimetro dell'area interessata.
La LC del 1992, art. 16, stabilisce che privati possano istituire aziende faunistico-venatorie e aziende agrituristico-venatorie; anche queste, pur nel silenzio della legge, devono essere delimitate con tabelle.

L’art. 15 fornisce poi la nozione di fondo chiuso: L'esercizio venatorio è vietato a chiunque nei fondi chiusi da muro o da rete metallica o da altra effettiva chiusura di altezza non inferiore a metri 1,20, o da corsi o specchi d'acqua perenni il cui letto abbia la profondità di almeno metri 1,50 e la larghezza di almeno 3 metri. I fondi chiusi esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge e quelli che si intenderà successivamente istituire devono essere notificati ai competenti uffici regionali. I proprietari o i conduttori dei fondi di cui al presente comma provvedono ad apporre a loro carico adeguate tabellazioni esenti da tasse.
La superficie dei fondi di cui al comma 8 entra a far parte della quota dal 20 al 30 per cento del territorio agro-silvo-pastorale di cui all'articolo 10, comma 3.
Le regioni regolamentano l'esercizio venatorio nei fondi con presenza di be­stiame allo stato brado o semibrado, secondo le particolari caratteristiche ambientali e di carico per ettaro, e stabiliscono i parametri entro i quali tale esercizio è vietato nonché le modalità di delimitazione dei fondi stessi.
Vi sono poi luoghi in cui in cui è vietato cacciare in ragione della loro chiara natura: parchi giardini, campi sportivi, vicino a case o strade, ecc.

La situazione che può presentarsi è perciò la seguente:
- terreno libero non recintato in alcun modo;
- terreno libero munito di recinzione con varchi o facilmente scavalcabile;
- terreno chiuso da protezioni o delimitato da corsi d’acqua aventi i requisiti indicati dalla legge e segnalati con tabellazione;
- terreno chiuso nel senso appena visto ma privo di tabellazioni;
- terreni liberi in attualità di coltivazione a norma della legge statale o della normativa regionale non segnalati da tabellazioni
- terreni liberi con bestiame allo stato brado o semibrado e segnalati con tabellazione;
- terreni liberi il cui proprietario è stato autorizzato a vietarvi la caccia e segnalati con tabellazione;
- terreni liberi o chiusi, privi di tabellazione, ma chiaramente individuabili (giardini, ecc.)
Quindi la regola generale è che ogni terreno, ai fini venatori, e salvo quelli espressamente esclusi per legge e individuabili per la loro natura (giardini, strade,ecc.), si considera libero, salvo che abbia i requisiti per essere chiuso e la chiusura sia indicata con tabellazione. Principi questi ben saldi fin dalla legge 14 agosto 1859!
Fatta questa premessa rivolta a ben comprendere la distinzione fra fondo chiuso ai fini della normativa venatoria e fondo libero, possiamo affrontare l’argomento specifico dello accesso ai fondi altrui a fini venatori o per diverso fine, chiaro essendo che:
a) la circostanza che in un terreno non si possa cacciare, non implica che non vi si possa entrare per altri motivi;
b) la circostanza che in un terreno non si possa entrare, non implica che non vi si possa cacciare.
Oltre alle norme già indicate si deve fare riferimento all’art. 637 del Codice Penale del 1930 che punisce l’ingresso abusivo nei fondi altrui stabilendo: Chiunque senza necessità entra nel fondo altrui recinto da fosso, da siepe viva o da un altro stabile riparo è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 103.
La norma è alquanto generica e si deve ritenere, in mancanza di uno speci­fico richiamo alla normativa speciale sul fondi chiusi contenuta, già all’epoca, nelle leggi sulla caccia, che essa trovi applicazione anche quando la recinzione non rispetti i criteri venatori (le leggi sulla caccia pongono divieti di caccia, non divieti di ingresso e, se vi fosse solo la legge venatoria, nulla impedirebbe di entrare nei fondi chiusi!). Sicuramente il termine “recintato” vuol dire che il recinto deve essere chiuso, senza varchi o aperture.
Però la sua genericità rende spesso difficile comprendere se e quando in concreto vi sia una situazione che impone di non entrare nel terreno. Infatti nella pratica, quando ci si trova di fronte ad un filo spinato, una siepe o un muro, non è dato vedere tutto il suo percorso e quindi non si può comprendere se essi indichino solo un confine o una volontà di escludere l’ingresso sul fondo; spesso inoltre la recinzione viene creata per impedire l’uscita di animali al pascolo e non per impedire il passaggio; per non parlare del fosso che, da quando non ci sono più i castelli medievali, viene fatto per condurre acque e non per impedire l’accesso e che mai circonda interamente un fondo!
Si tratta poi di un delitto e quindi il reato può essere commesso solo con dolo: deve ciò esservi la prova che chi è entrato nel fondo sapeva che esso era recintato interamente e che la recinzione era fatta per impedire l’ingresso ad estranei. Fermo ciò, la norma penale si può comunque applicare al cacciatore solo se egli entra in un fondo chiuso a norma della legge venatoria poiché altrimenti egli non vi entra senza necessità, ma per soddisfare una sua necessità venatoria tutelata dalla legge.
Non deve trarre in inganno l’art. 841 C.C. il quale stabilisce semplicemente il diritto del proprietario di un terreno di fare opere che impediscano l’ingresso agli estranei; diritto puramente civilistico che può essere tutelato con azioni possessorie, ma che non trova tutela né penale né amministrativa, al di fuori del limitato caso previsto dall’art. 637 CP.
Semmai deve tenersi presente la norma che vieta di recare danno a beni ed animali altrui; se un terreno è coltivato, anche con prodotti non specificati dal legislatore, è sempre vietato a chiunque di calpestare e danneggiare tali prodotti; se in un recinto vi sono animali è vietato entrarvi, spaventarli, farli fuggire.
Ciò premesso vediamo le situazioni pratiche che possono presentarsi:
a) terreno senza recinzioni e divieti e non coltivato: tutti possono entrarvi
b) terreno con recinzione che non indica la volontà di escludere terzi: tutti possono entrarvi senza far danno a prodotti agricoli o ad animali.
c) terreno recintato al fine di escludere l’ingresso di terzi, ma non chiuso a norma di legge: vi può entrare solo il cacciatore per cacciare; l’escursionista vi può entrare solo per necessità;
d) terreni in attualità di coltivazione per definizione normativa statale o re­gionale: non vi si può cacciare; però, se non sono recintati, l’escursionista può girarvi liberamente senza danneggiare e senza raccogliere frutti;
e) terreni individuati dalla regione come in attualità di coltivazione e tabel­lati: non vi si può cacciare in forma vagante: l’escursionista può entrarvi come al punto c);
f) terreni chiusi a norma di legge e tabellati: non vi si può cacciare e nessun estraneo vi può entrare.
Un dubbio giuridico ricorrente, e derivante proprio dall’ intreccio poco chiaro fra divieto di ingresso in un fondo e divieto di cacciare, è che cosa si intende per cacciare: è vietano o no stanare la selvaggina dal fondo in cui è vietato cacciare e poi ucciderla quando ne esce?
La risposta non può che essere positiva in tutti quei casi in cui la natura della recinzione consente all’animale di uscire, poco importa se spontaneamente o “sollecitato”. Se la recinzione è fatta per trattenere l’animale, se è insuperabile, il problema non si pone proprio.


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