Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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La Cassazione bacchetta Trento e Rovereto

Nel leggere oggio 8 settembre 2015 le notizie di stampa processo Knox e Sollecito mi si allarga il cuore perché mi sembra quasi che la Cassazione abbia letto le mie critiche al processo ed ai metodi dei PM ed abbia preso coscienza che la prova in un processo penale non nasce nella mente dei giudici come nel grembo di Giove, ma deve essere basata su precisi criteri logici scientifici. Da quando ho iniziato ad occuparmi di questo problema numerose sono state le sentenze in cui la cassazione ha confermato esattamente ciò che io avevo anticipato e ha strappato le orecchie a pubblici ministeri e giudici chiaramente incapaci.

Oggi riporto la notizia di un'altra sentenza in materia di pedofilia in cui la cassazione ha rimediato a gravi errori commessi dai giudici del tribunale di Rovereto e della corte di appello di Trento, nonché dei rispettivi pubblici ministeri. Anche in questo caso la cassazione ha severamente bacchettato il modo di procedere di questi giudici.

Per capire la situazione si deve sapere che il tribunale di Rovereto ha un'unica ragion d'essere: quella di consentire a Trento di avere una corte di appello in quanto questa, per poter esistere, deve giudicare su almeno due tribunali; se il tribunale di Rovereto venisse abolito, come è accaduto per tutti di quelli aventi lo stesso modesto bacino di utenza e troppo vicini ad un altro tribunale, la corte d'appello di Trento si sarebbe trovata automaticamente abolita e la competenza sarebbe passata a Verona.
Questa situazione comporta due conseguenze: che il tribunale di Rovereto e relativa procura hanno pochi giudici che si devono occupare di tutto e non acquisiscono alcuna esperienza e competenza specializzata e che la corte di appello di Trento ha ben poco su cui giudicare e non crea giudici con una sufficiente esperienza. Un tempo, quando aveva ancora competenza sul Tribunale di Bolzano, veniva chiamata "la corte dei  miracoli" per le incredibili assoluzioni che uscivano dalle sue aule.
Del resto anche il Tribunale di Trento, ogni volta che è salito agli onori delle cronache nazionali non ha fatto delle grandi figure.
Ricordo fra tutti il caso dei processi messi in piedi dal Giudice Istruttore Carlo Palermo, che subito alle persone intelligenti era apparsa come una bufala. La procura di Trento si era sempre correttamente opposta, ma i giudici di Trento erano andati avanti imperterriti, incapaci di resistere al peso mediatico della vicenda, fino a costringere al trasferimento del processo per legittima suspicione! Solo in appello si giungeva a chiarire la vicenda dichiarando  che i reati scoperti da Palermo  non erano mai esistiti!          
Il brillante consultivo del processo fu 166 imputati, 132 assolti, solo 25 condannati (quasi tutti stranieri individuati da altri giudici per fatti di droga) circa 80 anni di carcerazione ingiusta fatta subire ad innocenti, 3 morti in carcere, danni agli imputati e all'economia italiana per centinaia di miliardi di lire.

Riporto ora, qui sotto, la sentenza della Cassazione che ha salvato un avvocato dalla totale rovina morale ed esistenziale (la rovina parziale è ormai irrimediabile) dovuta alla  sua condanna per pedofilia da parte del Tribunale di Rovereto, confermata con ineffabile noncuranza dalla Corte di Appello. Amici e colleghi mai gli hanno tolto la loro stima, ben conoscendone il carattere mite e gentile.
È uno di quei casi, in cui la stessa esposizione dei fatti rendeva palese la loro totale fantasiosità (proprio come nel caso dei fatti di Rignano a cui rinvio per più ampie considerazioni) che solo delle persone che in vita loro non hanno mai letto una riga di un libro di psicologia, che non hanno mai studiato una riga sulla pedofilia e sulla testimonianza infantile, delle  persone convinte che il loro convincimento basato sul nulla, sia sufficiente per incarcerare e condannare una persona anche in totale assenza di prove. Probabilmente ignorano persino che già la costituzione criminale Carolina di Carlo V, del 1532 stabiliva che prima di poter torturare una persona per farla confessare era necessario possedere già sufficienti indizi!
Come può una persona normale credere che uno zio si diverta ad infilare oggetti appuntiti nell'ano dei nipotini e a far loro mangiare escrementi, in presenza della nonna che assiste compiaciuta e senza che nessuno, in una piccola casa, senta nulla?  E i bambini un'ora dopo sono perfettamente integri, senza dolore e senza essere totalmente sconvolti, come se nulla fosse successo!
Gravissimo anche il fatto che i giudici abbiano deciso solo sulla base di una consulenza disposta dal PM senza adeguato contraddittorio con le parti
Per  chi si è letto  qualche pagina sulla materia sono cose banali e sa che sono il frutto di suggestioni dei genitori  o di sciocchi psicologi, ma per certi giudici sono cose così estranee da farle giudicare dal primo peritastro che si trovano davanti. Altro che convincimento del  giudice; ormai siamo arrivati alla sentenza in cui il giudice non capisce nulla e il convincimento è quello di un perito scelto a caso e che nessun perito di parte, per quanto famoso e titolato, potrà scalfire.  

Ecco il testo della sentenza 38271 del 2-7-2014 della Cassazione, Estensore Claudia Squassoni, avverso la sentenza della C. A. di Trento n. 263/2010, del 26/04/2013
MOTIVI DELLA DECISIONE

  1. Con sentenza 25 novembre 2009, il Tribunale di Rovereto ha ritenuto ***  responsabile del reato di violenza sessuale continuata nei confronti della nipote Xxx, minore degli anni dieci, e l’ha condannato alla pena di giustizia ed alla rifusione dei danni alla parte civile ; con la stessa sentenza, i Giudici hanno assolto ( con la formula perché il fatto non sussiste) l’imputato da analogo delitto ai danni del nipote Xx ed Yyy, nonna materna dei minori, dalla accusa di complicità nei reati addebitati al ***.

La sentenza contiene una analitica parte descrittiva , alla quale si rimanda, circa la genesi della notizia di reato ed il modularsi delle accuse formulate da Xxx che descriveva nel tempo episodi di abuso sempre più gravi .Per la parte valutativa del narrato della minore, i Giudici, hanno selezionato i racconti ritenuti veri - quelli esposti nella immediatezza della emersione dei fatti- dai successivi considerati il frutto della volontà della bambina di corrispondere alle aspettative degli interlocutori ; per quello che riguarda Xx, il Tribunale ha rilevato che le accuse erano il risultato del clima suggestivo instaurato in famiglia e delle domande inducenti della madre.
In esito allo appello del Pubblico Ministero e del Difensore, la Corte territoriale ha confermato la decisione del Tribunale con la sentenza in epigrafe precisata.
A sostegno della conclusione, i Giudici hanno sottolineato quanto segue. Nessuna manipolazione è ravvisabile nelle iniziali dichiarazioni di Xxx (induzioni e suggestioni parentali sono riscontrabili in epoca successiva) ; il nucleo essenziale del narrato è credibile anche perché contente una precisa descrizione dei fatti e delle proprie percezioni sensoriali che non possono essere oggetto di contaminazioni esterne; la presenza di fantasticherie e la descrizione di episodi bizzarri è la conseguenza della naturale enfatizzazione del vissuto da parte dei bambini.
In merito alla capacità a testimoniare della minore, i Giudici hanno ritenuto utilizzabile la consulenza del Pubblico Ministero, effettuata a sensi dell'art. 359 cod.proc.pen., per la non irreperibilità deH’atto e per la circostanza che l’esperto della accusa è stato escusso in contraddittorio con quello della difesa il quale ha avuto modo di interloquire sulla metodologia e le conclusioni del collega.
Infine, la Corte ha disatteso la prospettazione circa la irritualità della costituzione della parte civile.

  1. Per l’annullamento della sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge con articolate censure che possono essere sinterizzate come segue:

= illogicità della argomentazione con la quale la Corte ha ritenuto la bambina attendibile solo per alcune dichiarazioni ed inattendibile per altre propalazioni accusatorie (con particolare riguardo ai reati ai danni del fratellino ed alla complicità della nonna negli abusi ) ;
= mancata considerazione degli interventi induttivi dei genitori, sul narrato della bambina, a causa del loro pregiudizio nei confronti della sessualità dello imputato ( reputato un pedofilo);
= sottovalutazione della assoluta impossibilità a verificarsi di certi episodi e della inverosimiglianza di molti altri che dimostra come la bambina era in grado di raccontare fatti di abuso mai avvenuti;
= implausibilità della circostanza che nessuno degli adulti di riferimento si sia accorto delle violenze perpetrate per anni (stupri sia vaginali sia anali) che necessariamente avrebbero dovuto comportare esiti fisici ;
= impossibilità che i reati si siano verificati in una piccola casa alla presenza dei genitori;
= omessa assunzione di una prova decisiva ( sopralluogo della abitazione su ricordata);
= inutilizzabilità della consulenza psicologica effettuata a sensi dell'art.359 cod.proc.pen.;
Le deduzioni sono meritevoli di accoglimento, nel limite in prosieguo precisato, per cui la sentenza deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Trento

  1. Si ritiene iniziare l’esame del ricorso con il motivo inerente alla inutilizzabilità della consulenza non garantita perché la indagine sulla idoneità a testimoniare della bambina deve essere antecedente alla valutazione sulla affidabilità del suo narrato.

Questa Corte ha reiteratamente focalizzato la necessità di sottoporre la vittima minorenne di reati sessuali (specie ai danni di bambini piccoli dell’età di Xxx) ad una indagine psicologica, per accertare la sua idoneità a testimoniare, da effettuarsi il più presto possibile in relazione alla emersione dei fatti ; il problema si pone allo inizio delle indagini e lo affronta per primo il Pubblico Ministero.
Sul tema, la Corte segnala come sarebbe opportuno, anche se non normativamente imposto, che l’organo nella accusa , quando non sussistono particolari esigenze di segretezza delle indagini, disponesse l’accertamento a sensi dell’art.360 cod.proc.pen. o con incidente probatorio per consolidare tempestivamente la prova ; ciò sia perché il bambino in età evolutiva modifica rapidamente le strutture mobili della sua personalità in evoluzione sia per evitargli una duplice analisi (una prima senza le forme garantite ed una seconda in contraddittorio).
Nel caso in esame, il Pubblico Ministero - attivando una sua discrezionale e non censurabile opzione - ha disposto l’indagine personologica con le forme dell’art.359 cod.proc.pen. implicitamente valutando in modo positivo la possibilità di una eventuale ripetizione dello accertamento in contraddittorio. E’ indiscusso che una tale indagine possa essere utilizzata nel rito abbreviato ed al dibattimento su accordo delle parti o per sopravvenuta impossibilità di reiterazione dell’atto ( evenienze- queste- non di attualità).
In tale contesto, i Giudici di merito al fine di reperire elementi per motivare sulla idoneità della bambina a testimoniare avrebbero potuto, attivando i loro residuali poteri in tema di prove, disporre di ufficio una perizia o recuperare - sussistendo i necessari presupposti dalla legge richiesti- la pregressa indagine non garantita con il meccanismo deH’art.512 cod.proc.pen.
I Giudici avrebbero potuto ritenere di essere già in possesso di evidenze concrete, estraibili dal compendio probatorio ,per concludere, senza necessità di un apporto scientifico, sulla capacità della piccola a comprendere i fatti, a memorizzarli ed esporli in modo utile; naturalmente una tale conclusione avrebbe dovuto essere supportata da un logico e congruo apparato argomentativo difficilmente motivabile senza l’aiuto di esperti.
Nulla di tutto ciò è stato effettuato e la Corte ha reputato di potere utilizzare l’elaborato del Pubblico Ministero per la circostanza che il consulente della accusa e quello della difesa sono stati sentiti in dibattimento nel pieno contraddittorio sì che hanno avuto modo di confrontarsi e di chiarire le loro metodologie e le loro opinioni.
La conclusione non è condivisibile.
E’ vero che i consulenti delle parti, se escussi in dibattimento in contraddittorio, possono formulare ipotesi ricostruttive o apportare conoscenze generali del loro sapere scientifico pertinenti ai fini della decisione.
Tale conclusione non si estende fino a ritenere utilizzabili indagini tecniche effettuate senza il controllo e la partecipazione dei consulenti della difesa (che, nel caso, non avevano condiviso le conclusioni dello esperto della accusa evidenziandone le criticità) e non giustifica la elevazione a prova nel rito ordinario di un elaborato che ha utilizzabilità solo endoprocessuale e per le determinazioni del Pubblico Ministero all’esito delle indagini oppure nei casi su precisati ( Cass.Sez. 3 sentenze 37490/ 2011,3258/2013,17339/2013).
Ritenere diversamente, significa svuotare di significato la distinzione, chiaramente voluta dal Legislatore, tra il valore probatorio degli atti posti in essere con le formalità dell’art.359 cod.proc.pen. e quelli garantiti e sottovalutare la rilevanza del metodo del contraddittorio per la formazione della prova.

  1. Prima di analizzare le censure allo apparato motivazionale della sentenza, è opportuno puntualizzare alcune riflessioni di carattere generale che sono una chiave di lettura utile per la risoluzione del caso.

Il vaglio della attendibilità dei testimoni bambini non diverge sostanzialmente da quello degli adulti, ma presenta ulteriori e peculiari problemi, a causa della loro naturale vulnerabilità e suggestionabilità attivata dalle improprie modalità di escussione e gestione.
Si deve partire dal presupposto che i bambini, come tutti i testimoni, possono essere sinceri, quando raccontano quello che soggettivamente ritengono vero ; contusi quando sono incerti su quanto hanno percepito o ricordano ; falsi quando raccontano cose che essi stessi non ritengono corrispondente al vero.
Deve, dunque, considerarsi del tutto infondata la convinzione, pur diffusa, che i piccoli testimoni non mentono mai che è squalificata dalla comune esperienza per cui i bambini, fino dalla tenera età, ricorrono alla menzogna seppure con modalità, competenze ed intenti differenti dagli adulti. Studi scientifici in materia hanno confermato che la bugia è un fenomeno psicologico normale, connesso con la maturazione, e che fino dai quattro anni di età la maggiore parte dei bambini è in grado di mentire consapevolmente e distinguere la falsità dal mero errore.
Complessa è la identificazione della menzogna sia per l’adulto sia per il bambino in relazione al quale , se il narrato è plausibile, nessun indicatore consente di denotare chiaramente che stia mentendo.
Un aspetto singolare del tipo di processi analogo a quello che ci occupa è che il bambino amplifica nel tempo il suo narrato e descrive condotte abusanti assai bizzarre (che non mancano nei racconti di Xxx) di cui si fatica a cogliere la portata erotica pur ipotizzando scenari di grave depravazioni ; non di rado i minori riferiscono di abusi compiuti con aghi, siringhe ed altri oggetti pungenti (nel nostro caso con forchettoni, pipette, matite), lamentano di essere stati costretti ( come riferisce anche Xxx) a mangiare escrementi.
Oltre a questi macabri scenari, la minore evocava il tentativo da parte dell’imputato di cuocere il fratello in un pentolone e di gettarla in un dirupo.
Molto spesso queste implausibili narrazioni hanno come matrice una inconsapevole costruzione di false accuse di abuso sessuale il cui risultato finale è il prodotto delle paure dei genitori e di quelle arcaiche e fantasmatiche del minore (esplicitate proprio dalle domande e dai timori degli adulti). Si tratta della costruzione collettiva del racconto/ ricordo per cui le aspettative dei genitori, unitamente alle modalità suggestive che impiegano nello interrogare il bambino, incontrano le credenze ed i timori di questo ultimo.
Avviene spesso che i genitori, quando sono assaliti dal panico poiché temono che il loro bambino sia vittima di abusi sessuali, arrivino a credere che siano successe cose che i loro occhi ed il loro raziocinio smentiscono considerando come vero se non l’impossibile quanto meno il poco probabile e rivalutando episodi neutri in chiave sessuale. Un tale meccanismo di costruzione dei ricorsi deve essere tenuto presente nello affrontare processi analoghi al nostro.
Non raramente, infine, i Giudici tendono - operando un errore cognitivo, noto in letteratura come visione a tunnel - ad abbassare il livello della difficoltà di valutare il magmatico Compendio probatorio riducendolo nell’alveo di una unica ipotesi ; partendo dalla premessa che un evento sia successo, trattano gli elementi che la mettono in discussione come se fossero inconsistenti o meri “rompicapo”e non come controfatti idonei a confutare e falsificare la ipotesi.

  1. Venendo ad analizzare le censure del ricorrente, la Corte riscontra la dedotta illogicità interna - rilevante , manifesta e risultante dal testo del provvedimento impugnato - nella valutazione della attendibilità della giovane dichiarante ; in particolare non è corretto il metodo con il quale, dal coacervo delle dichiarazioni della piccola, la Corte ha selezionato i fatti veri da quelli reputati non tali.

La illogicità è stata anche segnalata dal Pubblico Ministero appellante sia pure sotto una angolatura diversa da quella difensiva.
In sostanza, i Giudici hanno operato una valutazione frazionata della attendibilità della bambina che è fattibile solo se coniugata ad una congrua motivazione (carente nella sentenza oggetto di ricorso) sulla inesistenza di una interferenza logica o fattuale tra gli aspetti del narrato reputati veridici e quelli ritenuti non attendibili ( Cass. Sez.3 sentenza 3256/2013).
Deve precisarsi come la notizia di reato nasca in esito ad un incubo notturno di Xxx che lamentava di avere subito una ferita nelle parti intime ; interrogata su chi fosse artefice del fatto, la bambina incolpava prima i compagni, poi, la maestra, i vicini ad alla fine l’attuale imputato.
Xxx nei giorni seguenti incrementava il racconto con episodi di violenza sessuale sempre più sadici ed invasivi coinvolgendo come vittima anche il fratello e come carnefice anche la nonna ( questi ultimi reati sono stati ritenuti insussistenti dai Giudici di merito e l’imputato assolto con formula piena) . La bambina narrava di condotte abusanti insolite e riferiva di episodi non plausibili per i quali non poteva avere attinto a fatti reali o al suo patrimonio conoscitivo. Secondo gli stessi Giudici di merito, la piccola era in grado di mentire, raccontare episodi di violenza sessuale mai avvenuti o evocare ricordi spuri come dimostra la assoluzione per i reati (descritti come personalmente percepiti con abbondanza di circostanziati particolari comprese le sensazioni provate) ai danni del fratello o commessi dalla nonna.
In tale contesto, Corte ha sottovalutato il problema inerente alle modalità con le quali Xxx ha incrementato l'originaria narrazione ed ha liquidato le incredibili costruzioni affabulatorie come neutre rispetto alla globale attendibilità della dichiarante perché naturalmente connesse (ma tali non sono) alla usuale fantasia ed enfatizzazione dei ricordi insita nei minori.
I Giudici di merito hanno dato atto che il loro discrimine per selezionare le accuse provate e quelle inattendibili fosse l’elemento temporale. Tuttavia non hanno seguito il criterio cronologico : le prime dichiarazioni di Xxx riguardavano altri accusati e quelle immediatamente successive coinvolgevano la nonna ed il fratellino.
In realtà, i Giudici hanno reputato affidabile solo nucleo narrativo su episodi che in astratto avrebbero potuto essersi verificati e non hanno in modo soddisfacente esplicitato la ragione per la quale anche l’accusa relativa a questi fatti non fosse contaminata o messa in seria discussione dalle accertate menzogne e dalla sfrenata, ma sottovalutata, fantasia della bambina.
Pertanto i nuovi Giudici dovranno verificare se il grado di inattendibilità su alcune circostanza infici le altre parti del narrato della minore.
Inoltre, la confutazione della censura difensiva sulla influenza , sia pure involontaria, dei genitori nella emersione dei ricordi di Xxx presenta una contraddizione interna.
La tesi in astratto ha una sua plausibilità, come già rilevato, e meritava una attenta analisi e, se del caso, una puntuale confutazione.
Di fronte alla prospettazione difensiva, i Giudici non hanno escluso interventi intrusivi e manipolatori soprattutto della madre ( e la declaratoria di assoluzione è giustificata per questa causa), ma hanno ritenuto che tali interventi non fossero estendibili ai primi narrati ritenuti veritieri ed immuni da suggestioni esterne.
Si presenta non coerente la conclusione dei Giudici secondo i quali i genitori- che hanno creato un clima suggestivo in famiglia che ha inquinato i racconti dei figli- siano stati, nel momento più drammatico delle prime rivelazioni ,capaci di controllarsi e condurre gli interrogatori seguendo, come da manuale, i metodi migliori per ottenere informazioni genuine.
Difetta, pure, di congruo apparato argomentivo la confutazione delle censure difensive inerenti alla impossibilità che i fatti si siano svolti così come esposti (in una piccola casa alla presenza di parenti che nulla hanno percepito).
Uguale conclusione per la deduzione concernente la implausibilità che i genitori della piccola persone competenti ed attente (il padre psichiatra e la madre infermiera) non si fossero accorti degli eventi traumatici che per anni coinvolgevano la figlia o degli esiti fìsici della violenza che necessariamente avrebbero dovuto residuare (in presenza di atti sessuali completi con introduzione di oggetti in vagina e nell’ano fino a produrre una copiosa emorragia). Non si può credere che episodi fisicamente e psicologicamente traumatici si siano verificati e ritenere ininfluente la mancanza di loro riscontri.
In sostanza, il difetto di base della motivazionale della sentenza si incentra nella circostanza che i Giudici - cercando di distinguere il nucleo centrale del racconto (credibile) e quello periferico (incredibile) - si sono distaccati dal modello legale della motivazione in fatto e della redazione della sentenza secondo uno schema dialettico (art. 549 c. 1 sub e cod.proc.pen.) .Pur elencando in modo non selettivo tutte le prove nella parte espositiva, in quella valutativa , hanno sottovalutato i fatti che potevano inficiare il teorema accusatorio e le evidenze ad esso incompatibili con sostanziale metodo verifìcazionista di una unica tesi.

PQM
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Trento.
Così deciso in Roma il 2 luglio 2014

Nota: La corte di appello ha poi chiuso definitivamente il caso con l'assoluzione dell'imputato.

 

 

 


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