Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Efficacia e precisione delle armi da fuoco antiche

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Pochi hanno le idee chiare sulla efficacia delle armi da fuoco antiche, sulla loro precisione, resistenza ed affidabilità. La cultura sul punto è affidata ai romanzi di Salgàri e Karl May, in cui ogni arma colpisce infallibilmente anche un chiodo, a qualsiasi distanza, e alla mitologia del Far West che si è letteralmente inventata tecniche di tiro, modi di portare la pistola, fondine, tiratori eccezionali fulminei ed infallibili, duelli, e tutta una mentalità pseudoeroica da fumetto assolutamente inesistenti.
Il problema venne affrontato alla fine del 1700 in Francia in relazione alle armi militari. Il generale Manson (che poi avrebbe fondato la fabbrica di fucili bavarese di Amberg) incaricò il colonnello di artiglieria Monfort di effettuare esperimenti sul fucile da fanteria M 1777 con acciarino a pietra.

L’esperimento venne iniziato con quattro fucili nuovi e si spararono con ciascuno più di diecimila colpi senza che si verificasse alcun cedimento delle canne. Gli esperimenti vennero sospesi nel corso della rivoluzione francese e ripresi dallo stesso Monfort qualche anno dopo nel 1805. Vennero ritrovarti persino due dei fucili usati nei primi esperimenti. Le canne risultarono ancora in buono stato; l’acciarino era un po’ usurato e si sostituì la martellina.
Dopo 4.443 ulteriori colpi scoppiò la canna di uno dei due fucili, ma si accertò che il tiratore aveva inserito per sbaglio una doppia carica di polvere!

Le statistiche di questo esperimento riferiscono che furono usate 159 pietre focaie e quindi una pietra ogni 28 colpi. La polvere bruciò nello scodellino per 277 volte senza riuscire ad infiammare la carica, vale a dire che fece cilecca una volta su 16. Però per ben 799 volte, e cioè una volta su sei, l’acciarino fece cilecca totale senza riuscire neppure ad accendere la polvere nello scodellino.
Il consumo della martellina fu molto variabile: una superò solo 375 colpi, una 1084, una ben 2186. Il consumo di altre parti fu molto limitato: una molla del cane, uno scodellino, una vite delle ganasce, una noce e una stanghetta. La canna dovette essere lavata ogni 60-65 colpi. Perciò questo fucile aveva sparato oltre 14.000 colpi senza problemi e si ruppe solo per un errore umano; gli esperimenti con il secondo fucile vennero interrotti dopo 12.281 colpi con un consumo di 410 pietre (media 28 colpi a pietra) ma si riscontrò che una pietra sbiancata dalla luce faceva cilecca una volta su tre e che una buona pietra scura poteva reggere fino a 100 colpi. La media delle mancata accensione della carica fu una volta ogni 33 colpi e una volta su 12 l’acciarino non accese la polvere nello scodellino. La durata della martellina risultò molto variabile, da 500 a 4000 spari. Dopo 22.000 colpi ed alcune modeste riparazioni si concluse che l’arma era ancora in buono stato!

Qualche anno dopo il problema venne nuovamente affrontato perché i militari si lamentavano per il numero eccessivo di spari mancati. Una commissione provò a vedere che cosa succedeva con una buona manutenzione dell’arma: cambio della pietra ogni 30 colpi, lavaggio della canna ogni 60 colpi, revisione dell’acciarino ogni 300 colpi. Risultato: una volta su 10 cilecca totale, una volta su 20 cilecca parziale. Alla fine si adottarono le modifiche per migliorare l’acciarino proposte dal col. Cotty., ma con scarsi risultati.

Dai dati di arsenale dell’epoca napoleonica relativi alle parti di ricambio, si scopre che per ogni 1000 fucili si tenevano in magazzino 4 acciarini completi, 10 canne nuove, 20 baionette, 20 scodellini, 30 grilletti, 30 viti di coda, 70 copriscodellini, 80 casse, 100 viti per le ganasce, 150 cani. Si vede quindi che i danni alle canne erano relativamente rari, specie se si considera che essi erano dovuto di solito non a cedimento, ma a errore nel caricamento. Per le carabine le parti di ricambio erano la metà, per le pistole un terzo.

Questo si spiega con il fatto che le pistole erano già all’epoca ben poco usate stante loro mancanza di precisione. Dice un militare dell’epoca che a 10 passi di distanza ci volevano più colpi per riuscire a colpire una persona.
Pare inoltre che il principale problema nella conservazione in buono stato delle armi fosse in passato quello dell’eccesso di pulizia e lucidatura in tempo di pace che portava a render poco salde molte parti.

Circa la precisione delle armi della stessa epoca disponiamo di esperimenti fatti in Prussia e ad Hannover nel 1829. I soldati sparavano contro un tavolato di legno di abete dello spessore di 2,4 cm e delle dimensioni di metri 7,5 di lunghezza e 1,83 di altezza. Sul tavolato vi era poi un bersaglio largo m 1,25 e alto m. 1,83 e i tiratori dovevano cercare di colpirlo.
I risultati degli sperimenti furono i seguenti:


Tipo arma Distanza/passi

Colpi sul tavolato

Colpi sul bersaglio Minuti per 10 spari
A segno Passanti A segno Passanti
Fucile dello Jägerkorp 100 93 92 68 68 18 - 26
200 87 85 49 47 11 - 22
300 A 72 56 31   30 -37
400 A 53 29 20   28 - 37
 
Fucile da fanteria prussiano 200 62 62 21 21 5 -8
300 36 36 4 4 6
200 A 66 66 21 21 6
300 A 30 29 7 7 6
Nota: A = con arma appoggiata nella parte anteriore

Tipo di fucile Distanza in passi Su 100 colpi vanno a segno circa
senza appoggio con appoggio

Fucile inglese con pezzuola

100 100 100
150 70 - 75 90 - 95
200 40 - 45 80 - 90
300 30 - 33 60 - 70
400 - 35 - 40
 
Moschetto inglese 100 66 - 70 100
150 50 - 60 90 - 95
200 25 - 30 85 - 90
300 20 - 25 45 - 50
400 - 30 - 35
 

Carabina rigata di Hannover

100 100 100
150 70 - 80 95 - 100
200 50 - 55 90 - 95
300 40 - 45 70 - 75
400 - 60 - 65

  Gli esperti dell'epoca calcolavano che circa il 15% dei moschetti non riuscisse a sparare in combattimento per problemi vari di accensione e che in combattimento a 90 metri di distanza, tra cilecche, agitazione, errori nel caricamento e fumo, con una salva di 100 moschetti si poteva sperare in 15 nemici colpiti.
La velocità iniziale della palla doveva aggirarsi attorno ai 300 ms e si calcolava che non fosse più micidiale oltre i 270 metri. Una salva di fucilieri contro truppe ammassate a 180 metri di distanza portava a pochi feriti. Scrive un militare del 1814: La Brown Bess difficilmente riesce a colpire un uomo oltre 90 metri. Il soldato che viene colpito a 130 metri è uno sfigato e oltre i 180 metri nessun soldato è mai stato colpito! In effetti i fucilieri non sparavano mai a distanza maggiore di 180 metri e il risultato non era dovuto alla precisione dell'arma, ma alla intensità di fuoco. Si calcola che a Waterloo un battaglione di 500 uomini con moschetto, disposto su tre righe e con un fronte di 150 metri, riusciva a sparare 1000-1500 colpi al minuto e quindi 6-10 palle per ogni metro di fronte.
Attorno al 1800 Piccard in Francia fece degli studi statistici sulla rosata a 150 metri sparando con arma in appoggio ed ottenne uno spostamento verticale di 75 cm e laterale di 60 cm. Esperimenti di tiro fatti con soldati esperti "sotto pressione" per simulare condizioni di combattimento, contro un bersaglio di 3 x 1,75 metri, diedero i seguenti risultati:
 
Distanza Percentuale di colpi sul bersaglio
75 m 60%
150 m 40%
225 m 25%
300 m 20%
 
Le statistiche di tiro contro un reparto di cavalleria diedero i seguenti risultati:

Distanza Tiratore esperto Soldato semplice
90 m 53% 40%
180 m 30% 18%
270 m 23% 15%

Si concluse che in via teorica un battaglione di 500 uomini che riusciva a sparare 1000 colpi al minuto su di un fronte di 90 metri, poteva sperare in almeno 500 colpi a bersaglio. In pratica però non si raggiungevano questi livelli.
La carabina con canna rigata (mentre il moschetto era ancora a canna liscia) era più precisa ma la gittata utile era più o meno la stessa, come dimostrato da esperimenti con il fucile inglese Baker (180 metri al massimo, anche se tiratori scelti potevano essere ancora pericolosi fino a 270 metri).

Artiglierie
Le artiglierie erano usate o per demolire mura oppure in battaglia campale. Nel primo caso veniva impiegato il tiro diretto contro il bersaglio, di solito puntando più cannoni sullo stesso punto; nel secondo caso il tiro teso ad altezza d'uomo. La palla colpiva il terreno a circa 400 metri di distanza. Rimbalzava una prima volta per una egual tratta e, nell'80% dei casi rimbalzava per una terza volta di un centinaio di metri; quindi in condizioni ottimali copriva una striscia di terreno di quasi un chilometro. In genere però si preferiva sparare con una certa elevazione che portava il proietto a una diecina di metri di altezza e ad un primo impatto a circa 700 metri di distanza, a cui seguiva un unico rimbalzo ad altezza d'uomo di circa 200 metri.
Il fatto di dover vedere il bersaglio per mirare e di non poter sparare oltre le truppe amiche (salvo il caso di artiglieria messa in posizione elevata) costrinse ad usare i cannoni sui fianchi delle proprie truppe invece che in prima linea come avveniva nel 500. La precisione di tiro non era ovviamente richiesta anche se non era affatto trascurabile. Narra il col. Alfred Burne (1643) di aver provato a sparare contro un campanile da 550 metri distanza e di aver messo 14 colpi in un quadrato di 60 cm.
La cadenza pratica di fuoco di una artiglieria della metà del 600 era di circa 10 colpi ogni ora; un secolo dopo, con il miglioramento degli affusti e dei congegni di puntamento, si era giunti a due o più colpi al minuto; una cadenza maggiore era pericolosa per il surriscaldamento della canna e il pericolo di infiammazione spontanea delle polvere. Però già nel 500 (al tempo di Enrico II di Francia) si riuscivano a sparare 15-20 colpi all'ora con qualche pericolo per i cannonieri!
Le prestazioni dei cannoni erano invece già soddisfacenti quando si trattava di demolire fortificazioni e si erano raggiunte prestazioni impressionanti. Nel 1460 Maometto II assedia Costantinopoli con cannoni di bronzo lunghi 5 metri e pesanti circa 18 tonnellate; il calibro supera i 50 cm e ogni palla da 220 kg richiede quasi un quintale di polvere da sparo.In un esperimento di sparo con il cannone di Maometto il proiettile ha colpito un muro a 600 metri di distanza e i frammenti sono ricaduti a 1500 metri di distanza.
Un cannone analogo per dimensioni è ancora conservato a Gand in Belgio (la Dulle Griet cal. 64 cm, peso 15 tonnellate).
Del resto già nel 1388 il cannone Krimhild della città di Norimberga sparava palle di pietra di un quintale che a 100 passi bucavano un muro di 6 piedi di spessore.
Nel 1651 John Greaves fece esperimenti sulla penetrazione dei proiettili di cannoni. Egli sistemò tre bersagli di legno di quercia ed olmo spessi 48 cm, il primo nei pressi dell'arma, il secondo a 13 metri dal primo, il terzo a 7,20 metri dal secondo. La palla da 29 libbre caricata con 9 libbre di polvere buco i primi due bersagli e rimbalzò sul terzo; invece la palla di 16 libbre caricata con la stessa polvere cadde dietro al secondo bersaglio.
Secondo Sieur de Gaya (1678) una palla di cannone a 180 metri di distanza entrava per 7 metri nella sabbia sciolta, 5 metri nella terra sciolta, 3,60 metri in terrapieno di terra battuta.


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