Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Trattato del diritto della caccia - Porto d'armi da parte degli accertatori

Si veda anche il capitolo Vigilanza venatoria ove vengono esporti compiti e poteri degli incaricati della vigilanza venatoria.
La qualifica di agente di polizia giudiziaria, di per sé non attribuisce alcun diritto al porto di armi.
Gli agenti di P.S. che siano Carabinieri, appartenenti alle Forze di Polizia oppure guardie campestri, daziarie, boschive, municipali ed altre dei comuni, costituite in forza di regolamenti, deliberati ed approvati nelle forme di legge, e riconosciute dal prefetto, portano, senza licenza, le armi di cui sono muniti a norma dei rispettivi regolamenti (art. 73 Reg. T.U. Leggi di P.S.). Di norma i regolamenti stabiliscono per chi non appartenga alla Forze di Polizia che il porto avvenga solo durante il servizio, per recarsi ad esso o farne ritorno; se il servizio è limitato territorialmente, anche il porto è limitato al territorio di competenza, salvo ragionevoli esclusioni (ad es. inseguimento di un reo).
Le guardie giurate private hanno una normale licenza con validità biennale per il porto di arma corta o lunga. La licenza viene rilasciata a tassa ridotta in quanto richiesta per ragioni di lavoro
Le guardie giurate volontarie non sono legittimate a portar armi, salvo che il prefetto dia loro una specifica licenza di porto. Non spetta loro la riduzione della tassa di concessione governativa in quanto non sono lavoratori dipendenti.
L’orientamento generale delle prefetture è nel senso di ritenere che per le guardie volontarie non ricorra, salvo rari e specifici casi, il requisito del “dimostrato bisogno” richiesto dall’art. 42 T.U. Leggi di P.S. In alcuni casi le prefetture hanno ritenuto che alle guardie volontarie potesse essere concessa licenza di porto di fucile per difesa personale. È un vero nonsenso perché si pone la guardie venatoria nella situazione di essere scambiate per un cacciatore o un bracconiere e gli si consente di girare con un’arma da caccia, là proprio dove è vietato a tutti portarne (cosa che potrebbe anche consentirgli di avere una certa impunità se decidesse di violare la legge!).
Una vecchia circolare Ministero Int. 10.6466/10173(2) del 13 ottobre 1979, aveva affermato che le Guardie venatorie possono andare armate di fucile sempre che non usino munizioni spezzate. La prescrizione circa le munizioni è una sciocchezza, basata sul TU della caccia del 1939 non più in vigore all’epoca!
Ogni tanto il Consiglio di Stato riconosce a qualche guardia volontaria il diritto alla licenza in quanto esposta a pericolo, ma le motivazioni lasciano molto a desiderare (ad es. C. di Stato n. 267/2010) perché a ben vedere si tratta sempre non di un dimostrato pericolo concreto, ma di un pericolo immaginario generico; se si considera che in alcuni comuni la polizia locale è disarmata e che i prefetti rifiutano regolarmente la licenza a tassisti o  esercenti di distributori di benzina, statisticamente soggetti a rapine,  è ben difficile credere che sia a rischio chi, per sua libera scelta e con possibilità di valutare la situazione in anticipo, non deve affrontare delinquenti e, statisticamente, ben di rado soffre dei danni. Del tutto erronea la tesi che se una guardia ha avuto in passatot la liceneza, deve continuare ad averla! Se il legislatore ha previsto un rinnovo biennale è preprio per poter rivalutare periodicamente il “dimostrato bisogno di difendersi”.
La legge sulla caccia ha poi dettato norme particolari (art. 27 LC) che però non mutano molto il quadro sopra esposto.
Il relazione agli agenti dipendenti dagli enti locali delegati dalle regioni (in genere la polizia locale comunale) stabilisce che essi possono portare durante il servizio e per i compiti di istituto le armi da caccia di cui all'articolo 13 nonché armi con proiettili a narcotico.
L’art. 13 LC è quello che stabilisce quali armi siano usabili per la caccia. La disposizione non è molto sensata perché non vi è alcuna ragione di non consentire agli agenti, per i loro compiti di istituto (ad es. abbattimento di animali ammalati o nocivi) l’uso di armi non da caccia. Ad esempio per l’abbattimento delle nutrie è indispensabile usare un piccolo calibro come il 22 l.r. il quale è stato vietato non perché non idoneo, ma solo perché si temeva che venisse usato dai bracconieri in ragione della sua maggior silenziosità. Si dovrebbe perciò concludere che il legislatore temeva che i suoi agenti potessero trasformarsi in bracconieri! Per quanto concerne i →lanciasiringhe (che non sono armi!), si veda l’apposito capitolo.
L’art. 27 stabilisce che le armi di questi agenti locali sono portate e detenute in conformità al regolamento di cui all'articolo 5, comma 5, della legge 7 marzo 1986, n. 65, vale a dire con le stesse regole che valgono per la polizia municipale.
L’art. 5 citato, modificato poi con legge 127/1997, recita 5. Gli addetti al servizio di polizia municipale ai quali è conferita la qualità di agente di pubblica sicurezza possono, previa deliberazione in tal senso del consiglio comunale, portare, senza licenza, le armi, di cui possono essere dotati in relazione al tipo di servizio nei termini e nelle modalità previsti dai rispettivi regolamenti, anche fuori dal servizio, purché nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e nei casi di cui all'articolo
4. Tali modalità e casi sono stabiliti, in via generale, con apposito regolamento approvato con decreto del Ministro dell'interno, sentita l'Associazione nazionale dei comuni d'Italia. Detto regolamento stabilisce anche la tipologia, il numero delle armi in dotazione e l'accesso ai poligoni di tiro per l'addestramento al loro uso.
 Difficile capire quali siano i “casi di cui all’art. 4”. Se si escludono i servizi di collegamento e rappresentanza e le missioni esterne, non rimane nulla. Quindi si dovrebbe comprendere che anche coloro che non sono autorizzati al porto permanente, possono portare l’arma in missione esterna o in operazioni di collegamento.
Una norma che poteva essere semplicissima è stata scritta in modo contorto, tanto che inizialmente si riteneva che il sindaco potesse non richiedere per le GM il riconoscimento della qualifica di agente di PS; e alcuni comuni chiedevano per le GM la licenza di porto d’armi come guardie giurate o come privati. Dal complesso delle norme si dovrebbe però ricavare il principio che la qualifica di agente di PS è inscindibile dalla qualifica di agente di PM e di PG; perciò il sindaco deve fare la comunicazione dei nominativi delle GM e non è concepibile che vi sia una GM con poteri e qualifiche limitate. Segnalo però che il Consiglio di Stato con decisione n. 3336/07 Reg. Decisioni, ha stabilito il contrario; con decisione n. 3845/07 ha perciò affermato che il comandante di corpo può essere anche obiettore di coscienza (Dio sa come questi possa poi effettuare un controllo concreto sull’armeria!).
Il testo originario del quinto comma diceva che gli agenti della PM, ai quali è conferita la qualità di agente di PS (frase da cui si poteva dedurre che vi potessero essere anche agenti della PM privi di tale qualità) portano, senza licenza, le armi di cui possono essere dotati in relazione al tipo di servizio nei termini e nelle modalità previsti dai rispettivi regolamenti, anche fuori dal servizio; questa frase è stata poi modificata con legge 127/1997 come appare sopra. La frase è giuridicamente assurda perché può essere intesa sia nel senso che il singolo agente di PM può chiedere di non portare l’arma, sia nel senso che il Comune può deliberare che tutte le guardie vadano disarmate, sia che il Comune può deliberare che le armi non possono essere portate fuori servizio!!
Il DM (anteriore alla modifica) dava per scontato che il regolamento del comune potesse disporre che certe GM andassero disarmate; ma un decreto non può servire per interpretare la legge.
Il Decreto 4 marzo 1987, n. 145 a sua volta stabilisce quanto segue:
Art. 5 (Modalità di porto dell'arma)
 1. Gli addetti di cui all'art. 1 che esplicano servizio muniti dell'arma in dotazione indossano l'uniforme e portano l'arma nella fondina esterna corredata di caricatore di riserva.
 2. Nei casi in cui, ai sensi dell'art. 4 della legge 7 marzo 1986, n. 65, l'addetto è autorizzato a prestare servizio in abiti borghesi, ed egli debba portare l'arma, nonché nei casi in cui egli è autorizzato a portare l'arma anche fuori servizio, ai sensi dell'art. 6, questa è portata in modo non visibile.
 3. Non possono essere portate in servizio armi diverse da quelle in dotazione. (Nota: Il fatto di portare un’arma diversa da quella di servizio configura, in mancanza di una norma sanzionatoria con valore di legge, solo un illecito disciplinare. Un decreto ministeriale non può creare reati)
Art. 6 (Assegnazione dell'arma)
 1. Il regolamento di cui all'art. 2 stabilisce, in relazione al tipo di servizio e alle necessità di difesa personale, le modalità dell'assegnazione dell'arma agli addetti alla polizia municipale in possesso della qualità di agente di pubblica sicurezza, determinando altresì:
 a) i servizi svolti in via continuativa con armi e con personale ad essi specificatamente destinato, per i quali può essere disposta la assegnazione dell'arma in via continuativa;
 b) i servizi svolti con armi occasionalmente o con personale ad essi destinato in materia non continuativa, per i quali l'assegnazione dell'arma è effettuata di volta in volta.
 2. Per le armi assegnate ai sensi del primo comma, lettera a), il porto dell'arma senza licenza è consentito anche fuori dal servizio nel territorio dell'ente di appartenenza e nei casi previsti dalla legge e dal regolamento. (Nota: Disposizione priva di senso; se l’arma può essere portata in via continuativa è ovvio che può essere portata anche fuori servizio!)
3. Il provvedimento con cui si assegna l'arma in via continuativa è disposto dal sindaco per un periodo determinato ed il sindaco stesso provvede annualmente alla sua revisione. I provvedimenti sono comunicati al prefetto. Si applicano, per quanto non previsto, le vigenti disposizioni in materia di porto e detenzione di armi e delle relative munizioni.(Nota: L’ultimo periodo è privo di senso e contrario ad altre disposizioni; quando un’arma viene affidata da un ente pubblico con le relative munizioni, l’affidamento risulta da atti pubblici e perciò non vi è bisogno di alcuna denunzia; il porto è regolato da norme particolari e perciò non si possono applicare le norme generali. Cosa ovvia, perché l’affidamento dell’arma può cambiare rapidamente e sarebbe sciocco pretendere che il Comune facesse ogni pochi giorni comunicazione su chi detiene l’arma di servizio).
4. Del provvedimento con cui si assegna l'arma in dotazione in via continuativa è fatta menzione nel tesserino di identificazione dell'addetto, o in altro documento rilasciato dal sindaco che l'addetto è tenuto a portare sempre con sé.
Art. 7 (Funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza)
 Gli addetti alla polizia municipale di cui all'art. 1 che collaborano con le forze di polizia dello Stato ai sensi dell'art. 3 della legge 7 marzo 1986, n. 65, esplicano il servizio in uniforme ordinaria e muniti dell'arma in dotazione, salvo sia diversamente richiesto dalla competente autorità, e prestano l'assistenza legalmente richiesta dal pubblico ufficiale alle cui dipendenze sono funzionalmente assegnati.
Art. 8 (Servizi di collegamento e di rappresentanza)
 I servizi di collegamento e di rappresentanza esplicati fuori dal territorio del comune di appartenenza sono svolti di massima senza armi; tuttavia, e fatto salvo quanto previsto dall'art. 9, agli addetti alla polizia municipale cui l'arma è assegnata in via continuativa è consentito il porto della medesima nei comuni in cui svolgono compiti di collegamento o comunque per raggiungere dal proprio domicilio il luogo di servizio e viceversa. (Nota: È principio consolidato che in questo caso non è necessario che l’interessato segua la via più breve; egli può accompagnare i figli a scuola, fermarsi al bar al parlare con gli amici, andare al ristorante o a fare spesa. L’importante è che alla fine del servizio non passi per casa, perché allora vi deve lasciare l’arma, prima di uscirne nuovamente)
Art. 9 (Servizi esplicati fuori dell'ambito territoriale per soccorso o in supporto)
 1. I servizi esplicati fuori dell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza per soccorso in caso di calamità e disastri o per rinforzare altri Corpi e servizi in particolari occasioni stagionali o eccezionali sono effettuati, di massima, senza armi. Tuttavia il sindaco del comune nel cui territorio il servizio esterno deve essere svolto può richiedere nell'ambito degli accordi intercorsi ai sensi dell'art. 4, della legge 7 marzo 1986, n. 65, che un contingente del personale inviato per soccorso o in supporto sia composto da addetti in possesso delle qualità di agente di pubblica sicurezza, il quale effettui il servizio stesso in uniforme e munito di arma, quando ciò sia richiesto dalla natura del servizio, ai fini della sicurezza personale, ai sensi del regolamento comunale di cui all'art. 2. (Nota: Ovviamente in questi casi l’arma deve essere affidata in via continuativa poiché altrimenti gli affidatari non saprebbero che farne alla fine del servizio.)
 2. Per i servizi di supporto che rivestono carattere non occasionale, i contingenti di rinforzo di cui al comma precedente, nonché i casi e le modalità del loro armamento in servizio sono predeterminati dai piani o dagli accordi tra le amministrazioni interessate, osservate le previsioni dei regolamenti comunali di cui all'art. 2 ed i criteri di cui all'art. 3.
 3. Nei casi previsti dall'art. 8 e dai precedenti commi, il sindaco dà comunicazione al prefetto territorialmente competente ed a quello competente per il luogo in cui il servizio esterno sarà prestato dei contingenti tenuti a prestare servizio con armi fuori dal territorio dell'ente di appartenenza, del tipo di servizio per il quale saranno impiegati e della presumibile durata della missione.
Art. 10 (Prelevamento e versamento dell'arma)
 1. L'arma assegnata ai sensi dell'art. 6, lettera b), è prelevata, all'inizio del servizio, presso l'armeria del Corpo o servizio della polizia municipale e alla stessa deve essere versata al termine del servizio medesimo. (Nota: L’art. 6 lett. b) non dice che ogni volta vada prelevata la stessa arma. Avrebbe fatto bene a dirlo e conviene dare disposizioni in tal senso).
 2. L'arma assegnata ai sensi dell'art. 6, lettera a), è prelevata presso l'armeria, previa annotazione degli estremi del documento di cui al terzo comma dell'art. 6 nel registro di cui all'art. 14. L'arma deve essere immediatamente versata nella medesima armeria quando sia scaduto o revocato il provvedimento di assegnazione o siano venute comunque a mancare le condizioni che ne determinarono l'assegnazione. (Nota: Norma scritta con i piedi; ci voleva ben poco a dire che quando l’arma viene prelevata da chi la terrà in via continuativa, si deve annotare il documento autorizzativo)
 3. L'arma comunque assegnata deve essere immediatamente versata all'armeria allorquando viene meno la qualità di agente di pubblica sicurezza, all'atto della cessazione o sospensione del rapporto di servizio e tutte le volte in cui sia disposto con provvedimento motivato dall'amministrazione, o dal prefetto.

Art. 11 (Doveri dell'assegnatario)
 L'addetto alla polizia municipale, cui è assegnata l'arma ai sensi dell'art. 6, deve:
a) verificare al momento della consegna la corrispondenza dei dati identificativi dell'arma e le condizioni in cui l'arma e le munizioni sono assegnate;
b) custodire diligentemente l'arma e curarne la manutenzione;
c) applicare sempre e ovunque le misure di sicurezza previste per il maneggio dell'arma;
d) mantenere l'addestramento ricevuto, partecipando attivamente alle esercitazioni di tiro di cui agli articoli 17 e 18.

Alle guardie venatorie volontarie è vietato l'esercizio venatorio durante l'esercizio delle loro funzioni (art. 27 c. 4°). Vale a dire che quando sono in campagna o fanno i cacciatori oppure fanno le guardie senza portare armi lunghe. Se portassero, in quanto autorizzati dal prefetto, armi lunghe per difesa personale, dovrebbero comunque osservare le norme venatorie, portarle scariche ove non si può cacciare e mettere l’arma in custodia nei luoghi per cui ciò è prescritto. Nella legge non vi è alcuna esenzione per essi mentre invece vi è espressamente (art. 29) per gli appartenenti alla polizia locale i quali portano senza licenza le armi di cui sono dotati nei luoghi nei quali sono comandati a prestare servizio ed in quelli attraversati per raggiungerli e per farvi ritorno.
Invece a tutti gli altri agenti di vigilanza venatoria è vietato è vietato l'esercizio venatorio nell'ambito del territorio in cui esercitano le funzioni. Ciò comporta un problema interpretativo per coloro, come Carabinieri e Polizia di Stato, che sono in servizio permanente su tutto il territorio italiano. Siccome la legge non può impedire a loro di cacciare, è necessario intendere che la limitazione vale solo per il territorio ove ha sede l’ufficio a cui appartengano; ad esempio per il Carabiniere che presta servizio in una stazione, il divieto comprende tutto il territorio della stazione, e così via.
La Cassazione ha stabilito che per chi non è in servizio permanente il divieto opera solo per i tempi in cui il soggetto è in servizio: Il divieto di esercizio venatorio di cui all'art. 27, quinto comma, della legge n. 157 del 1992 opera nei confronti degli appartenenti alla Polizia Municipale - i quali, ai sensi dell'art. 57 cod. proc. civ., hanno la qualifica di agenti di polizia giudiziaria soltanto nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e limitatamente al tempo in cui sono in servizio - subordinatamente alla limitazione spaziale che essi si trovino nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza ed alla condizione che siano effettivamente in servizio (nella specie la SC ha cassato la sentenza di merito e, decidendo nel merito, ha annullato la sanzione irrogata per violazione dell'art. 27 cit. a vigile urbano che esercitava la caccia fuori dall'orario di servizio senza rivestire, quindi, la qualifica di agente di PG). Cass 13 aprile 2001, n. 5538.
La Cassazione purtroppo si è dimenticata che; l’art. 29 della legge sulla caccia 157/1992, in contrasto con tutto il quadro logico-sistematico, stabilisce che gli agenti della polizia locale possono redigere i verbali di contestazione delle violazioni e degli illeciti amministrativi previsti dalla presente legge, e gli altri atti indicati dall'articolo 28, anche fuori dall'orario di servizio. Di conseguenza è impossibile che un agente della polizia locale possa essere contemporaneamente cacciatore e accertatore.


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